Aumento canone Rai: opposizione, ‘balzello ingiusto per scandaloso disservizio’, ma per la maggioranza ‘cresce l’impegno per servizio pubblico’

di Raffaella Natale |

Italia


Paolo Gentiloni

Il canone Rai è aumentato di 2 euro e passerà dagli attuali 104 a 106 euro. Lo ha deciso ufficialmente il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che ha firmato ieri il decreto che allinea l’imposta al tasso di inflazione che il governo e l’Istat stimano per il 2008 intorno al 2%, come previsto dall’art. 47 del Testo Unico sulla televisione.

La norma – come riferisce il ministero – stabilisce che ogni anno il Ministro delle Comunicazioni, con proprio decreto determini l’ammontare del canone di abbonamento in vigore dal primo gennaio dell’anno successivo, in misura da consentire alla concessionaria della fornitura del servizio di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno, per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo affidati alla società, prendendo anche in considerazione il tasso di inflazione.

 

Già da tempo si sapeva dell’aumento, come del resto aveva anticipato lo stesso Ministro intervenendo il 29 ottobre scorso all’assemblea dei Cdr Rai, quando aveva detto: “Non esistono le condizioni politiche per aumentare il canone oltre l’adeguamento all’inflazione, per questo il governo deve finanziare le partite straordinarie con interventi come quelli sul digitale terrestre previsti in Finanziaria”.

 

L’aumento del canone in base all’inflazione porterà circa 32 milioni in più nelle casse Rai.

Pochi per risollevare le sorti del bilancio 2008 del servizio pubblico che a oggi, senza interventi strutturali, prevede un ammanco di 188 milioni di euro. 

 

L’unica strada per la Tv pubblica resta, dunque, la riduzione drastica dell’evasione (circa il 25%). Ogni anno oltre sei milioni di famiglie non pagano il canone (la terza tassa più odiata dagli italiani) drenando dalle casse di Viale Mazzini intorno ai 500 milioni.

Da due anni, in particolare, circola l’ipotesi, caldeggiata dal consigliere Rai Angelo Maria Petroni e adottata con successo in Grecia, di farlo pagare nella bolletta elettrica.

Ipotesi sostenuta dal presidente Claudio Petruccioli e sulla quale ha dato il suo parere anche il Ministro: “In linea di principio non sono contrario – ha spiegato Gentiloni – ma la proposta del canone in bolletta presenta problemi tecnici legati all’impatto generale della pressione fiscale che aumenta anche con meccanismi di recupero dell’evasione”.

Un Gentiloni che ha fatto capire che il governo rifletterà con calma sull’argomento, ma che è sembrato escludere una norma ad hoc già nella Finanziaria: “Bisogna andare cauti nell’affrontare con troppa fretta una questione che potrebbe anche porre problemi con l’Unione europea”.

 

La firma del decreto non ha trovato, come prevedibile, tutti d’accordo. Forte la reazione di Davide Caparini, capogruppo della Lega in Commissione Trasporti e Comunicazioni alla Camera che ha lamentato: “…Il canone Rai non va pagato: in un moderno stato liberal-democratico l’obiezione ad imposte inique è un diritto, ancor più quando, come nel caso del canone Rai, è la legge stessa a prevederlo”.

Caparini ha sottolineato che “…L’aumento del canone Rai è l’ennesima conferma che le sinistre al governo significano più tasse per tutti. Il canone – ha detto ancora il capogruppo leghista – è un balzello ingiusto, perché colpisce indiscriminatamente e non in base al reddito, oltre che inutile, perché dovrebbe mantenere quello che chiamano servizio pubblico, ma che in realtà è uno scandaloso disservizio”.

 

Non ha condiviso la misura adottata neanche Paolo Romani, vicepresidente del Gruppo di Forza Italia alla Camera e componente della Commissione di Vigilanza Rai.

Per Romani , “…Il governo delle tasse non si smentisce mai. L’aumento del canone Rai deciso dal Ministro delle Comunicazioni ricalca fedelmente la politica scelta da questa sgangherata maggioranza che non perde occasione per tartassare gli italiani“.

La scelta di Gentiloni viene definita “…inopportuna perchè – ha spiegato – si traduce in una nuova imposta che adesso, insieme alle altre mille, graverà sulle tasche dei cittadini italiani”.

 

Parere contrario anche da parte dell’Aiart (Associazione Italiana Ascoltatori Radio Telespettatori), che ha evidenziato: “…Un incremento modesto, ma la scarsa qualità dei programmi non merita nemmeno questo“. L’Aiart ha aggiunto che “…di fronte al degrado dei programmi, di fronte ai conti dissestati, la dirigenza dell’emittenza pubblica doveva avere il buon gusto di non chiedere l’adeguamento del canone”.

 

Non è tardata la risposta alle proteste. Giorgio Merlo, esponente del Partito Democratico e vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai, ha ribattuto che “…L’aumento del canone di 2 euro non appartiene alla polemica politica e non può essere grossolanamente strumentalizzato”.

Merlo ha precisato che “…si sta semplicemente allineando il canone al tasso di inflazione, come previsto dall’art. 47 del testo unico sulla televisione. Semmai  aumenta l’impegno della Rai per essere sempre di più servizio pubblico e sempre meno rincorsa al modello della Tv commerciale”.

 

Il vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai ha poi ribadito il ruolo del servizio pubblico che “…resta un vero baluardo di pluralismo, democrazia ed imparzialità”.

Merlo si è soffermato anche sulla riforma della Tv pubblica, asserendo che “…non si può più prorogare, in particolare la profonda revisione dei criteri di nomina dei suoi vertici. La Gentiloni – ha concluso – deve registrare una grande unità del centro sinistra con la disponibilità a ricercare una forte convergenza con i settori più responsabili e meno oltranzisti dell’opposizione per porre fine alla pessima legge Gasparri”.

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