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Il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva, avanzata dal Ministero dell’Economia e dal Governo, della sentenza del Tar del Lazio che ha stabilito l’illegittimità della revoca del consigliere Rai, Angelo Maria Petroni, decidendone il reintegro in Cda.
Petroni era stato nominato consigliere nel 2005 dall’allora ministro Domenico Siniscalco come suo rappresentante in Cda e rimasto al suo posto nonostante il cambio di governo fino al 10 settembre di quest’anno, quando gli é stato revocato il mandato ed è stato sostituito con Fabiano Fabiani.
L’11 maggio scorso, Padoa-Schioppa ha comunicato al premier Romano Prodi l’interruzione del rapporto di fiducia con Petroni, chiedendo la convocazione dell’assemblea per la revoca. Alcuni giorni dopo in Vigilanza, il Ministro ha spiegato i motivi della decisione, sottolineando: “…Se la Rai fosse stata assoggettata al semplice regime civilistico, avrei assunto la decisione della revoca nei confronti dell’intero consiglio”.
Il 7 giugno, però, la terza sezione ter del Tar del Lazio, alla quale Petroni aveva presentato ricorso, ha sospeso le procedure di revoca del consigliere.
Ma l’Avvocatura dello Stato ha notificato alle parti di aver impugnato di fronte al Consiglio di Stato la decisione del Tar. La richiesta era stata avanzata dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero dell’Economia.
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dando di fatto il via libera alla convocazione dell’assemblea. Ma dopo una serie di Cda andati a vuoto per mancanza del numero legale e una serie di audizioni in Vigilanza, dove la Cdl fa l’ultimo tentativo di bloccare la revoca di Petroni ma senza esito, si arriva al 10 settembre quando l’assemblea dei soci ha revocato il mandato di consigliere a Petroni e nominato al suo posto Fabiani su proposta del ministero dell’Economia.
Il Cda non è più stato convocato dopo la sentenza del Tar bloccando l’esame del piano editoriale, ma anche la firma di semplici contratti per avviare i programmi, visto il limite di spesa assolutamente esiguo, 2,5 milioni di euro, previsto per il direttore generale senza autorizzazione del Cda.
La Vigilanza ha deciso all’unanimità di elevare davanti alla Corte Costituzionale il conflitto di attribuzioni nei confronti del Ministro dell’Economia in merito ai poteri di revoca del Cda di Viale Mazzini.
Il 16 novembre il Tar ha accolto il ricorso di Petroni e di fatto lo ha reintegrato nel cda. Lo stesso giorno l’azionista ha annunciato il ricorso al Consiglio di Stato, con richiesta di sospensiva d’urgenza della sentenza del tribunale amministrativo.
Intanto oggi riparte, in commissione Lavori pubblici al Senato, l’iter del Ddl di riforma della Tv pubblica che, nelle intenzioni del Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, mira a sganciare l’azienda dai partiti e a farle avere maggiore capacità decisionale.
Su questo provvedimento pesano, però, ben 1.415 emendamenti, 1.280 dei quali presentati da Forza Italia, a cui però nelle settimane scorse si è aggiunta anche la firma di An.
Anche se la decisione del partito di Gianfranco Fini è precedente a quanto poi avvenuto nei giorni seguenti che ha visto uno “strappo” politico tra il leader di An e quello di Forza Italia.
Si potrebbero infatti registrare cambiamenti di posizione sulla riforma Rai e più generale sul fronte dell’opposizione.
Il programma di lavoro è serrato e la presidente, Anna Donati, ha deciso di utilizzare tutte le sedute disponibili da qui a fine anno per esaminare il provvedimento, comprese sedute notturne.
Gentiloni ha auspicato “…un’attenzione bipartisan” alla riforma della Rai, che ha bisogno di “un passo indietro della politica e una maggiore capacità decisionale“.
“…Faremmo un errore imperdonabile a rinnovare il Cda con i criteri che sono alla base dell’attuale situazione di crisi”, ha sottolineato il Ministro, spiegando che “…il Governo farà di tutto per impedire che si arrivi a un rinnovo con i criteri attuali”.