Unione Europea
Continuano le negoziazioni sul futuro del sistema di radionavigazione satellitare europeo Galileo.
I ministri delle Finanze della Ue, nel corso dell’ultimo Consiglio d’Europa, hanno riesaminato le possibilità di finanziamento del sistema, il cui sviluppo viaggia in netto ritardo rispetto alla tabella di marcia, mentre la britannica Transport Select Committee ha espressamente richiesto l’intervento del governo per bloccare lo sviluppo del sistema, fino a quando non verrà realizzata un’analisi costi-benefici più approfondita.
Il sistema Galileo avrebbe dovuto essere operativo dal 2010, con una precisione del segnale misurata in centimetri, non in metri come per l’americano GPS.
Ma mentre in Europa si litiga, gli Usa sono a lavoro all’aggiornamento del proprio sistema satellitare – GPS III – che dovrebbe essere operativo nel 2013 con tecnologie all’avanguardia.
Se quindi – come si suppone – Galileo funzionerà solo dal 2013 (se tutto va bene), il preventivato sorpasso dell’Europa in questo settore sempre più importante andrà a farsi benedire.
Gli Stati membri, da canto loro, si dichiarano sempre disponibili a sostenere il progetto, ma bisogna ancora decidere da dove tirare fuori i 2,4 miliardi di euro supplementari dopo il ritiro del consorzio privato formato Finmeccanica, EADS, Thales, Alcatel, Aena, Hispasat, Inmarsat e Teleop.
Mentre la sola Germania insiste sul fatto che dovrebbero essere gli Stati membri a sborsare i 2,4 miliardi per il finanziamento della fase di sviluppo di Galileo – per poi evidentemente distribuire di conseguenza il peso politico nella gestione del sistema – l’orientamento della Commissione consiste nel finanziamento pubblico per la costruzione delle infrastrutture, che dovranno essere completate nel 2012, per poi passare a una partnership pubblico-privato per lo sfruttamento commerciale del sistema.
Una simile prospettiva è sostenuta anche dalla maggior parte degli Stati membri e dal Parlamento europeo, dal momento che questo approccio eviterebbe la situazione di squilibrio tra i diversi Paesi che si creerebbe se uno Stato contribuisse più di un altro, rendendo il sistema vulnerabile al principio del ‘juste retour’ (un ritorno proporzionale degli investimenti).
Questa opzione però implica la riapertura del budget 2007-2013, per predisporre la destinazione di maggiori fondi a Galileo oltre al miliardo di euro già preventivato.
La revisione delle prospettive finanziarie è tuttavia molto improbabile: questo vuol dire che i soldi dovranno essere trovati attraverso una ridefinizione delle priorità delle spese relative all’Obiettivo 1 (competitività per la crescita e lo sviluppo). La Commissione ha anche proposto di riconsiderare gli Obiettivi 2 (agricoltura) e 5 (amministrazione), ma non tutti i delegati si sono detti d’accordo.
La questione sarà al centro delle discussioni col Parlamento europeo sul budget 2008.
La Commissione trasporti del governo britannico, intanto, ha attaccato il progetto Galileo, che rischia di trasformarsi – secondo il presidente Gwyneth Dunwoody – in un “elefante bianco da 10 miliardi di euro”.
“I contribuenti britannici ed europei – ha dichiarato Dunwoody – hanno bisogno di strade e ferrovie, non di megaprogetti spaziali che forniscono servizi già disponibili grazie al GPS e altri sistemi”, come il russo Glonass e il cinese Compass/Beidou.
Questi sistemi, ha comunque ricordato la Commissione, sono stati realizzati con fondi pubblici per scopi civili e militari o solo militari, e se l’Europa non andasse avanti con Galileo sarebbe l’unica grande economia a non disporre di tecnologie proprie.
L’Europa inoltre, ha già impegnato 2,5 miliardi di euro per lo sviluppo dei sistemi satellitari e se Galileo venisse affossato prima di decollare verrebbe quindi a ricrearsi – anzi ad aumentare sensibilmente – la dipendenza dal GPS e, potenzialmente, dagli altri sistemi.
La Dunwoody però, è stata categorica: “Il governo – ha detto – deve fermare questa follia e far tornare la commissione in sé. Dobbiamo avere un’analisi indipendente ed aggiornata circa i benefici che Galileo apporterà ai contribuenti”.
L’opposizione della Gran Bretagna è stata criticata dal quotidiano finanziario londinese Financial Times, secondo cui il progetto deve andare avanti, anche se a precise condizioni.
“Galileo è un valido indicatore tecnologico. Se ce l’hai sarai un player che potrà sfruttare una delle più dirompenti tecnologie degli ultimi 50 anni, se non ce l’hai sarai in una posizione di netto svantaggio per godere dei benefici del posizionamento satellitare”, si legge nell’articolo “Perché il progetto Galileo deve andare avanti”, scritto da Pierre Bartholomé – ex numero uno della divisione Comunicazioni Satellitari dell’ESA (European Space Agency) – e Kevin Madders della società di consulenza Systemics Network International.
“Il modo migliore per fare il salto dell’innovazione, è realizzare il sistema e farlo funzionare…non dobbiamo pensare – si legge ancora – che Galileo dovrà essere per forza migliore di GPS III. Dovrà essere equivalente, così che l’Europa possa partecipare al gioco, perché se si sta fuori ora sarà poi molto più difficile rientrare dato che la tecnologia si evolve continuamente”.
Non si può fare troppo affidamento sulle analisi costi-benefici per infrastrutture di questo tipo, insiste ancora FT, dal momento che “…queste analisi tendono a essere troppo vaghe perché i dati essenziali non sono disponibili”.
“…Ed è per questa ragione – continua l’articolo – che la Gran Bretagna negli anni 70 non riuscì a intravedere il valore delle comunicazioni satellitari, che si sono invece rivelate un potente mercato per le applicazioni televisive e internet”.
Per affrontare il futuro di Galileo in maniera adeguata, dunque, la Commissione dovrò assumere chiare responsabilità a livello di proprietà e gestione manageriale del sistema e “…dovrà equipaggiarsi per esercitare effettivamente il ruolo di supremo”.
L’esecutivo dovrà agire in maniera pragmatica sia nella suddivisione dei ruoli tra gli Stati membri, sia nella realizzazione di un budget sostenibile poiché “non si può davvero pensare che gli introiti commerciali copriranno tutti i costi operativi”.
Allo stesso modo, gli Stati membri dovranno evitare nuove interferenze che creino ulteriori ritardi nello sviluppo del sistema.
Solo se crescerà su queste premesse “…il sistema si trasformerà in un asset di valore per i cittadini e la sicurezza dell’Europa”, concludono Bartholomé e Madders.