Italia
Sottotraccia, silenziosamente, il passaggio alla Tv digitale italiana prende forma. Una forma decisa “privatamente”, nelle neanche tanto segrete stanze degli interessi commerciali, che debbono andare avanti nonostante tutto e non possono aspettare una politica sonnacchiosa o distratta o…
Mentre il digital divide parlamentare produce l’ennesimo stop al tentativo di regolamentare la transizione al digitale, riuscendo ad ottenere l’unico scopo di vedere uniti, nella protesta, aziende broadcaster e consumatori ormai esasperati da tanta ignavia, sono ben tre le novità che imprimono una rotta che obbligherà il legislatore a dover inseguire l’esistente.
La prima novità riguarda il satellite: Sky Italia si sostituisce al Palazzo e diventa “La Soluzione” alla visione in chiaro via satellite delle reti generaliste nazionali. Nell’indifferenza generale, anche Mediaset, come Rai e Telecom Italia, ha iniziato ad adottare la codifica (proprietaria) di Sky chiamata Nds. Siamo ancora in una fase di test, non c’è nulla di ufficiale, ma dal 20 ottobre i decoder Sky consentono la visione dei programmi Mediaset prima criptati.
Il risultato?
A meno di improbabili ripensamenti di Mediaset, la neutralità tecnologica oggi esiste, un evento epocale.
Finalmente tutte le zone che non sono (o sono mal) raggiunte dal segnale terrestre, sia digitale che analogico, potranno vedere trasmissioni sino ad oggi semplicemente negate.
Epocale, ma “business oriented“: per poter superare il digital divide strutturale, bisognerà obbligatoriamente pagare a Sky 180 euro l’anno. Il consumatore che voglia accedere ai canali generalisti via satellite senza pagare Sky, deve attendere.
La Rai, come da contratto, si è data tempo sino ad Aprile per decidere come risolvere il problema del digital divide satellitare.
Poi si passerà al piano operativo, poi… Nel frattempo, ai 150 euro del canone si dovranno aggiungere i 180 di Sky. Una neutralità tecnologica solo per chi se la può permettere.
Una domanda sorge spontanea: Se si è trovata una soluzione “business” per la realizzazione della neutralità tecnologica (satellite, cavo, terrestre), come mai l’area di intervento “coordinamento delle piattaforme” di Italia digitale, comitato voluto dal ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, coordinata peraltro da un rappresentante di Sky e partecipata tra gli altri da rappresentanti di Mediaset, TI Media e Rai, ancora deve dare una soluzione che garantisca il servizio universale a costi equi per l’utente?
La novità più sconvolgente per la politica, però, arriva sul fronte del digitale terrestre.
Qui siamo ancora a livello di rumor, ma pare proprio che i primi mesi del prossimo anno vedranno la messa in commercio delle mitiche CAM Nagra e Irdeto per la visione dei canali a pagamento Mediaset Premium, La7 Carta + e ContoTV.
Le Cam sono dei “wafer” che vanno inseriti negli appositi slot con cui sono predisposti i nuovi Televisori ad alta definizione incentivati dal Governo già in vendita nei media store e che renderanno inutili gli attuali decoder.
Perché questa notizia sarebbe sconvolgente?
Siamo alla terza novità: questa soluzione, tarata inevitabilmente sui modelli di business dei broadcaster, potrebbe non prevedere il modulo Mhp.
Il risultato?
Sarebbe la fine dell’interattività sul digitale terrestre. Tutti i progetti realizzati dalla Pubblica Amministrazione semplicemente scomparirebbero; le centinaia di milioni di euro dei contribuenti spesi, finirebbero nel cestino. Una fine peraltro annunciata da molti sin dall’esordio di questa tecnologia.
La parola ora al Parlamento, sempre ne abbia la volontà. Prendiamo atto ancora una volta che l’evoluzione tecnologica del Paese non è in mano alla Politica ma alle aziende. Chi ci rimette, al solito, è il cittadino che godrà dei vantaggi della rivoluzione al digitale solo come riflesso dei modelli di business delle aziende interessate.