Italia
L’intervento che segue affronta il tema della qualità del cinema e dei criteri di valutazione del progetto filmico. Vogliamo tralasciare l’annoso confronto fra cinema cosiddetto commerciale, che in Italia si identifica con la produzione dedicata ad una stagione particolare (il cinema “di Natale” o “panettone”); quello “di qualità”, cioè film capaci di un certo successo di sala e distribuiti ampiamente sulle altre finestre (tv, Pay TV e home video); e il cinema “d’autore” o “d’arte”, di nicchia. Ci interessa, invece, identificare gli elementi che consentono la più ampia diffusione e la maggiore visibilità possibile del prodotto film.
Questo approccio ci appare supportato dalle parole di Mary P Wood, che definisce il cinema “di qualità” come un settore particolare dell’industria cinematografica europea: un genere estraneo alla produzione artistica, ma che rappresenta una chiave competitiva per contrastare l’imperialismo americano. Il cinema di qualità sarebbe assimilabile al cinema d’arte per il ruolo attribuito al regista/autore, garanzia di originalità del progetto e di abilità e approfondita conoscenza delle tecniche. Il cinema di qualità appartiene, però, alla sfera dell’industria più che della critica e può contare su budget maggiori e un’ampia distribuzione. Gli aspetti economici e di mercato comportano la necessità che un film sul quale si sia investito molto possa essere esportato a livello internazionale e su differenti canali, per ottenere la maggiore visibilità possibile.
La fama di un autore, insomma, deve incontrare il gusto di pubblici eterogenei oltre a veicolare l’identità di una specifica cultura cinematografica e questo comporta una certa difficoltà nel mantenere un punto di vista critico rispetto al soggetto del film o una “convincing political agenda”: “The international, ‘quality’ cinema is one solution to the problem of maintaining European cultural presence. Its form, however, provides a metaphor for the increasing loss of national specificity in a period of rapid globalization” (Wood).
Una ricerca di Cambridge Econometrics sull’impatto economico e culturale della territorializzazione delle produzioni europee, mette in evidenza come gli stessi addetti ai lavori diano definizioni diverse del termine “culturale”: ora come film che indagano temi controversi, difficili e di attualità; ora come il ritratto di una cultura e di una comunità, o nell’accezione di diversità culturale; ancora “cultura” come “intrattenimento”.
A livello internazionale, abbiamo dunque cercato di individuare delle definizioni di qualità e di “culturale” nei programmi di finanziamento nazionali o regionali. Per necessità di sintesi, sottolineiamo come il Canada rappresenti un esempio particolarmente avanzato di definizione degli obiettivi culturali (“produrre e distribuire opere audiovisive caratteristiche, culturalmente diverse, stimolanti e rilevanti, che forniscano un punto di vista unico e tipicamente canadese rispetto al Canada e al resto del mondo”), nell’individuazione e nella differenziazione dei pubblici di riferimento e nel riconoscimento del valore dei nuovi media come ulteriori opportunità per lo sviluppo di linguaggi, formati e contesti di fruizione e distribuzione del prodotto cinematografico e audiovisivo. Per questo, vengono istituititi diversi fondi destinati alla ricerca, che consentano la sperimentazione e garantiscano la formazione continua degli autori e dei produttori indipendenti.
L’individuazione di categorie di pubblico nella definizione delle azioni di finanziamento rappresenta un aspetto tipico dell’approccio di design e avvicina il cinema al nuovo ruolo dello spettatore-utente, che le tecnologie digitali e i nuovi media hanno introdotto.
Tornando al contesto italiano, come ha osservato Davide Lucchetti (Legge cinema: i cinematografari si stringono attorno al Ministro, per risollevare le sorti della settima arte… ), non viene incentivata per esempio una diversificazione per generi del prodotto cinematografico, che potrebbe invece derivare dalla definizione di pubblici di riferimento, di bisogni e domande (d’intrattenimento e culturali) differenziati, rispondendo a obiettivi comunicativi e culturali che interessino categorie di pubblico definite e, quindi, un effettivo interesse nazionale.
A partire dalla normativa attualmente in vigore e dalla proposta oggetto di discussione, si cerca una definizione di “qualità” e “interesse culturale nazionale”, che consenta di chiarire il ruolo e gli obiettivi della selezione dei film, da parte dello Stato e da parte di tutti gli attori che si trovano a selezionare a loro volta il film da distribuire o fruire. In particolare, da una parte negli stessi criteri automatici e discrezionali del FUS i festival vengono individuati come strumento di valorizzazione e promozione dell’opera cinematografica, dall’altra i dati fanno emergere la correlazione fra la partecipazione ai festival e il successo commerciale di un film. Vengono quindi considerati il numero di premi e partecipazioni ai festival nazionali e internazionali da parte dei film finanziati e, si fa un confronto con il numero di tutti i film italiani selezionati, valutandone la relazione reciproca.
Da un’analisi dei dati dei film finanziati, emerge che i film premiati incassano meglio dei film che escono contando solo su una o più selezioni ai festival; questi ultimi film a loro volta incassano meglio della media dell’insieme di tutti i film finanziati e usciti nel periodo 04-05. I soli film premiati e usciti nel periodo 04-06 (16 su 30), hanno incassato mediamente 1.298.707 euro, a fronte di un finanziamento medio che scende a 1.551.924 euro.
I festival e i premi sembrano dunque fare da traino, alimentando l’affluenza del pubblico alle proiezioni, e lasciano ipotizzare una correlazione tra qualità del prodotto cinematografico – testimoniata dagli esiti ai festival – e quantità, rendimento in senso economico, del prodotto.
La dimensione territoriale e le specificità di un luogo possono diventare leve di sviluppo culturale, oltre che economico. Beni paesaggistici, architettonici, opere d’arte e cultura materiale vengono utilizzati dal cinema, ma anche valorizzati. Inoltre, talenti locali e le produzioni indipendenti attive sul territorio sviluppano modi di produzione e distribuzione, oltre che linguaggi, fortemente in relazione con l’humus nel quale si sviluppano. Ecco che distretti culturali diventano distretti cinematografici e, anche per questo, rappresentano micro-sistemi, all’interno o intorno al più grande sistema-cinema, che il design della comunicazione vuole indagare e per i quali ha interesse ad applicare la cultura del progetto.
La costituzione di network, nazionali e internazionali, dei distretti cinematografici, consente lo sviluppo delle singole aree e la circolazione di film, talenti e culture differenti che si raccontano e attivano pratiche di relazione e produzione (a livello industriale, economico e culturale). Questi, d’altra parte, sono gli obiettivi dell’Unione Europea, la quale nel sostegno del cinema favorisce le coproduzioni e incentiva una rete extranazionale di distribuzione del prodotto europeo.
Citiamo ad esempio Villes de Cinemas, un progetto Interreg III C (2000-2006) che coinvolge proprio Venezia, insieme a Porto (Portogallo), San Sebastian, Santiago de Compostela (Spagna) e Salonicco (Grecia). Scopo del progetto è “la valorizzazione e la promozione della gestione creativa delle risorse patrimoniali, culturali, e urbane delle città partner organizzate in una rete, che mira a incoraggiare lo sviluppo economico attraverso la promozione dell’industria dell’audiovisivo in tutte le sue modalità di espressione (cinema,televisione, documentario, multimedia, fotografia ecc.) e delle attività economico-urbane ad essa associate (turismo, servizi all’impresa ecc.)”.
CRC – Regioni Capitali di Cinema, è invece un accordo siglato nel 2005 dai rappresentanti delle film commission di Roma, Parigi, Berlino e Madrid, che ha l’obiettivo di agevolare gli accordi di coproduzione in questi territori.
A livello locale, dunque, diverse realtà italiane si sono attivate per la costruzione di reti di sviluppo dell’industria e della cultura cinematografica nazionale.
Il 2006 è stato il secondo anno di applicazione concreta del sistema di sostegno finanziario introdotto dalla cosiddetta “legge cinema” del 2004 . All’inizio di quell’anno sono entrate in vigore le modifiche relative alla Commissione per la cinematografia, i cui componenti sono stati designati dal Ministro per i beni e le attività culturali (per due terzi) e dalla Conferenza Stato-Regioni (per un terzo). Il coinvolgimento delle Regioni nel settore cinema rappresenta dunque una prassi recente.
L’articolo 27 della proposta di legge della senatrice Franco identifica le funzioni e i compiti delle Regioni nella promozione, sostegno e valorizzazione delle attività cinematografiche e audiovisive; nonché la valorizzazione e il sostegno delle attività cinematografiche e audiovisiva sul proprio territorio, per la definizione di strategie e obiettivi diretti alla valorizzazione delle opere artistiche esistenti, dei beni culturali e paesaggistici di interesse per le attività cinematografiche e audiovisive. Uno degli strumenti a disposizione delle Regione è l’istituzione e il consolidamento dell’attività delle film commission, per incentivare le iniziative cinematografiche e audiovisive sul territorio, sostenere la formazione, promuovere lo sviluppo e la valorizzazione dei territori, beni materiali e immateriali.
Le azioni centralizzate comincerebbero così a tenere conto del ruolo degli attori locali, delle loro attività (anche se non vengono mai citate a livello centrale le partnership che alcuni enti locali e/o film commission hanno già attivato a livello internazionale) e delle potenzialità di sviluppo dell’industria cinematografica che un’azione sinergica con il territorio potrebbe concretizzare.
Rispetto alle film commission, viene fornito un elenco di quelle attive in Italia e una classificazione, in base agli strumenti e alle azioni, in film commission vera e propria e sportello per il cinema. Nel report finale della ricerca, che è in corso di redazione, verrà fornita una panoramica rispetto alle film commission di altri paesi e ai network internazionali, come l’AFCI – Association of Film Commissioner International.
Consulta il profilo Who is Who di Francesca Piredda