Italia
Tra il cinema e la televisione il rapporto nasce subito con uno svantaggio del cinema rispetto alla Tv. La televisione arriva proprio nel momento in cui il cinema sta riprendendo potentemente quota, dopo l’interruzione della guerra. Nei primi anni Cinquanta il cinema è l’intrattenimento più popolare nel nostro Paese.
Quando arriva la televisione, nel 1954, il cinema inteso come insieme delle sale (allora erano 16mila circa), vende 801 milioni di biglietti.
Nel
I gestori delle sale cinematografiche chiedono lo spostamento del programma perché rilevano una sensibile riduzione delle presenze nelle sale. La Rai sposta la trasmissione al giovedì. Ma non basterà, è solo l’inizio.
La televisione interrompe un percorso e ne inizia un altro. Il cinema entra nelle case e gran parte della popolazione esce dalle sale.
A frequentare le sale, rimangono con regolarità e frequenza i giovani, soprattutto quelli tra i 15 ed i 24 anni. Il resto della popolazione frequenta le sale in modo saltuario e si contenta, nell’intrattenimento quotidiano, del piccolo schermo, che tanto piccolo ormai non è più.
Il parco televisori delle famiglie italiane si rinnova nella misura del 5% annuo, continuamente. Nel 2006 sono stati venduti cinque milioni di televisori; la tecnologia degli apparecchi televisivi (sedici noni, alta definizione, schermi a cristalli liquidi o al plasma, i sistemi audio home theater), consente ormai di vedere e sentire un film senza penalizzarne come un tempo la qualità e la godibilità.
I due mezzi hanno poche cose in comune: sono entrambi mezzi di intrattenimento, nel senso che il pubblico li usa nel tempo libero, entrambi sono strumenti di trasmissione di immagini e partecipano alla formazione dell’immaginario.
Se proviamo a considerarli sullo stesso piano per quanto riguarda la produzione di presenze davanti alle narrazioni del cinema, vediamo immediatamente come la televisione possieda una straordinaria capacità di moltiplicazione della visione.
L’enormità degli 819 milioni di biglietti venduti nel 1955 impallidisce di fronte ai circa tre miliardi e mezzo di presenze generati dalla messa in onda di film dalle reti generaliste nel 2006.
Tra il 2000 ed il 2006 il numero di film theatrical trasmessi dalle reti generaliste italiane è andato diminuendo, pur restando consistente. Si è passati dai 5.308 titoli nel 2000 ai 4.087 nel 2006.
Da rilevare, è la sempre maggiore incidenza dei prodotti statunitensi; la loro quota, da sempre maggioritaria, cresce dal 47,4% al 56,1% mentre la presenza dei film italiani nei palinsesti delle reti generaliste tende ad assottigliarsi; passa dal 39% del 2000 al 31% del 2006.
Sono valori comunque più alti di quelli relativi alla quantità di film italiani presenti nelle sale. Considerando le quote di mercato nel 2006 i film nazionali, secondo Media Salles, hanno conquistato una fetta del 22,9%, anche in questo caso si tratta di un valore inferiore a quello televisivo.
La descrizione in termini di ascolto medio del consumo di fiction da parte del pubblico delle generaliste ci offre uno spunto per ridimensionare un luogo comune, caro sia a chi vuole giustificare le proprie discutibili scelte di programmazione attribuendone la responsabilità ai gusti del pubblico, sia ai difensori della cultura con la C maiuscola, che stigmatizzano la cosiddetta dittatura dell’Auditel ritenendola responsabile del degrado culturale delle televisioni italiane.
In realtà il confronto tra l’offerta delle televisioni generaliste e il consumo da parte del pubblico rivela gerarchie del tutto diverse.
I criteri di scelta e di selezione dei programmi da parte delle televisioni hanno l’obiettivo di produrre, al minor costo possibile, l’audience necessaria e sufficiente alle reti per ottemperare agli impegni contrattuali con gli inserzionisti pubblicitari e a mantenere le posizioni acquisite all’interno del comparto televisivo.
Eppure, se l’ascolto delle serie aumenta nel corso degli anni, l’offerta diminuisce; e mentre l’offerta diminuisce l’ascolto delle miniserie aumenta di oltre il doppio; i film per la Tv raddoppiati nell’offerta diminuiscono invece nel consumo.
La diminuzione del tempo dedicato dalle reti al cinema non corrisponde ad un calo nel consumo, l’ascolto medio rimane stabile, anche se ad un livello piuttosto basso.
La collocazione dei film theatrical in quasi tutte le fasce orarie, comprese quelle di minore ascolto, implica un livellamento verso il basso dell’audience.
Nonostante la necessità delle reti televisive di avere un’ampia disponibilità di titoli, preferibilmente a costi contenuti, i film prodotti con il finanziamento pubblico non trovano molto spazio nei palinsesti.
Nel corso di questa ricerca abbiamo rilevato l’esistenza di 534 film ammessi al finanziamento tra il 1994 ed il 2006.
Abbiamo stabilito, togliendo i titoli in lavorazione e quelli non usciti, che le sette reti televisive nazionali hanno avuto la possibilità di selezionarne 381. Ne hanno però selezionati 141. I criteri di selezione delle commissioni ministeriali che stabiliscono l’assegnazione dei finanziamenti, corrispondono solo in minima parte a quelli dei selezionatori televisivi. Nonostante che gli obblighi di legge favorirebbero la trasmissione di opere italiane.
A confermare il difficile incontro dei film finanziati con i palinsesti televisivi c’è il fatto che la prima visione dei 141 film trasmessi dalle reti generaliste è avvenuta per il 41% dei casi di notte; per il 35% nel day time e solo il 24% ha avuto la prima visione in prima serata. Producendo un ascolto medio che solo la televisione consente: 3,6 milioni di individui in prima serata, due milioni nel day time e oltre trecentomila di notte.
Nelle sale i film finanziati nel loro complesso hanno avuto una presenza media di sessantunomila persone; i 141 selezionati dalla Tv, sono stati visti in sala in media da poco meno di 103mila individui.
Utilizzando le banche dati disponibili abbiamo misurato anche l’emesso dei canali satellitari Sky Italia, per verificare la presenza e la quantità dei film finanziati sui canali a pagamento. Abbiamo rilevato che nel periodo tra il luglio 2003 e il dicembre 2006 sono stati trasmessi 133 dei film finanziati a partire dal 1994.
Alla prima uscita gran parte dei film finanziati è andata in onda in prima serata e solo l’11% è stata trasmessa di notte.
Considerando l’impatto dei film finanziati sulla produttività delle reti generaliste vediamo che la loro emissione risulta penalizzante, anche in prima visione, soprattutto per Rai Uno (meno sei punti di share) e Canale 5 (meno sei punti di share). Tra le reti che hanno mandato in onda un numero significativo di finanziati in prima visione, l’unica che guadagna in termini di ascolto è Rete 4, che presenta una differenza in positivo di tre punti di share.
I dati mostrano, con pochi numeri, uno dei problemi del cinema italiano: la difficoltà di ricorrere alla leva della pubblicità per promuovere i film presso i suoi potenziali pubblici.
I film stranieri, soprattutto nordamericani, usano il marketing e la pubblicità già dall’inizio della lavorazione, con l’obiettivo di far arrivare il prodotto al pubblico e il pubblico al prodotto.
Negli ultimi anni l’atteggiamento nei confronti della promozione dei film è andato lentamente mutando, ma il divario rispetto ai film stranieri è ancora ampio.
In media circa l’80% dei film stranieri proiettati nelle sale italiane investe in pubblicità. Negli ultimi quattro anni il numero di film finanziati che hanno investito in pubblicità è aumentato; il 55% dei titoli che sono stati ammessi al finanziamento nel 2003 hanno investito in pubblicità. Il 2003 è l’ultimo anno per il quale si possono fare conteggi completi, molti dei film ammessi al finanziamento nel 2004 sono ancora in lavorazione.
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