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Solo sei mesi fa, grazie al successo della campagna Green My Apple e della eco-guida di Greenpeace ai prodotti elettronici, Steve Jobs affermava: “La Apple è avanti, o sarà presto avanti, rispetto alla maggior parte dei suoi concorrenti sulle questioni ambientali”. Un mese dopo questo annuncio, la Apple lanciava l’iPhone.
Dopo aver atteso invano una nota ufficiale del colosso di Cupertino sulle caratteristiche “più verdi” del nuovo telefono Apple, Greenpeace ha deciso di passare all’azione: ha acquistato il nuovo iPhone e lo ha fatto analizzare nel Regno Unito.
I risultati delle analisi parlano chiaro. L’iPhone contiene composti pericolosi: BFR e PVC.
Un laboratorio scientifico indipendente ha esaminato 18 componenti interne ed esterne dall’iPhone, confermando la presenza di composti a base di bromo in metà dei campioni, antenna del telefono inclusa, dove la loro concentrazione arrivava fino al 10 per cento in peso. Sono stati trovati anche alcuni ftalati – additivi tossici usati per ammorbidire il PVC – fino a un valore di oltre 1,5 per cento del peso dei rivestimenti plastici dei fili dell’auricolare.
I test sono stati condotti in prima battuta sulle sostanze regolate dalla direttiva europea RoHS, che previene l’uso di piombo, cadmio, mercurio, cromo (VI) e di due ritardanti di fiamma bromurati (difenili polibromurati-PBB e difenileteri polibromurati- PBDE) nei prodotti elettrici ed elettronici. Ulteriori analisi sono state effettuate su altre sostanze e materiali pericolosi, incluso la plastica in PVC e gli ftalati, composti tossici comunemente usati come plastificanti nel PVC.
I risultati mostrano come l’iPhone sia in linea con quanto previsto dalla normativa europea per quanto riguarda i metalli: non vi sono tracce di cadmio e mercurio nei 18 campioni, mentre cromo e piombo sono presenti in basse quantità ma al di sotto del limite previsto dalla legge.
Nella metà dei campioni, tuttavia, sono stati ritrovati composti a base di bromo in concentrazione variabile fino al 10% in peso (nel circuito stampato flessibile dell’antenna del telefono) a dimostrazione dell’impiego ancora diffuso di ritardanti di fiamma bromurati (in forma di additivi e/o di reagenti).
Sebbene non siano stati trovati quei due tipi di ritardanti regolati dalla direttiva europea RoHS, la presenza di composti del bromo (anche se chimicamente legati in polimeri) rappresenta una fonte significativa di inquinamento da sostanze tossiche e persistenti una volta che il telefono entra nella filiera del recupero e/o nel flusso dei rifiuti da smaltire, in particolare in caso di incenerimento di questi prodotti con relativa emissione di diossine e furani bromurati.
Inoltre, la presenza di antimonio in 4 componenti, spesso usato nella sintesi dei ritardanti di fiamma bromurati, solleva ulteriori perplessità data la riconosciuta tossicità di questo elemento che non è attualmente regolato dalla direttiva RoHS.
Il cloro è stato un altro elemento ritrovato in alte concentrazioni, a dimostrazione dell’uso della pericolosa plastica in PVC e degli ftalati in molte parti del telefono, quest’ultimi presenti fino ad un valore di oltre 1.5% in peso nei rivestimenti plastici dei fili dell’auricolare.
Risultati simili furono ritrovati in altre precedenti indagini di Greenpeace effettuate a partire dal 2006 su due prodotti della Apple, un MacBook Pro ed un iPod Nano.
Le analisi rivelarono la presenza di ritardanti di fiamma bromurati e PVC in alcune componenti di questi articoli tecnologici, anche se in concentrazioni inferiori a quelle trovate nella presente indagine.
In particolare, i due ftalati più abbondanti trovati sia nell’iPhone che nell’iPod sono quelli classificati in Europa come “tossici per la riproduzione” data la loro capacità di interferire nello sviluppo sessuale dei mammiferi (in particolare del genere maschile).
L’uso di questi composti, chiamati DEPH – ftalato di bis (2-etilesile) e DnBP (ftalato di di-n-butile) – è vietato in tutti i giocattoli ed articoli per bambini messi in commercio (con un limite dello 0,1% in peso) secondo la direttiva europea 2005/84/EC.1 Gli altri due ftalati trovati nell’iPhone, il DiNP (ftalato di diisononile) e il DiDP (ftalato di dipentile) sono proibiti dalla stessa direttiva ma solo nei giocattoli ed articoli per bambini destinati ad essere introdotti nella bocca. Sebbene l’iPod o l’iPhone non siano prodotti per bambini, la presenza di sostanze pericolose come gli ftalati – tra l’altro in alte concentrazioni – può essere una fonte di esposizione per chi usa questi apparecchi, incluso gli stessi bambini che per imitazione e gioco portano all’orecchio e alla bocca questi tipi di prodotti.
Nel corso delle analisi, Greenpeace ha inoltre scoperto che la batteria dell’iPhone è stranamente saldata al telefono: è una modalità di progettazione che ostacola la sostituzione della batteria e complica il riciclo e lo smaltimento del prodotto, aggiungendo un ulteriore carico inquinante ai rifiuti elettronici.
La Apple deve davvero fare tanta strada per diventare leader di un’industria elettronica “più verde”. Le parole non bastano.
Mentre Steve Jobs predica bene e razzola male, le aziende concorrenti non stanno a guardare: Nokia, Sony Ericsson e Motorola hanno rimosso il PVC dai loro prodotti e hanno quasi completamente eliminato i BFR. Nokia e Sony Ericsson hanno adottato policy di ritiro per i loro telefoni e si sono assunte la responsabilità del riciclo dei loro prodotti. Apple non dispone di un programma di ritiro gratuito. Quindi la sorte di 4-10 milioni di iPhone che dovrebbero essere venduti nel primo anno, rimane incerta.
Il lancio europeo previsto per il prossimo mese potrebbe essere l’occasione per offrire un telefono “verde” almeno tanto quanto i prodotti di Sony Ericsson, Nokia e Motorola. Speriamo che questa volta, alla chiamata di Greenpeace, Steve Jobs risponda. Con i fatti.
Il rapporto GreenPeace, relativo alle analisi dei componenti di un telefono iPhone della Apple per la presenza di sostanze e materiali pericolosi, nasce con l’obiettivo di monitorare gli eventuali progressi compiuti dalla Apple per l’eliminazione di composti dannosi dai propri prodotti.
Lo scorso maggio, infatti, la Apple si era impegnata pubblicamente ad eliminare i ritardanti di fiamma a base di bromo (composti impiegati per evitare o ritardare l’estendersi di fiamme in caso di incendio) e la plastica in PVC da tutti i nuovi prodotti entro la fine del 2008.
Se la Apple davvero volesse confermare e dimostrare il suo impegno preso a maggio 2007 da Steve Jobs, il direttore dell’azienda, a favore di una Apple “più verde” ha bisogno di eliminare tutti i materiali e le sostanze pericolose dai suoi prodotti e re-inventare il suo i-Phone. (a.t.)