Europa
Un coro di voci si leva dall’Italia in favore di Galileo, il sistema europeo di radionavigazione satellitare impantanatosi a causa della bagarre politico-economica sorta attorno al suo sviluppo.
Le spese relative alla fase costitutiva di Galileo, dopo la defezione del consorzio concessionario – che ha rifiutato di accollarsi i rischi connessi allo sviluppo del sistema – sono infatti passate integralmente a carico della Comunità europea, facendo abortire quello che doveva essere il più grande progetto industriale mai organizzato su scala europea attraverso un partenariato pubblico-privato.
I ritardi continuano ad accumularsi – ultimo quello relativo al lancio del secondo satellite della costellazione, rimandato a marzo 2008 – così come continuano a lievitare i costi e a inacidirsi gli umori attorno alle spartizioni economiche e di potere legate alla realizzazione della struttura.
A porsi di traverso, questa volta, i ministri dei trasporti di Gran Bretagna, Olanda e Germania che non intendono appoggiare la proposta della Commissione europea di investire altri 2,4 miliardi di euro garantire lo sviluppo del progetto.
Lo stanziamento di questa cifra, ha sottolineato la Commissione, non implica un aumento del budget inizialmente previsto, poiché verrebbero usati soldi inutilizzati di altri progetti, attraverso una revisione della programmazione finanziaria 2007-2013.
Che a Galileo non si può rinunciare lo ha ribadito più volte la Commissione europea e lo ha sottolineato anche il ministro dell’Università e della Ricerca, Fabio Mussi nel corso della IX Conferenza europea interparlamentare sullo spazio, affermando che bisogna dare nuovo impulso alla politica spaziale sopperendo “alla mancanza di investimenti privati con nuovi investimenti pubblici”.
L’Italia, ha quindi sottolineato il ministro per lo Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, “è favorevole al necessario consolidamento dell’industria spaziale europea come testimonia l’alleanza stipulata sia nel settore manifatturiero che in quello dei servizi con Alcatel, alla quale è subentrata recentemente Thales”.
C’è però bisogno, ha aggiunto il ministro “che il processo di consolidamento avvenga rispettando e garantendo lo sviluppo delle rispettive competenze industriali e nella salvaguardia degli investimenti istituzionali”.
“E’ necessario comunque – ha aggiunto Bersani – che nell’ambito dei grandi programmi spaziali, quali Galileo e Gmes (Global Monitoring for environment and security), vadano superati i principi di uno stretto ritorno geografico e vengano invece valorizzate e messe in relazione le capacità nei vari settori di applicazione degli operatori presenti nei Paesi dell’Unione”.
“E’ giusto che l’Italia abbia il suo ruolo”, ha concluso il ministro, dal momento che il nostro Paese è stato il “primo Paese che ha impegnato risorse in Galileo e quello che lo ha sostenuto con più determinazione quando c’era chi remava contro”.
Galileo è un progetto estremamente importante per la Ue, che potrebbe così affrancarsi dalla dipendenza dal sistema americano GPS.
Se il progetto Galileo venisse affossato prima di decollare verrebbe quindi a ricrearsi – anzi ad aumentare sensibilmente – la dipendenza dal GPS e, potenzialmente, dai sistemi Glonass (Russia) e Compass/Beidou (Cina).
Questi sistemi, ha ricordato la Commissione, sono stati realizzati con fondi pubblici per scopi civili e militari o solo militari, e se l’Europa non andasse avanti con Galileo sarebbe l’unica grande economia a non disporre di tecnologie proprie. In assenza di competenze tecniche residenti, inoltre, il settore privato europeo avrebbe difficoltà a sfruttare i benefici del mercato mondiale dei servizi e delle applicazioni di navigazione satellitare, che dovrebbe attestarsi attorno ai 450 miliardi di euro l’anno a livello mondiale a partire dal 2025.