La Francia pensa a una nuova legge per i media e i broadcaster volano in Borsa

di Raffaella Natale |

Francia


Tv in vendita

Seduta infuocata quella di ieri per i broadcaster francesi, che hanno segnato un buon rialzo in Borsa dopo l’annuncio del Ministro delle Comunicazioni, Christine Albanel, di un progetto di riforma del sistema radioTv che aggiorni la legge del 1986.

In occasione dell’apertura del Mipcom (Cannes, 8-12 ottobre 2007), la notizia è stata confermata da un rappresentante del ministero che ha dichiarato che nei prossimi mesi verrà presentata una “legge globale” che riveda le quote della pubblicità, le norme che garantiscono le libera concorrenza, ma anche le relazioni tra produttori, distributori e Tv pubblica.

Saranno quattro i gruppi di lavoro all’opera per presentare questa riforma “per la fine del primo trimestre del 2008″ , per poi presentare una proposta di legge che interesserà i lavori parlamentari la prossima primavera.

L’obiettivo, ha spiegato il Ministro, è quello di adattare il mercato ai mutamenti intervenuti e ai nuovi modi di consumo della televisione.

 

Ieri, TF1 ha chiuso in crescita del 12,76% a 21,38 euro, M6 un +8,25% a 22,71 euro e CanalPlus un aumento del 7,87% a 8,50 euro.

“Questo progetto di deregolamentazione è positivo“, ha dichiarato un broker, specie per quanto riguarda “la crescita dei volumi pubblicitari, la riduzione degli obblighi di produzione e la ridiscussione dei tetti antitrust”.

Un analista ha sottolineato un altro aspetto: “…dal punto di vista dei risultati, è positivo lo sviluppo della pubblicità e la riduzione dei costi, sul piano speculativo, la revisione delle regole sulla proprietà apre la via all’acquisto degli asset minoritari” da parte delle case madri delle emittenti.

 

Al momento, un solo azionista non può detenere più del 49% di un canale televisivo hertziano analogico e del 15% di un secondo canale. Il governo vorrebbe con questa riforma consentire l’emergere dei grandi gruppi mediatici francesi.

 

Un portavoce di Bouygues ha spiegato che il gruppo, se la legge venisse cambiata, deciderà cosa fare con la partecipazione di più del 40% di B-TP in TF1.

Tanto Vivendi che Bertelsmann hanno già manifestato la loro volontà di controllare il 100% delle loro filiali.

Bertelsmann, che non ha voluto commentare la notizia, controlla il 48,56% di M6 dalla fine del 2006 e Vivendi il 48,48% di CanalPlus SA, che detiene la proprietà di licenza del canale.

CanalPlus SA possiede, infatti, l’autorizzazione a trasmettere in hertziano e gli abbonati della Pay TV, che invece si occupa della distribuzione ed è controllata al 100% da Vivendi.

Per contratto, CanalPlus SA riceve in cambio un risultato garantito uguale al 3,3% degli abbonamenti al netto delle imposte.

 

Questa struttura era stata creata nel 2000 per aggirare il limite del 49% dopo la creazione di Vivendi Universal attraverso la fusione tra Vivendi, CanalPlus e Seagram.

 

La priorità di Bouygues, casa madre di TF1 con il 42,9% del capitale alla fine del 2006, non sembra essere al momento di rafforzarsi in TF1, ma la modifica di questi vincoli poterebbe riaprire le speculazioni sulla vendita del gruppo televisivo che circolano negli ultimi mesi.

 

Cheuvreux, che ha rivalutato al rialzo il titolo di TF1, ritiene che la Tv potrebbe economizzare 50 milioni di euro in produzione. Per Oddo, l’economia sarebbe di 35 milioni per TF1 e di 15 milioni per M6.

Un broadcaster deve investire il 16% del fatturato nella produzione audiovisiva, di cui due terzi a produttori indipendenti.

 

In materia pubblicitaria, Christine Albanel è favorevole all’aumento del volume della pubblicità – attualmente fissata a 8 minuti l’ora per i canali pubblici e 12 minuti su quelli privati.

Un simile aumento porterebbe, secondo Cheuvreux, 40 milioni di euro di entrare aggiuntive per TF1. Oddo stima queste entrate a 45 milioni per TF1 e 20 milioni per M6.

 

“…Più generalmente – stando a Oddo – queste modifiche regolamentari, se dovessero essere confermate, potrebbero fare da catalizzatore per i titoli TF1 e M6 la cui valorizzazione è storicamente bassa per via dell’attuale debolezza del mercato pubblicitario”.

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