Google: mentre il titolo supera i 600 dollari, si inseguono i rumors sui piani per entrare nell’arena mobile

di Alessandra Talarico |

Mondo


Larry Page e Sergey Brin di Google

Da più di due anni, un team di ingegneri Google starebbe lavorando ‘segretamente’ a un progetto legato all’ingresso del gruppo nell’arena della telefonia mobile. Appena i primi rumors hanno cominciato a circolare sulla stampa specializzata, l’attesa del GPhone si è fatta febbrile, un po’ come era successo per il progetto iPhone della Apple.

 

Gli obiettivi del gruppo di Mountain View sono però sostanzialmente differenti rispetto a quelli di Steve Jobs: non si tratta infatti di ridefinire il paradigma cellulare-aspettative degli utenti, bensì di estendere l’onnipotenza della pubblicità anche a internet mobile.

Il mercato è agli albori, ma sono in tanti a scommettere che la pubblicità mobile diventerà volano di un nuovo modo di concepire la navigazione da telefonino, con Google in prima linea a sperare di persuadere gli operatori e i costruttori a offrire telefonini basati sui suoi software. Una strategia il cui obiettivo finale potrebbe essere quello di sovvenzionare dispositivi e servizi – in parte o totalmente – attraverso l’advertising.

 

La strategia mobile di Google – dicono i bene informati – dovrebbe essere ufficializzata entro la fine di quest’anno, mentre l’attesissimo GPhone dovrebbe arrivare nei negozi dal prossimo anno, basato su software open-source Linux e con integrate le versioni mobili delle applicazioni Google e un web browser ottimizzato.

 

Ma sono anche molti quelli che credono che a Google in realtà importi poco di costruire un cellulare ad hoc: la società starebbe piuttosto cercando di realizzare un set di software alternativi a Windows Mobile, e per di più gratuiti e open source.

 

Entrando nel merito dei piani mobili di Google, Arun Sarin Ceo di Vodafone – che offre i servizi mobili della società sui suoi telefonini – si è detto scettico del fatto che Page e Brin riusciranno davvero a togliere dal cilindro servizi e applicazioni che non siano già disponibili.

 

“I servizi Google – ha detto Sarin – sono già disponibili su una miriade di telefonini di diverse marche e modelli, non c’è bisogno di un cellulare Google per usarli”.

 

Altro obiettivo del gruppo è quello di allentare il controllo degli operatori sui software e i servizi utilizzati sulle reti mobili: al momento, infatti, gli operatori hanno l’ultima parola su quale telefonino o servizio a banda larga può essere usato sulla loro rete e spesso utilizzano questo privilegio per bloccare i vendor e i fornitori di contenti e servizi con contratti esclusivi.

Google aveva già tentato di cambiare questo stato di cose, dicendosi pronto a spendere 4,6 miliardi di dollari per partecipare all’asta FCC volta a riallocare le frequenze lasciate libere dal passaggio alla Tv digitale, ma  solo se la FCC avesse adottato regole che assicurassero che “a prescindere dal vincitore dell’asta, siano serviti gli interessi dei consumatori”. Una sorta di ‘network neutrality’ simile a quella richiesta dalla web company – con scarso successo – per le reti fisse.

 

La FCC ha però rimandato al mittente le richieste, acconsentendo a che solo una parte dello spettro – presumibilmente due porzioni di spettro da 11 megahertz ciascuna, su un totale di 60 megahertz – sia venduta dietro il preciso obbligo di accesso aperto.

 

La società non ha ancora commentato ufficialmente nessuna ipotesi, ma più volte il Ceo Eric Schmidt ha confermato gli ingenti investimenti nel settore della telefonia mobile.

 

“Gestire un sito e un motore di ricerca è una cosa – spiega però un analista citato dal New York Times – ma sviluppare un telefonino è una cosa totalmente diversa e non sarà affatto facile”.

Tutto dipenderà dall’abilità di Google a crearsi un ecosistema di partner in grado di distribuire centinaia di milioni di cellulari all’anno e di controllare quali software e servizi potranno gestire.

 

Di partnership con operatori e costruttori la società ne ha fatte parecchie, a cominciare da quelle sui software con Motorola e Samsung, per finire a quelle con Vodafone per i servizi YouTube via cellulare.

Vincere la diffidenza degli operatori, però, non è cosa facile e Google lo sa.

L’ingresso della società, pronta a far valere la sua posizione dominante nel settore dell’advertising per offrire servizi completamente gratuiti, potrebbe infatti vanificare gli sforzi fin qui fatti dai player del settore per convincere gli utenti a navigare internet dalle loro reti mobili.

Dopo la marea di soldi spesi, è naturale che gli operatori vogliano recuperare gli investimenti, in parte attraverso l’advertising, e Google e gli altri motori di ricerca non sono che competitors che vogliono mettere le mani sulla loro stessa fetta di torta.

 

Non sarà una passeggiata insomma, anche se l’intento è quello di trasportare le dinamiche del web – libero dal controllo dagli operatori – alla telefonia mobile.

 

Certo è che di frecce al suo arco Google ne ha parecchie: nel corso degli ultimi due anni la premiata ditta Page-Brin non è stata con le mani in mano, ma ha acquisito diverse società pronte a fornire il giusto know-how per il settore mobile: dalla Android a Reqwireless e Skia.

Secondo molti, già lo scorso anno Google aveva iniziato a lavorare con Samsung alla realizzazione di un cellulare battezzato ‘Switch‘. Effettivamente l’accordo poi c’è stato, a gennaio, ma soltanto riguardo l’integrazione di versioni mobili del motore di ricerca, delle mappe e del servizio di posta elettronica Gmail su alcuni modelli della casa coreana.

 

Ancora altri rumors volevano Google impegnata allo stesso progetto con Orange, la filiale mobile di France Télécom o con la taiwanese HTC.

 

Indiscrezioni ‘consistenti’ circa la possibilità che Google volesse scendere direttamente nell’arena dei dispositivi mobili si sono intensificate a marzo, quando Simeon Simeonov di Polaris Venture Partners aveva fatto sapere di aver appreso da fonti ben informate che la società aveva messo a lavoro per la realizzazione di un dispositivo simile al BlackBerry, un team di 100 ricercatori capitanati proprio da Andy Rubin, fondatore della software company Danger e di Android.

 

“L’area mobile è molto importante per Google e restiamo focalizzati sulla creazione di applicazioni e le partnership con i leader del settore per lo sviluppo di servizi innovativi per gli utenti di tutto il mondo”, ha detto un portavoce della società.

 

Secondo molti, infine,  difficilmente la telefonia mobile darà a Google le stesse soddisfazioni del web e soprattutto non certo con la stessa rapidità. Basti pensare che Microsoft, il cui sistema operativo mobile è in circolazione da anni, ha siglato accordi di distribuzione con 48 produttori e 160 operatori, ma – secondo le stime di IDC – Windows Mobile riuscirà a raggiungere entro la fine dell’anno una quota di appena il 10% nel mercato degli smartphone, pari a 12 milioni di dispositivi.

 

Mentre i rumors si rincorrono, comunque, e gli analisti pontificano sull’eventuale ingresso di Google nel campo della telefonia mobile, in Borsa la società continua a macinare record su record, arrivando a toccare i 610 dollari per azione, dagli 86 che ne valeva al momento della collocazione in Borsa, ad agosto di tre anni fa.

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