Italia
Poiché oggi è di moda il “sarkozismo” e per quello che mi riguarda, a ragione veduta, userò un’espressione gollista per evocare ciò di cui il sistema ha bisogno in questo momento: un “grand rassemblement“.
Tra chi?
Telecom Italia, gli Operatori alternativi, gli Isp e l’industria del settore per cogliere l’opportunità di un rilancio del settore nel quale ognuno deve rinunciare a qualcosa, ma dal quale tutti possono ottenere molto.
Non c’è dubbio che la concorrenza ha fatto sentire i suoi effetti: i prezzi sono calati, la competizione è aumentata, le rendite di posizione si sono assottigliate. Questo è un bene ma impone anche maggiore impegno agli operatori e sottopone a una tensione senza precedenti il regolatore al quale si chiede di arbitrare una contesa molto dura per quote di mercato fluide poiché i vecchi steccati di un tempo (fisso, mobile, internet, voce etc.) stanno cedendo.
L’Agcom non è restata a guardare alla finestra.
Se i paradigmi cambiano occorre una visione aggiornata e un progetto inedito nel quale iscrivere il percorso regolatorio quotidiano perché sia coerente e non erratico. Tra le molte decisioni, ha pertanto lanciato una consultazione pubblica sulla separazione della rete che è la prima del suo genere sul continente. Le risposte sono state pronte, articolate, approfondite e attualmente sottoposte al vaglio del Consiglio secondo una procedura trasparente e contraddittoria che è il tratto distintivo dell’Agcom. La pregnanza di questo passaggio è duplice. Per il tema in se che è quello del perfezionamento della parità di accesso e del quadro normativo delle nuove reti NGN.
Ma anche per l’opportunità che ha offerto di aprire quel dibattito a tutto campo sul futuro delle telecomunicazioni che da tempo mancava nel nostro Paese. Naturalmente la partita è complessa perché giganteschi sono gli interessi in gioco. Per questo è indispensabile da una parte senso di responsabilità da parte di quell’anima di Telecom Italia che percepisce con diffidenza l’intrusione nella sfera dei “property rights” della rete.
Dall’altra realismo tra gli Olo i quali resistono a qualsiasi scenario di revisione di vincoli regolamentari al dettaglio dimenticando che comunque essi sono destinati a subire una riconsiderazione alla luce della nuova Raccomandazione UE sui mercati rilevanti. Mutuando qualche argomento dalla teoria dei giochi, direi che vi sono le premesse perché ognuno dei due contendenti adotti una strategia che massimizzi il suo pay off attraverso il compromesso piuttosto che rischiare l’esito della somma zero, ossia la perdita totale della partita. Le incertezze reciproche convergono logicamente verso il compromesso.
Ossia l’ansia di Telecom Italia che guarda con apprensione a una nuova ondata di analisi di mercato la quale potrebbe confermare vincoli regolamentari penetranti laddove l’Autorità provasse che le circostanze del caso italiano li giustificano, poiché – si badi bene – radiazione dalla lista dei mercati rilevanti non equivale affatto a liberalizzazione automatica.
E, all’opposto, la trepidazione degli Olo i quali potrebbero temere che
Nel 1878 Bismarck fu elogiato come l’onesto sensale che al Congresso di Berlino era riuscito a mettere d’accordo le potenze europee in lotta per le rispettive sfere di influenza. L’Agcom non è così ambiziosa. Ma le sue porte sono aperte per propiziare un accordo che può giovare a tutti, al Paese per primo.
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