Italia
Negli Stati uniti gli investimenti in fibra ottica sono massicci da parte delle imprese di telecomunicazione, diversamente da quanto accade in Europa. La causa principale è rappresentata dalla presenza forte dei Cable operators che fanno una vigorosa concorrenza agli operatori di TLC. Imprese come Verizon non hanno avuto altra scelta: o lanciare investimenti ingenti e ravvicinati, o lasciare il posto ai concorrenti. Un altro motivo “abilitante” è stata la diversa regolamentazione USA in materia di investimenti e di appropriabilità del frutto di quegli investimenti.
Il ritardo dell’Europa è forte. Per non dire del ritardo che l’Europa ha già accumulato nei confronti dei principali Paesi orientali, quali Corea del Sud e Giappone e, in prospettiva, credo, della Cina.
Anche e soprattutto in Italia il dibattito sul tema della banda larga tramite fibra ottica è diventato più accanito. Sostanzialmente si fronteggiano due schieramenti che solo in parte corrispondono a quelli degli operatori:
Visione 1: “Servono forti investimenti”
A Il fabbisogno di banda è destinato a crescere e in ogni ramo dell’industria, quando si prevede una domanda rapidamente crescente e quando l’offerta per ragioni tecniche richiede un lungo approntamento, è indispensabile investire in anticipo. Il caso storico delle autostrade è esemplificativo. Infatti che la domanda attuale di servizi sia in ritardo rispetto all’evoluzione tecnologica è chiaramente osservabile;
B Un corollario di questa tesi è che la posa di fibra ottica, nelle forme di FTTC, FTTB, FTTH, con bande tra i 50 e i 100 MB, indurrebbe l’offerta di nuovi servizi, attualmente ostacolata proprio dalla limitatezza della banda disponibile. Dunque: prima la rete, i servizi verranno poi: “if you build they will come”;
C Secondo una interpretazione della situazione, le difficoltà finanziarie connesse con gli investimenti potrebbero essere superate con un coinvolgimento diretto dello Stato e/o con il ricorso a forme di finanziamento consortile.
Visione 2: ” Per ora va bene così”
A Gli ingenti investimenti che sono stati recentemente effettuati da tutti gli operatori di TLC sulle tecnologie xDSL sono sufficienti a garantire soddisfazione alla maggior parte degli utilizzatori, e promettono ulteriori progressi attraverso iniziative miste quali VDSL + fibra;
B E’ difficile assimilare il tema del digital divide a quello della fibra ottica. In ogni caso gli investimenti in fibra ottica dovrebbero essere limitati alle città dove vi è la maggior domanda potenziale; aree meno dense potrebbero essere servite con altre tecnologie (Wi-Max, Satellite ecc);
C Il traffico peer to peer continua a crescere, e l’utilizzo prevalente della fibra sembra necessario per soddisfare esigenze di intrattenimento – musica a alta fedeltà, giochi, film, e, più in generale, tutto ciò che gravita attorno al mondo del Web 2.0 – ma ciò non genera reddito per chi dovrebbe investire nelle reti a banda ultra larga;
D L’Italia è in Europa, dopo Grecia e Portogallo, il Paese più arretrato come disponibilità e utilizzo di PC e come cultura informatica, e notevoli investimenti in fibra ottica finirebbero per privilegiare i cittadini più colti e ricchi a danno degli altri;
E L’Italia è il Paese europeo dove sono maggiormente diffuse le imprese di piccola dimensione e queste mostrano una adozione piuttosto limitata per gli usi intensivi della banda larga, a parte le eMail e altri usi a relativamente basso assorbimento di banda.
Credo non siano condivisibili né
Infatti entrambe sono mal poste: la prima non considera adeguatamente gli aspetti economici e finanziari mentre la seconda è conservatrice e fatalista.
Negli Stati Uniti il primum movens è la violenta concorrenza tra cable operator e telcos. In Europa il motore generalmente non c’è, ma va trovato e può essere trovato. E’ stupefacente che gli sforzi, teorici e operativi, per trovare tali driver siano assenti o molto scarsi, particolarmente a livello della politica industriale.
La tesi di questa nota è che il tema va affrontato da un diverso punto di vista. In Europa i casi di investimenti in fibra ottica per fini esclusivamente commerciali sono pochissimi, sono di piccola dimensione e si realizzano in aree/ città con caratteristiche culturali e sociali particolarmente elevate (Colonia, Municipalité de Paris, Vienna, Amsterdam, Rotterdam, Pau ad esempio). Gli incumbent o sono assenti, o si limitano a progetti a venire, o sono presenti con test sul campo e su aree metropolitane assai limitate. Le Municipalità al 2011 avrebbero le quote più rilevanti rispetto a incumbent e operatori alternativi, come hanno già oggi.
La motivazione evidente è che il mercato non offre – almeno per ora – prospettive di domanda e quindi di redditività sufficienti a giustificare l’investimento.
La fibra ottica, almeno ai suoi primi avvìi, ha la natura delle grandi opere infrastrutturali del passato, e per la sua capacità di incidere sulla dimensione e necessità di altre infrastrutture fisiche, dovrebbe essere la prima nuova grande infrastruttura da costruire. Nelle condizioni ricordate è indispensabile un massiccio intervento dello Stato per vincere quello che gli ingegneri definiscono “attrito di primo distacco”. Decine di problemi che assillano l’economia possono essere affrontati in questo quadro, da quelli dell’inquinamento e della congestione urbana e extra urbana, al forte miglioramento del sistema sanitario e della pubblica amministrazione, a quelli della sicurezza e del controllo del territorio, a quelli dell’energia,dell’efficienza e produttività del sistema turistico, al funzionamento delle imprese, alla modernizzazione del sistema educativo.
Le reti ottiche possono innestarsi su questi problemi producendo cambiamenti radicali, ormai indispensabili per superare ostacoli che sono invalicabili con piccoli interventi incrementali.
Faccio solo rapidissimi esempi, ma che in altra sede abbiamo già approfondito e quantificato. Le nostre città scoppiano e sono ben noti i costi della non mobilità in termini economici, sociali e di salute dei cittadini. Si assiste a una pletora di soluzioni abborracciate, quasi nessuno si sforza di pensare a quali rimedi si potrebbe pervenire adottando le più recenti tecnologie di ICT. La misera risposta è il ticket!
Una quantità importante di trasferimenti fisici non è affatto necessaria, ma risponde esclusivamente alle nostre abitudini. In uno studio di ThinkTel che volge al termine e che presenteremo prima della fine dell’anno, mostreremo i numeri delle ore e dei redditi persi e le quantità di CO2 che potrebbero essere risparmiate.
Ancora qualche anno fa la videoconferenza era una esperienza fastidiosa e improponibile, ma lo scenario di oggi è rapidamente cambiato e chi ha avuto la fortuna di fare un collegamento a alta definizione o in telepresenza è rimasto stupito dal realismo degli incontri.
Eppure – anche in presenza dei drammatici problemi esposti – non si fa nulla per incentivare l’introduzione di questi mezzi che, tra l’altro, trovano in Italia delle imprese in grado di produrre le strumentazioni e i servizi migliori. Anzi, si fa qualche cosa per perpetuare e aggravare il dramma. Se percorrete la rotta aerea Roma-Milano-Roma, tra costo del biglietto e tempo di lavoro perduto sostenete costi diretti (medi) di circa 800 , ma considerando il valore della CO2 emessa in volo e nel trasferimento a terra, è facile pervenire a un costo totale – diretto e sociale – di circa 1.500 . Moltiplicatelo per il numero di percorrenze annuali, aggiungete lo stesso calcolo per i movimenti delle auto (opportunamente misurati) e poi applicate una percentuale di detrazione stimando il numero di trasferimenti fisici che potrebbero essere risparmiati senza danno. Otterrete ancora dei valori estremamente elevati.
Paradossalmente la nostra legge fiscale sostiene tutto ciò, perché vi consente detrazioni delle spese dirette senza discriminare opportunamente tra il costo vero per il Paese della mobilità fisica e quello della mobilità virtuale. Disincentivare il trasferimento fisico e favorire la mobilità virtuale potrebbe avere risultati importanti e alla fine avvantaggerebbe anche il fisco, perché l’effetto netto sarebbe un aumento della produttività.
Altri due temi drammatici sono quelli della sicurezza e del controllo del territorio. Negli Stati Uniti il cosiddetto Home Monitor sta entrando in una fase di boom, agevolato dalle nuove tecnologie delle telecamere IP che consentono sicurezza, eccellenza delle immagini, diagnostica anche automatica di certi eventi, interoperabilità. Anche in questo caso, le tecnologie ICT possono fare grandi cose. Analogamente nel controllo del territorio, dove una serie di eventi naturali e spesso criminosi producono danni ingentissimi, che in complesso abbiamo stimato in oltre 40 miliardi di per anno. E tralascio solo per brevità tutte le altre possibilità.
E’ impensabile che queste e altre iniziative possano attivar si adeguatamente da sole, stimolate solo dalle regole e dagli incentivi del mercato. In un’era di trasformazione tumultuosa come la nostra molti problemi non possono essere affrontati con metodi, tecnologie e soprattutto con logiche tradizionali. Le tecnologie della fibra ottica, insieme alle tante complementari – che vanno dalla sensoristica, alla RFID, alle tecnologie cellulari, allo sviluppo progressivo del Web 2.0 e così via – possono contribuire a cambiamenti radicali delle nostre società.
La redazione e la realizzazione di un grande piano per l’introduzione di servizi pubblici e sociali realizzabili in banda larga richiederebbero importanti investimenti diretti, non per finanziare le imprese, ma per trasformare una quantità di processi in modo da rendere la realizzazione delle reti indispensabile e economicamente conveniente sia per le imprese che dovrebbero realizzarle, sia per la crescente moltitudine di consumatori e aziende che le impiegherebbero. Anche il sistema delle norme – spesso limitanti – richiederà profonde trasformazioni.
Ma per fare e realizzare nei tempi utili un programma come quello appena delineato – che corrisponde a uno stravolgimento di molti aspetti della cultura e delle abitudini – è indispensabile una convergenza sulla sua necessità e urgenza. Ciò a sua volta richiede una forte capacità decisionale. Anche perché a fronte dei grandi vantaggi, ci si dovrà confrontare con le inevitabili resistenze e scosse provocate dal cambiamento.
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