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Italia in linea con la Ue sulla separazione funzionale della rete, ma la Commissione sempre più divisa dopo la bocciatura del piano Reding

Unione Europea


“Il settore delle comunicazioni mobili sta per diventare veramente paneuropeo, con operatori attivi in più Paesi all’interno della Ue. È quindi esenziale evitare, in seno al mercato unico, distorsioni di concorrenza tra Stati membri dovuti alle enormi differenze tra le tariffe di terminazione mobili fatturati agli operatori in base al Paese”.

 

Questa la dichiarazione rilasciata dal Commissario Ue ai media e alla società dell’informazione Viviane Reding dopo l’incontro col presidente dell’Authority francese per le tlc (Arcep) Paul Champsaur.

La Reding ha fin da subito manifestato il suo apprezzamento per la proposta avanzata dall’Arcep di abbassare ulteriormente le tariffe di terminazione praticate dagli operatori di telefonia mobile francesi e di accomunare gli sforzi in Europa perché quanto prima queste tariffe siano calcolate in modo da rispecchiare i costi.

 

L’incontro con Champsaur è stato dunque occasione per la Reding di ribadire che Bruxelles “è pronta a garantire un approccio armonizzato e collaborerà col Gruppo dei regolatori europei (ERG) per la riduzione delle tariffe di terminazione”.

 

La Reding è però impegnata su più fronti e ha dovuto incassare la bocciatura del suo piano a sostegno della separazione funzionale delle reti di telecomunicazione da parte di due colleghi molto influenti: il Commissario alla concorrenza Neelie Kroes e quello all’industria Gunter Verheugen.

Entrambi hanno dato parere negativo alla proposta di realizzare un’authority europea per le telecomunicazioni – come si è proposto per il settore dell’energia – dal momento che nel settore la liberalizzazione è stata un successo e una nuova agenzia servirebbe solo a creare confusione, oltre a richiedere uno staff di almeno 100 persone.

 

Pollice verso anche per la proposta di inserire lo scorporo della rete di accesso tra i rimedi a disposizione delle Autorità nazionali come misura estrema atta a rispondere a seri problemi di concorrenza sul mercato e non a scopi protezionistici: si tratterebbe infatti di una soluzione non solo superflua, ma anche dannosa – proprio come paventato dall’industria – perché inficerebbe la capacità di investimenti e innovazione di un settore cruciale per la crescita e la competitività della Ue.

 

Parole che riecheggiano quelle dell’ETNO, l’associazione degli ex monopolisti, secondo cui “…devono essere evitate nuove misure regolatorie intrusive che rischiano di scoraggiare i necessari investimenti”.

L’ETNO cita, per sostenere la sua tesi, i risultati di alcuni studi condotti tra gli altri dall’OCSE secondo cui la separazione forzata tra reti e servizi ridurrebbe gli incentivi per gli investimenti nelle reti, proprio nel momento in cui c’è bisogno di forti investimenti per il roll-out di reti di accesso più performanti.

 

L’introduzione di nuovi rimedi strutturali potrebbe inoltre indebolire la capacità del settore di attrarre nuovi investitori. Nessuno, ritiene in sostanza l’ETNO, investirà in una compagnia sotto la minaccia di simili rimedi e questa situazione – soprattutto alla luce della crescente competizione di infrastrutture e piattaforme alternative – porrebbe i maggiori player in una posizione svantaggiosa.

 

La separazione funzionale delle reti tlc – su modello di quanto realizzato in Gran Bretagna con la creazione di Opernreach – è caldeggiata invece dai new entrant del mercato tlc, al fine di garantire che quelle parti di rete essenziali per l’apertura del mercato siano tolte al controllo degli incumbent per confluire in un’unità separata dalle altre attività commerciali dell’operatore ex monopolista.

 

Per l’antitrust europeo, tuttavia, questa nuova divisone non ridurrebbe affatto il pericolo di discriminazione degli operatori alternativi e finirebbe anzi per creare più burocrazia e per indebolire gli investimenti, soprattutto nel settore delle reti di nuova generazione.

 

La questione della separazione funzionale riguarda da vicino l’Italia, dal momento che una task force dell’Agcom è al lavoro per elaborare un piano per lo scorporo della rete di Telecom Italia.

 

“Il progetto che si sta discutendo in Italia e sul quale sono in corso da tempo discussioni a Bruxelles – ha però assicurato Martin Selmayr portavoce del commissario Reding – è in linea con le norme europee”.

 

“Le norme Ue attualmente in vigore danno già ai paesi membri la possibilità di procedere in questa direzione, come accaduto in Gran Bretagna e Svezia”, ha aggiunto Selmayr, ricordando che comunque spetta all’Agcom dimostrare che vi sia la necessita di applicare questo rimedio, attraverso un’analisi del mercato. Solo dopo Bruxelles potrà eventualmente dare il via libera.

Il Commissario Reding incontrerà il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò il prossimo 16 ottobre.

 

Sono molti quindi i nodi da sciogliere in vista del 13 novembre, quando la Commissione guidata da Jose Manuel Barroso esaminerà le proposte elaborate dalla Reding e dal suo staff in vista della riforma del quadro regolamentare sulle comunicazioni elettroniche, incluse quelle a favore di un coordinamento paneuropeo per rafforzare l’impatto sociale ed economico del dividendo digitale, cioè la ripartizione dello spettro che verrà effettuata quando sarà completato il passaggio al digitale terrestre.

 

La riallocazione delle frequenze lasciate libere dal passaggio al digitale, secondo la Reding “rappresenta un’occasione storica per dare nuovo slancio sia al settore audiovisivo che a quello dei servizi fissi e mobili senza fili”.

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