Unione Europea
C’è grande fermento attorno al pacchetto di riforme che interesserà il settore europeo delle comunicazioni elettroniche, attualmente al vaglio della Commissione in vista dell’approvazione prevista per i primi di novembre.
Il Commissario ai media e alla società dell’informazione Viviane Reding ha lavorato alacremente negli ultimi mesi per smussare gli angoli della riforma del quadro normativo, che dovrebbe avere effetto dal 2010 e dovrà fornire le basi per un effettivo coordinamento dell’approccio normativo volto ad abilitare lo sviluppo di servizi di comunicazione cross-border.
Diversi i punti cardine di questa deregulation: la riduzione dei mercati che richiedono regolazione ex ante, la realizzazione di un regolatore unico europeo, la semplificazione dell’accesso allo spettro radio e la possibilità di imporre la separazione funzionale della rete all’operatore ex monopolista.
La regolamentazione ex ante (preventiva) è uno strumento che permette ai regolatori nazionali di intervenire attivamente in alcuni segmenti di mercato – nella fattispecie l’accesso alle reti, questioni di price cap, ecc – ma solo nel caso in cui il player in posizione dominante attui comportamenti abusivi al fine di escludere i rivali dal mercato.
In base a quanto indicato dal Commissario Ue ai media e alla società dell’informazione Viviane Reding, il numero di mercati soggetti a interventi preventivi da parte delle Autorità Nazionali di Regolamentazione passerà da 18 a 8.
In particolare potrebbero venire esclusi da regolamentazione preventiva tutti i mercati al dettaglio, quindi quelli relativi ai servizi vocali locali, nazionali e internazionali da postazione fissa per i clienti residenziali e non, e quello delle linee affittate (il mercato dei servizi di telefonia a capacità dedicata per i grandi clienti).
In questi segmenti, secondo Bruxelles, la liberalizzazione ha portato un alto livello di competitività: nel mercato dei servizi voce, ha notato la Commissione, “la regolazione all’ingrosso degli obblighi di carrier-selection e di carrier-preselection ha ridotto in modo significativo le barriere di entrata”, come dimostrato dall’ingresso nel mercato europeo di operatori alternativi a discapito degli incumbent “che stanno perdendo dappertutto quote di mercato significative”.
Asserzione che non sempre corrisponde a verità: se infatti in Finlandia la quota dell’operatore storico è scesa del 6,6% in un anno, portandosi al 31%, in Italia Telecom Italia controlla ancora l’89,2% del mercato e la sua quota è diminuita di poco più dell’1% dal 2004 al 2005.
La Finlandia, oltre ai Paesi Bassi, è l’unico paese in cui l’incumbent controlla una quota di mercato inferiore al 50%
Non stanno meglio di noi, comunque, Portogallo e Germania, dove i due operatori dominanti – Portugal Telecom e Deutsche Telekom – controllano rispettivamente l’81,3% e il 74,4% del mercato della banda larga, sia via cavo che DSL.
Non in tutti i paesi europei, inoltre, gli incumbent hanno perso terreno: in Austria, Repubblica Ceca e Svizzera, infatti, gli operatori storici hanno addirittura rafforzato il loro predominio nella banda larga.
Rispetto al 2004, Telekom Austria ha guadagnato il 4,6% attestandosi al 50,8%; Cesky Telecom è risalita del 3,2% al 65,4% e Swisscom del 3,2% al 65,6%, nonostante la serrata concorrenza di operatori alternativi come Cablecom.
Anche l’operatore storico britannico, BT Group ha visto la sua quota di mercato aumentare del 3,1% al 69,5%.
Per quanto riguarda invece il mercato delle linee affittate “la regolamentazione sui mercati all’ingrosso dovrebbe essere sufficiente per assicurare che vi sia un’offerta competitiva nel mercato al dettaglio”.
Non cessa di far discutere anche la proposta di creare un regolatore unico europeo che lavori in stretta collaborazione con le Authority nazionali e la Commissione per porre rimedio ad alcuni problemi che permangono nel settore delle comunicazioni elettroniche e impediscono la realizzazione di un mercato unico: tra questi l’eccessiva disomogeneità degli approcci regolamentari nazionali, come nel caso delle offerte di accesso in banda larga ad alta velocità (bitstream) e delle tariffe di terminazione delle chiamate, che variano in modo significativo da un paese all’altro.
La nuova agenzia, in base alla bozza elaborata dal Commissario Reding, tra le altre cose dovrebbe aiutare a garantire la corretta applicazione delle regole europee in tutti gli Stati membri attraverso linee guida e, se necessario, direttive, rafforzare la cooperazione tra le Authority nazionali e la Commissione e coordinare l’analisi dei mercati trans-nazionali.
L’obiettivo – ha chiarito il Commissario – non è quello di “sopprimere le Autorità nazionali”, quanto “l’attuazione coerente e uniforme del quadro di regole comunitario”.
Per l’Etno, tuttavia, il nuovo quadro regolamentare comunitario dovrebbe evitare l’approccio ‘one size-fits-all’, date le specificità dei diversi mercati: “sebbene – spiega l’associazione degli ex monopolisti – alcuni nuovi servizi siano pan-europei per natura e potrebbero richiedere un approccio armonizzato, non bisognerebbe creare nuovi livelli di burocrazia, in linea con il carattere transitorio del quadro normativo europeo”.
Per l’Ecta, che raggruppa i new entrant del mercato tlc, “…c’è bisogno di maggiore collaborazione tra i regolatori, per diffondere le best practice ed affiancare la Commissione in decisioni che tengano in massima considerazion e le circostanze nazionali”.
Il Parlamento e il Consiglio europeo discuteranno queste proposte il prossimo 17 ottobre.