Italia
Non ha mancato di suscitare apprezzamento e condivisione, ma anche forti critiche, la relazione annuale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, presentata dal presidente Corrado Calabrò alla Camera il 25 luglio, dalla quale è emerso, tra le altre cose, un forte ritardo dell’Italia nel settore della banda larga.
Per Corrado Sciolla, amministratore delegato di BT Italia, “La Relazione pone con forza il tema della separazione della rete di accesso e della sua futura evoluzione, con particolare attenzione al tema del recupero degli investimenti per il broadband, entrambi giudicati elementi essenziali per lo sviluppo di una sana competizione. Questo mi pare assolutamente corretto e condivisibile”.
Insieme ai temi del prossimo futuro – ha quindi precisato Sciolla – “vorrei però che non ci si dimenticasse del presente. La dominanza dell’incumbent in tutti i mercati e gli investimenti sostenuti dagli operatori alternativi impongono il riconoscimento, a favore di questi ultimi, di tariffe asimmetriche definite sulla base dei costi effettivi sostenuti e che pertanto consentono agli operatori di competere. Su questo tema, cruciale per noi e per la concorrenza nel settore – ha concluso Sciolla – mi aspetto da parte dell’Autorità un comportamento coerente”.
Una situazione allarmante, che rischia di causare seri danni anche al mercato dei contenuti digitali in rete, un mercato in forte crescita, se si pensa che il settore italiano della musica scaricata legalmente dal web ha segnato un incremento del fatturato del 44%, grazie anche allo streaming di video musicali online sui siti come YouTube e altri, cresciuti oltre il 130%.
Per Enzo Mazza, presidente della FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), “…siamo di fronte ad un mercato, quello della diffusione di contenuti online, con grandi prospettive di crescita, come stanno mostrando anche le ultime ricerche di mercato, ma l’Italia rischia di rimanere tagliata fuori”.
Se da un lato, il nostro Paese è primo in Europa per utenti Umts, la banda larga entra ancora in pochissime case (9 milioni le connessioni broadband contro i 14 milioni della Francia), con una penetrazione ferma al 14,5%, una percentuale inferiore non solo rispetto ai Paesi del G7 – tra i quali l’Italia è ultima – e ai più avanzati nell’Unione europea come Olanda, Danimarca, Finlandia, ma anche rispetto all’Europa a 15 (18,7%) e all’Europa a 27 (16,2%).
Un ritardo causato innanzitutto dalla mancanza di reti alternative a quella di Telecom Italia, che di fatto continua a detenere una quota di mercato ben al di sopra del 50% e a imporre prezzi distanti ancora anni luce rispetto agli altri Paesi europei.
Importantissima, dunque, per Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb, “la decisione dell’Autorità di adottare come cardine della propria strategia per favorire lo sviluppo delle Ngn (le reti di nuova generazione) l’utilizzo di meccanismi di remunerazione premiale”.
Questo approccio, secondo Parisi, garantirà agli operatori alternativi che hanno realizzato in Italia una propria rete a banda larga un adeguato ritorno sugli investimenti realizzati e quelli ancora da fare.
“Per questo – ha concluso Parisi – Fastweb, che ha già investito nella propria rete NGN 3,6 miliardi di euro, è ora pronta a investire ingenti somme per ampliarne l’estensione e mantenere l’eccellenza trasmissiva del proprio network”.
Entra invece nel merito dello scorporo della rete di Telecom Italia Andrea Filippetti di Tele2, il quale si augura che la separazione non venga “scambiato con altre concessioni a livello retail per Telecom Italia”.
Preso atto che l’Agcom continuerà a seguire il principio della ‘ladder of investment’ che Tele2 ha seguito per passare da semplice rivenditore a operatore infrastrutturato per l’unbundling, “aspettiamo – ha aggiunto Filippetti – di capire nel dettaglio le nuove applicazioni del principio e ci aspettiamo che venga garantita la parità di accesso alla rete di nuova generazione e che vengano tutelati gli investimenti già fatti o in corso da parte degli alternativi”.
Il grido d’allarme di Calabrò sulla banda larga che rappresenta il nuovo servizio universale del futuro deve portare, secondo Paolo Landi di Adiconsum, “al più presto ad un preciso programma di investimenti per recuperare il ritardo che rischia di essere un freno per lo stesso sviluppo economico soprattutto nelle aree non urbane”.
Condivisibile, per Adiconsum, soprattutto il richiamo a una maggiore tutela dei consumatori, martoriati da tariffe eccessive per servizi scadenti, da servizi truffaldini o mai richiesti, da disservizi di ogni sorta.
Un aspetto su cui Adiconsum intende battersi nei prossimi mesi è la tutela dei minori rispetto ai media. “Occorre superare – ha dichiarato Landi – i vari codici di autoregolamentazione che servono solo da copertura per passare a norme concertate fra associazioni consumatori e imprese insieme a sanzioni comminate dall’Autorità”.
“La relazione – affermano invece Adusbef e Federconsumatori – riconosce il gravissimo disagio degli utenti, nonché il ruolo attivo delle associazioni dei consumatori per la risoluzione delle controversie in via extragiudiziale. Se continua così farà un grande servizio ai consumatori, al mercato e al Paese”.
Positivo anche il commento dell’Unione nazionale consumatori, d’accordo con il presidente Calabrò quando sostiene “che i servizi della telefonia sono un problema sociale; è per questo che occorrono sanzioni aspre e puntuali senza le quali non c’è tutela per i diritti e gli interessi dei consumatori”.
L’Unc condivide anche la necessità della separazione della rete Telecom, “passo fondamentale per favorire un mercato vivace e libero”.
Più critica l’Aduc, secondo cui – a fronte dei risparmi evidenziati da Calabrò, secondo cui grazie al taglio delle tariffe i consumatori potranno risparmiare quest’anno fino a 2 miliardi di euro – l’Agcom avrebbe dovuto pronunciarsi anche “sulla legittimità degli aumenti praticati da Wind e 3 Italia” per fornire una certezza agli utenti, “che si vedono in questi giorni: disattivare schede telefoniche, negare il rimborso del credito residuo e addebitare penali per recesso dai contratti”.
Positivo, infine, il giudizio dell’UPI (Unione Province Italiane), in particolare per quanto riguarda “il cenno molto importante al ruolo di protagonismo delle autonomie locali per la banda larga”.
Per Calabrò, infatti, il nostro Paese vive una fase di passaggio paragonabile a quella che negli anni 60 ha visto la trasformazione socio-economica del nostro Paese con la realizzazione delle grandi dorsali autostradali che hanno unito l’Italia.
“Lo stesso sforzo industriale ci attende ora”, ha spiegato Calabrò, sottolineando, ancora una volta, che serve il contributo di tutti: Imprese, Parlamento, Governo, Amministrazioni locali.
Nelle parole del presidente dell’Authority, secondo Vincenzo Vita di UPI, “…c’è finalmente un esplicito riconoscimento al peso specifico delle autonomie locali nel rendere credibile la politica della larga banda, in questo intreccio tra Stato nazionale e autonomie locali”.