Google: la FCC boccia le proposte del gruppo per l’asta wireless. Sfuma l’ipotesi dell’ingresso nel mobile?

di Alessandra Talarico |

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Il presidente della FCC, Kevin Martin, non appoggerà le proposte avanzate da Google in vista della prossima asta di spettro radio che verrà lanciata da qui a qualche mese per riallocare le frequenze lasciate libere dal passaggio alla Tv digitale.

Si allontana dunque la possibilità che la società di Mountain View partecipi alla vendita, per la quale aveva preannunciato di voler spendere 4,6 miliardi di dollari, ma a precise condizioni.

 

Google aveva proposto di fissare delle regole per spezzare lo strapotere delle compagnie telefoniche e garantire un accesso equo alle risorse di spettro. Una sorta di ‘network neutrality‘ simile a quella richiesta dalla web company – con scarso successo – per le reti fisse.

Google ha proposto, in particolare, l’adozione di piattaforme ‘aperte’ per le applicazioni, i dispositivi, i servizi e le reti, in modo da garantire ai consumatori la libertà di scaricare e utilizzare qualsiasi applicazione, contenuto o dispositivo essi desiderino, su qualsiasi rete.

Per quanto riguarda i servizi, Google chiede alla FCC di permettere alle terze parti (i rivenditori) di acquistare servizi all’ingrosso, in base a termini commerciali non discriminatori, di modo da consentire ad altre compagnie wireless di operare sulla rete, a tutto vantaggio della competizione.

 

L’appello di Google è condiviso da altre web company, che sperano che l’asta spezzi il duopolio sul mercato americano della banda larga, dominato da operatori telefonici e del cavo.

 

Ma Kevin Martin ha fatto sapere a margine di un’audizione alla Camera che non supporterà le proposte della società, pronunciandosi pubblicamente per la prima volta sulla prossima, attesissima asta wireless.

 

Martin ha tuttavia confermato che una parte dello spettro – presumibilmente due porzioni di spettro da 11 megahertz ciascuna, su un totale di 60 megahertz – verrà venduta dietro il preciso obbligo di accesso aperto in modo da dare ai titolari dello spettro meno controllo sui dispositivi, le applicazioni e i servizi fruibili attraverso le loro reti: al momento, infatti, gli operatori hanno l’ultima parola su quale telefonino o servizio a banda larga può essere usato sulla loro rete e spesso utilizzano questo privilegio per bloccare i vendor e i fornitori di contenti e servizi con contratti esclusivi.

 

La proposta indebolirebbe il ‘walled garden‘ che gli operatori usano per incoraggiare l’uso esclusivo dei propri servizi. Google, tuttavia, voleva andare oltre, chiedendo di imporre ai vincitori dell’asta l’obbligo di vendere accesso all’ingrosso su base non discriminatoria.

 

Temendo di apparire troppo Google-friendly, come già denunciavano alcune associazioni industriali, Martin ha dunque sottolineato che “la proposta di apertura dello spettro non è stata fatta per favorire l’ingresso nel mercato wireless di alcuna compagnia”.

Google, ha quindi aggiunto il presidente della FCC, è “contrariata dalla mancata inclusione di un obbligo di accesso all’ingrosso proprio come altri lo sono stati riguardo l’introduzione dell’obbligo di open access”, sostenuta dalla maggioranza dei commissari della FCC.

 

La società di Mountain View, da canto suo, non ha ancora commentato la posizione di Martin, ma difficilmente – secondo molti – rinuncerà alla possibilità di acquisire una porzione di spettro wireless per estendere il suo regno anche alle comunicazioni senza fili.

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