Unione Europea
Associazioni dei consumatori schierate contro l’acquisizione di DoubleClick, uno dei maggiori network della pubblicità online, da parte di Google per 3,1 miliardi di dollari. Dopo gli statunitensi che si sono rivolti alla Federal Trade Commission, adesso anche gli europei chiedono controllo sui rischi di questa transazione per la privacy.
L’accordo in questione permetterebbe a Google di attuare un monitoraggio ancora più estensivo, con conseguenze disastrose per la riservatezza di dati degli oltre 1,1 miliardi di utenti internet.
Ieri il Beuc, a cui fanno capo 40 organizzazioni di consumatori provenienti da una trentina di Paesi dell’Unione, ha chiesto al Commissario Ue per la Concorrenza, Neelie Kroes, di indagare sull’operazione.
Le associazioni hanno espresso in una lettera la preoccupazione che l’accordo “…possa avere un impatto negativo sulla selezione di contenuti online a disposizione dei consumatori e sulla privacy”.
Restano in dubbio due aspetti: concorrenza e riservatezza.
Cornelia Kutterer, legale di Beuc, ha sottolineato che le due società hanno banche dati complementari con informazioni private. Insieme, “…potrebbero creare degli archivi senza confronto”.
Quali rischi quindi per la privacy dei cittadini? Secondo il Beuc tanti.
Il timore è che il motore di ricerca più popolare del mondo, potenzi il proprio dominio nella web search per keyword contando sul potere di DoubleClick nella display advertising, ma anche su quello di YouTube nel settore video.
Anche Altroconsumo fa parte del Beuc, e la lettera è stata inviata per conoscenza anche al presidente dell’Autorità per la garanzia dei dati personali, Francesco Pizzetti, e al presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà.
Nei giorni scorsi, Google è già stata sotto la lente di Bruxelles per via della lettera inviatagli dal gruppo di lavoro ‘Articolo 29‘ , che riunisce i rappresentati degli organi nazionali Ue in materia di privacy. Missiva volta a sottolineare le preoccupazioni legate al fatto che il gruppo di Mountain View memorizza queste informazioni per un periodo di tempo considerato troppo lungo e contrario alle leggi di molti Paesi.
Al centro della polemica innanzitutto quella di costringere gli utenti ad accettare delle condizioni che permettono alla società di conservare e utilizzare un gran numero di informazioni personali per un periodo indefinito, senza chiare limitazioni sull’utilizzo che viene ne fatto e senza l’opportunità di rimuovere i dati quando si decide di non utilizzare più un determinato servizio.
La società – attraverso i profili registrati alla community Orkut – ha poi accesso ad ulteriori informazioni personali degli utenti (hobbies, occupazione, indirizzo, numeri telefonici). Dati conservati anche dopo che l’utente cancella il suo profilo dal sito.
Tutti i risultati di ricerca ottenuti attraverso la toolbar vengono poi registrati e la società ha la possibilità di identificare ogni singolo utente attraverso un cookie che permette di risalire a tutti i movimenti fatti online, senza la possibilità di sapere né per quanto tempo le informazioni vengono mantenute né di essere escluso dalla registrazione.
La società si è difesa sostenendo: “Negli anni abbiamo fatto molto per proteggere le informazioni e la privacy dei nostri utenti: per esempio abbiamo resistito alle pressioni dei governi, abbiamo predisposto i nostri servizi per permettere agli utenti di scegliere tra servizi personalizzati e generali e di vedere e controllare quanti dati condividere con noi”.
Ha quindi annunciato di aver deciso di rendere anonime le informazioni relative alle ricerche effettuate dai propri utenti dopo un periodo massimo di 18 mesi dai precedenti 24.
E’ vero però che adesso l’acquisizione di DoubleClick riapre il dibattito. La storia continua.