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Mercoledì 27 giugno alle ore 18,30 sarà presentato il libro Immagini e linguaggi del digitale: Le nuove frontiere della Mente, di Andrea Granelli e Lucio Sarno, una ricerca promossa da COTEC. Anticipiamo con piacere la prefazione al volume di Riccardo Viale.
L’evento, che si terrà ai Musei Capitolini in Piazza del Campidoglio, sarà presieduto dal ministro Luigi Nicolais e vedrà la partecipazione di Raffaele Barberio (Key4biz), Andrea Gavosto (Telecom Italia) ed Andrea Pancani¤ (La7).
Cosa hanno a che fare i movimenti underground e la riforma della Pubblica Amministrazione in relazione alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione?
Molto di più di quello che si creda.
Quando negli anni Settanta esplode il fenomeno dell’ala creativa dell’autonomia operaia, di cui Radio Alice di Bologna fu l’espressione più evidente, pochi pensavano ad una ricaduta positiva, in senso capitalistico, di quel movimento di radicalismo politico. Invece in quella esperienza si sperimentarono nuovi linguaggi espressivi, nuovi modi di fare informazione, nuovi format radiofonici che furono, successivamente, assimilati dal mondo della comunicazione.
Questo, però, che c’entra con la Pubblica Amministrazione ?
E’ noto da parecchi anni che una delle priorità nella riforma della PA è l’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione al fine di migliorare l’efficienza e l’efficacia del servizio. Da parte di molti si sostiene perfino una riforma “technology driven”, per cui gli oggetti e le procedure della PA dovrebbero essere ridefinite alla luce dei veicoli tecnologici di informazione e comunicazione. Fare ciò significa, quindi, non solo orientarsi sull’utilizzo odierno delle tecnologie già mature. Nascerebbe, in tal modo, solo una riforma vecchia e da riscrivere il giorno dopo. Significa, invece, interrogarsi sulle potenzialità di applicazione e di utilizzo comunicativo di tecnologie che sono allo stato nascente e che solo fra qualche anno potrebbero esprimere tutte le loro potenzialità.
Anticipare, svelare, stanare gli utilizzi espressivi latenti delle nuove tecnologie digitali è qualcosa che può essere realizzato guardando non al cittadino comune, routinario e consuetudinario, ma, al contrario a quello trasgressivo, creativo e fuori dagli schemi culturali prevalenti.
Come è stato nel caso dell’ala creativa dell’autonomia operaia, o dei gruppi della beat generation e del movimento degli studenti di Berkeley dove si sono anticipati ed inventati nuovi modelli culturali ed espressivi, anche in questo caso interrogando esponenti dei nuovi movimenti underground, dei circoli sociali più creativi, della nuova generazione degli “hacker“, delle ultime tendenze della web art e della musica “tecno“, che si può sperare di cogliere cosa bolla nella pentola cibernetica e mediatica.
E’ dalla capacità tipica delle nuove generazioni ed , in particolare, di questi movimenti di andare oltre i tanti confini culturali, emozionali, estetici, ontologici, ma anche legali (si pensi all’ innovazione tecnologica ed istituzionale generata dalla pirateria informatica e dalle invenzioni degli hacker) che si può sperare di scorgere le linee sfumate dell’ orizzonte del nostro rapporto con le nuove tecnologie. Si pensi soltanto alla identità “post-umana” ed artificiale che sembra caratterizzare in modo crescente i giovani di oggi.
Interventi esterni sul corpo (piercing, protesi e tatuaggi), utilizzo diversificato di molecole chimiche nei momenti di socializzazione (dal Sal Popper) ed estensione del proprio io negli avatar della “second life” virtuale stanno cambiando le modalità comunicative, espressive e sociali degli adulti del futuro.
Le risposte che si possono ottenere da questa indagine potranno essere molto utili per anticipare e preparare meglio il nostro domani digitale nella vita quotidiana come nel mondo dei servizi dalla PA, all’istruzione, alla finanza, al commercio, all’offerta culturale, e così via.
La ricerca della COTEC, coordinata da Andrea Granelli e Lucio Sarno ha proprio l’obbiettivo di cogliere cosa ci riserva il futuro a partire dalla diffusione della banda larga e delle tecnologie digitali.
L’originalità di questo lavoro è di non rimanere confinato alle risposte autoreferenziali che vengono solitamente date guardando all’ombelico tecnologico dell’utente medio.
Il tentativo di questo studio è lacerare i sipari concettuali che ci escludono dall’indagine verso l’interno della nostra mente; è la sensibilità antropologica verso stili diversi di utilizzo delle immagini e del linguaggio scritto; è la volontà visionaria di guardare oltre il presente tecnologico con la guida di chi fa della trasgressione culturale il suo credo identitario.
Forse l’idea guida di questo studio è che il vecchio slogan che sia il “medium a fare il messaggio” dovrebbe essere corretto con l’aggiunta “che lo rende fattibile (“feasible“)”. Ci eviteremmo così le tante illusioni nate dagli apriorismi tecnologici naufragati sugli scogli delle peculiarità culturali, emozionali e cognitive della mente umana.
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Immagini e linguaggi del digitale: le nuove frontiere della mente