Italia
“I diritti del calcio contribuiranno a moltiplicare l’offerta e a far crescere nuove piattaforme televisive“.
Questo il primo commento di Paolo Gentiloni, Ministro delle Comunicazioni, dopo l’approvazione definitiva ieri sera, da parte della Camera dei Deputati, del Disegno di Legge Delega “Melandri-Gentiloni” per la gestione dei diritti televisivi del calcio e degli eventi sportivi.
“Non sarà più possibile – ha proseguito Gentiloni – acquistare diritti esclusivi per periodi illimitati e per tutte le piattaforme incluse quelle in cui chi acquista i diritti non può trasmetterli”.
“Il contenuto Tv ‘Premium’ per eccellenza – ha concluso il Ministro delle Comunicazioni – aiuterà così l’apertura del mercato Tv”.
Torna così il sistema di vendita centralizzata dei diritti televisivi del calcio mediante procedure che garantiscano la libera concorrenza tra operatori della comunicazione, con la realizzazione di un sistema equilibrato dell’offerta televisiva free e pay, e con la salvaguardia delle esigenze delle emittenti locali. E’ quanto prevede il Ddl, che delega il governo a varare entro sei mesi un decreto che ripristinerà la contrattazione collettiva dei diritti Tv da parte delle squadre di calcio ma anche degli altri sport professionistici, al contrario di quanto avviene oggi, con il singolo club che vende i propri diritti in base alla contrattazione con le emittenti.
Il testo prevede di ‘sublicenziare’ i diritti acquisiti e non utilizzati, d’accordo con la Lega calcio, a televisioni locali. Questo è il caso, per esempio, dei diritti della serie B acquistati dalla Rai, che per ragioni di palinsesto non ha trasmesso tutte le partite.
Ora è possibile, per le emittenti locali acquistare “a prezzi equi”, sotto il controllo dell’Antitrust, singoli eventi dell’emittente pubblica. Resta il punto di fondo che una Tv non può comprare tutto e poi rivendere, e sarà compito dei decreti applicativi e dell’Antitrust definire come vigilare su questo divieto. Viene poi previsto un maggior sostegno ai campionati minori e ai vivai delle squadre di calcio. E’ demandata alla Figc la disponibilità dei fondi necessari non solo per questo, ma anche per la sicurezza negli stadi in vista delle gestione diretta degli impianti sportivi da parte dei club. La percentuale sarà definita dalla Lega e dovrebbe essere meglio precisata nei decreti attuativi. I proventi dei diritti televisivi del calcio potranno essere assegnati, poi, anche ad altre discipline “non calcistiche”.
All’inizio di gennaio, nella sua indagine conoscitiva sul settore del calcio, l’Antitrust aveva affermato che le squadre italiane sono troppo dipendenti nella loro gestione economica dai diritti televisivi, la cui distribuzione non risponde a criteri mutualistici e aumenta le differenze tra i club
Proseguono intanto i lavori anche per quanto riguarda il decreto di riforma del sistema televisivo pubblico.
Il mese scorso il governo ha approvato il disegno di legge che ha come obiettivo, come ha spiegato lo stesso Ministro Gentiloni quello di mettere la Rai in condizione di competere nella Tv del futuro, recuperando autonomia e diversità dalla Tv commerciale, e offrendo pluralismo e qualità da servizio pubblico.
Ieri in Commissione Lavori Pubblici del Senato, che sta esaminando il Ddl, è stata ascoltata l’Adrai (Associazione dirigenti Rai). E’ venuta fuori una valutazione in chiaroscuro del provvedimento.
Per i dirigenti, bene il tentativo di attenuare il controllo della politica sulla Rai attraverso la creazione di una Fondazione. Ma ribadiscono la loro ferma opposizione a qualsiasi ipotesi di separazione societaria tra reti finanziate dal canone e altre dalla pubblicità.
La delegazione dell’Adrai, rappresentata dal presidente Franco di Loreto, dai vicepresidenti Francesco De Domenico e Franco Modugno e dal Segretario Paolo Del Brocco, ha formulato una valutazione complessivamente positiva sul Ddl Gentiloni, esprimendo, si legge in una nota, “…in particolare apprezzamento per l’intento in esso contenuto di attenuare il controllo diretto della politica sul servizio pubblico. Il nuovo modello di governance della Rai proposto dal Ddl presta forse il fianco a qualche rilievo, ma rappresenta comunque il tentativo sinora più avanzato di dar vita a un assetto in cui il peso della politica sulla Tv pubblica non sia diretto e soverchiante”.
L’associazione dei dirigenti ha invece preso “nettamente” le distanze “da qualunque ipotesi (pure adombrata nel Ddl) di separazione societaria tra reti Tv finanziate solo dal canone e reti Tv sovvenzionate solo dalla pubblicità. I dirigenti Rai hanno osservato infatti, anche rispondendo alle domande di diversi senatori presenti all’audizione, che una separazione societaria, tra l’altro assolutamente non conforme a quanto richiesto in sede di Unione Europea, che si limita ad esigere la separazione contabile, darebbe vita ad uno spezzatino di realtà economicamente non vitali. Si creerebbero quindi le condizioni per una amputazione dal gruppo Rai di una rete televisiva divenuta esclusivamente ‘commerciale’, che tra l’altro in quanto tale non troverebbe alcuna giustificazione all’interno del servizio pubblico”.
Per l’Adrai, “…verrebbe in definitiva messo in discussione il futuro dell’intero gruppo Rai, pregiudicando anche ogni possibilità di recuperare il ritardo che la Rai stessa ha accumulato nel campo del digitale terrestre nel corso degli ultimi anni per carenza di risorse disponibili”.