Italia
Il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ed il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, hanno presentato oggi il Database unico delle frequenze televisive nazionali in Italia che hanno realizzato insieme, sulla base del progetto lanciato a giugno dello scorso anno.
Il Database soddisfa le comuni esigenze del Ministero delle Comunicazioni, che deve aggiornare e rendere fruibile il Registro Nazionale delle Frequenze (RNF) in quanto competente in materia di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze; dall’altro dell’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) tra le cui competenze istituzionali vi è anche la tenuta del Registro nazionale degli Operatori di comunicazione (ROC).
A cosa serve? Il Database è uno strumento informativo unico per dati e procedure che contiene tutte le informazioni riguardo l’utilizzo dello spettro radioelettrico aggiornato in tempo reale (dati di impianto e ricezione). Il Database conferirà maggiore trasparenza al sistema TV in Italia. Secondo il ministero, i principali ambiti di utilizzo dell’archivio unico informatizzato saranno: di tipo tecnico (coordinamenti internazionali,verifiche di compatibilità), di tipo amministrativo (identificazione unica dell’emittente e codice d’identità dell’impianto), a fini statistico-conoscitivi, per evidenziare situazioni di congestione e/o sottoutilizzo della banda, quale ausilio per determinare nuove politiche di gestione dello spettro, infine per poter disporre controlli e verifiche.
In particolare l’iniziativa consentirà di disporre di uno strumento aggiornato sulla situazione di utilizzo delle frequenze, per la verifica dell’efficiente utilizzazione dello spettro radioelettrico ed il miglior uso delle risorse disponibili, oggi particolarmente limitate rispetto alla domanda.
L’ultimo archivio degli impianti frequenze TV esistente presso il Ministero delle Comunicazioni era basato su un censimento del 1990, evidentemente non più adeguato alla reale situazione dell’emittenza TV, con imprecisioni ed incompletezze determinate dalle comunicazioni non sempre congruenti fatte a suo tempo dalle stesse emittenti, dalla discontinuità nell’aggiornamento dei dati nelle fasi successive alle autorizzazioni, dalle modifiche intervenute negli impianti, dalla cessione da un operatore all’altro degli stessi.
In tal senso l’aggiornamento attraverso il Database si è reso necessario nel processo di transizione in corso al digitale, nel quale l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni provvede all’adozione di un piano delle frequenze (una sorta di piano regolatore) aggiornato con i dati del database e compatibile con i risultati della Conferenza di Ginevra, mentre il Ministero delle Comunicazioni cura la successiva assegnazione delle frequenze.
Finalmente ordine nelle frequenze?
“Con questa iniziativa siamo convinti di poter uscire da quella che abbiamo più volte definito come la giungla delle frequenze – ha dichiarato il ministro Paolo Gentiloni – Quanto abbiamo fatto ci assicura un quadro conoscitivo di sintesi degli ultimi 20 anni di gestione deficitaria delle frequenze. E che il quadro del settore fosse confuso e disordinato è stato peraltro anche attestato nel 2004 dall’Antitrust che, volendo intervenire con una ricognizione per eventuali posizioni dominanti nel campo delle frequenze, dichiarò che non era possibile procedere proprio a causa della frammentarietà del quadro di riferimento. Oggi questo quadro di riferimento c’è e rappresenta un patrimonio che andrà costantemente aggiornato, quindi, è l’inizio di una svolta.”
Quali gli obiettivi?
“Tre gli obiettivi principali – ha proseguito Gentiloni – innanzitutto l’allineamento dell’Italia alle decisioni di Ginevra dello scorso anno, secondariamente una gestione dello spettro coerente con le esigenze della transizione televisiva dal sistema analogico a quello digitale, infine, l’individuazione di situazioni concrete e localizzate di congestione delle frequenze o di loro sottoutilizzazione“.
Cos’è accaduto sino ad ora?
“Negli ultimi venti anni si è proceduto con autodichiarazioni delle aziende in base alla legge Mammì fatte tutte o quasi su supporto cartaceo, raccolte presso i sedici uffici comprensoriali di riferimento, quindi anche con uno scarso livello di centralizzazione. Al contrario, oggi, disponiamo di dati unitari informatizzati, e coordinati con l’AGCOM ed il suo ROC (Registro degli Operatori di Comunicazione). Naturalmente la disponibilità del formato digitale ci consente un aggiornamento costante in tempo reale“.
E cosa emerge da questo quadro?
“Emerge – ha continuato Gentiloni – un patrimonio di 629 emittenti, 10 multiplex digitali ed il numero esatto degli impianti di frequenza, che per semplificazione dichiariamo qui in forma arrotondata, nella misura di poco meno di 24.380, di cui 20.500 di tipo analogico. Va però specificato che il numero degli impianti da solo rappresenta una faccia della medaglia e non dice tutta la verità. Gli impianti vanno infatti classificati per numerosità ma contemporaneamente per livello di potenza emessa, che dà il grado di copertura territoriale”.
Quali le discordanze tra il Ministero e l’Agcom nel Database?
“In generale, l’88% dei dati in possesso del Ministero e dell’Agcom sono perfettamente allineati, ma la percentuale sale al 97%, se si considerano gli impianti più significativi ovvero quelli con potenza superiore a 250 watt. Il che vuol dire che solo il 12% dei dati non risulta coincidente e questa percentuale di discrepanza scende al 3% per gli impianti significativi”.
Quali misure per eliminare queste discrepanze?
“Sui dati non coincidenti Ministero – ha concluso Gentiloni – Agcom e Polizia postale faranno verifiche congiunte. Ma quel che conta è che disponendo ora di un Database di partenza, possiamo perfezionare il tutto con nuovi dati e assicurare l’attualizzazione dinamica delle situazioni territorio per territorio dai cambi di proprietà fino ai passaggi dall’analogico al digitale. In questo senso l’obiettivo sostanziale è l’allineamento alla realtà degli altri paesi europei, facendo in modo che regolatori, imprese e consumatori possano confrontarsi meglio”.
E’ quindi intervenuto Corrado Calabrò, Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni)
Come si è rivelata la collaborazione tra Ministero delle Comunicazioni ed Agcom?
“Ministero delle Comunicazioni e Agcom – ha dichiarato Calabrò – rappresentano la due gambe del Database che oggi presentiamo, due gambe complementari perché in assenza di una delle due non avremmo potuto fare ciò che abbiamo fatto. Questo conferma anche un principio di sintonia, un cambio di registro nel nostro reciproco operato. Esso rappresenta, infatti, un metodo nuovo, se si considerano gli ultimi 20 anni di mancato aggiornamento del registro delle frequenze del Ministero delle Comunicazioni“.
Occorre fare in modo che non si ripetano i guasti del passato e chele regole vengano rispettate…
“Le frequenze, lo dico a bassa voce ma non con voce sommessa – ha proseguito Calabrò – sono un bene delle collettività, appartengono allo Stato e l’attività di panificazione e di riordino consentirà una razionalizzazione nelle assegnazioni. Ciò che più conta, ora, sarà il momento delle verifiche con apposite ispezioni, che per essere efficaci dovranno essere repentine ed inattese. Naturalmente il mio appello è che l’intensificazione delle ispezioni registri un più alto livello di controlli congiunto tra Ministero ed Agcom. Quindi la prima cosa da fare è mettere in cantiere un preciso piano di ispezioni a tutti gli impianti a partire da quelli cha rappresentano casi di maggior criticità”.
“Il cambio di registro di cui parlavo prima – ha sottolineato Calabrò – è sotto gli occhi di tutti. In passato abbiamo assistito a vere e proprie occupazioni di frequenze da parte di imprese di settore seguite da mere prese d’atto da parte del Ministero delle Comunicazioni. Oggi occorre verificare quali siano le frequenze ridondanti e procedere alla loro rassegnazione”.
Quanto durerà il tempo delle verifiche?
“Ci aspetteranno mesi di controlli a tappeto che, credo, potremmo completare entro l’anno – ha concluso Calabrò – poi si passerà alla riassegnazione, naturalmente attraverso gara, per evitare eventuali ricorsi al TAR. A fronte di 20 anni di inerzia 6 o 7 mesi non sono tanti e credo che il passo possa essere mantenuto. A questo proposito vorrei considerare come Mediaset abbia già adeguato parte degli impianti, mentre la RAI, che ha scelto inizialmente la via dell’opposizione al Tar, per poi perdere, ha oggi dichiarato un atteggiamento di piena disponibilità . Tutto ciò lascia ben sperare che si possa giungere ad un riordino armonico.
SCHEDA TECNICA SUL DATABASE FREQUENZE TV
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Le frequenze che sono utilizzate per il servizio di radiodiffusione televisiva sono comprese nella banda centrata sui 50 MHz (detta banda I VHF) quella centrata sui 200 MHz (detta banda III VHF, condivisa con la radiodiffusione digitale) e quelle centrate sui 500 e 700 MHz (dette banda IV e V UHF).
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Attualmente le frequenze vengono usate per la radiodiffusione televisiva, sia in tecnica analogica che in tecnica digitale.
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Sono presenti sia operatori del servizio pubblico che del servizio privato; questi ultimi gestiscono reti sia a livello nazionale che a livello locale (in genere regionale o provinciale).
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Ciascun impianto irradia i segnali su un’area che può andare da uno o più piccoli comuni alle grandi aree metropolitane, in dipendenza della posizione, della potenza e dell’orografia del territorio.
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Più impianti che trasmettono lo stesso programma costituiscono le reti che possono realizzare coperture che vanno dalla provincia, alla regione all’intero territorio nazionale.
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Nei decenni passati sono intervenute una serie di modifiche agli impianti dovute a interventi per assicurare la compatibilità (eliminazione di situazioni interferenziali), a interventi di modifiche imposti dai tribunali civili a seguito di contenzioso tra emittenti, a cessioni di rami di aziende o di singoli impianti o di intere emittenti. Prima della realizzazione del Database, per il Ministero delle Comunicazioni questa mole di dati era disponibile unicamente su supporto cartaceo.
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Di recente si sono moltiplicate le cessioni di frequenze a seguito della norma che consente la compravendita delle stesse a patto che chi acquista trasformi l’impianto in digitale.
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Molte emittenti hanno trasformato parte dei loro impianti dalla tecnologia analogica a quella digitale.
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Le informazioni sui cambi avvenuti sono in possesso, in larga parte, degli Ispettorati Territoriali cui spetta il compito di autorizzare le modifiche agli impianti. Un’importante attività svolta nella costituzione del Database è stata quella di recuperare tali informazioni da tutti i vari ispettorati e centralizzarle nel nuovo archivio informatico centralizzato del Ministero delle Comunicazioni.
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Le verifiche tecniche sul territorio vengono effettuate dalle dipendenze regionali del Ministero (gli Ispettorati Territoriali in numero di 16) che utilizzano laboratori di misura mobili attrezzati con strumentazione in grado di verificare le coperture e le eventuali situazioni interferenziali.
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Tali verifiche vengono svolte anche mediante strumenti informatici che, sulla base delle caratteristiche tecniche degli impianti e delle caratteristiche orografiche del territorio, sono in grado di rappresentare con “mappe di servizio” l’estensione delle aree di servizio.
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In Italia, come in tutti gli altri paesi Europei, sono state date concessioni sulla base di un Piano Nazionale di assegnazione delle frequenze analogiche (1998). In Italia tale piano, elaborato dall’Autorità con la collaborazione del Ministero delle Comunicazioni, non è stato però attuato.
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Nel 2003 è stato predisposto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni anche un piano nazionale di assegnazione delle frequenze digitali. Anche questo non attuato.
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Esiste infine un piano internazionale di assegnazione delle frequenze digitali radio-TV approvato a Ginevra a giugno del 2006, al quale anche l’Italia dovrà uniformarsi.
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La coerenza delle reti con Piani di Assegnazione ordinati ed il fatto che gli impianti in esercizio siano tutti registrati sul “Registro Mastro” delle Frequenze (gestito dall’ITU) rende, per gli altri Paesi, più agevole e assolutamente naturale, tenere un archivio aggiornato delle frequenze e degli impianti televisivi. Al contrario, la mancata attuazione del Piano Analogico (1998) e del Piano Digitale (2003) e le successive sanatorie dell’esistente sulla base del “generale assentimento” hanno reso molto difficile, nel nostro Paese, la ricostruzione dell’effettiva configurazione delle reti televisive. Oltre a rendere impossibile, elemento molto grave, per il Ministero, la registrazione degli impianti italiani nel “Registro Mastro ITU” di Ginevra.