Europa
Non saranno più 30, ma al massimo 28 i satelliti che comporranno il sistema di radionavigazione satellitare europeo Galileo, dopo il forfait dei contractor privati che si erano aggiudicati la concessione.
A riferirlo è stato il direttore generale di Finmeccanica, Giorgio Zappa nel corso dell’assemblea degli azionisti del gruppo, che faceva anch’esso parte del consorzio concessionario insieme ad AENA, Alcatel, EADS, Hispasat, Immarsat, TeleOp e Thales.
Nonostante il dietrofront del settore privato, che ha non ha voluto farsi carico del 100% dei rischi e dei debiti, la Ue non intende rinunciare all’ambizioso progetto, che dovrebbe affrancare l’Europa dalla dipendenza dal sistema americano GPS e creare almeno 150 mila posti di lavoro specializzati, né dilatare ulteriormente i tempi col rischio di sprecare altre risorse economiche.
Preso atto che sarà il settore pubblico a farsi carico della realizzazione dell’infrastruttura di Galileo e quello privato a occuparsi della gestione dei servizi commerciali, bisogna dunque andare avanti.
L’Italia, ha spiegato ancora Zappa, sarà il terzo Paese per investimenti nel sistema e punta anche a che la sede centrale per la gestione del sistema venga realizzata nel nostro Paese.
La situazione, certo, è intricata: oltre al miliardo di euro già stanziato, servono altri 2,4 miliardi da far uscire dall’attuale bilancio 2007-2013.
Ma oltre alla questione economica bisognerà ricucire i rapporti estremamente contrastati tra i vari governi europei, tutti in prima fila a reclamare il posto d’onore, mentre si spreca tempo prezioso che gli altri – vedi Usa, Russia e Cina – stanno impiegando per aggiornare o mettere a nuovo i propri sistemi.
Mentre infatti gli Usa se la ridono sotto i baffi e lavorano al GPS III, la Cina è impegnatissima nello sviluppo di un sistema alternativo – battezzato ‘Beidou‘ – composto da 35 satelliti e che dovrebbe essere operativo già dal 2008, come doveva esserlo Galileo secondo i progetti iniziali e la Russia sta lavorando con l’India per rimettere in sesto i 21 satelliti del sistema Glonass.
La maggiore imputata di questo ritardo è la Spagna: sono in molti, in questi i giorni, a puntare il dito contro la Hispasat, che chiede che almeno due dei centri di controllo del sistema siano piazzati in Spagna e si scaglia contro il ruolo di maggior peso assegnato a Francia, Gran Bretagna e Italia.
Si è inoltre creata una situazione di scontro tra Stati ‘militaristi’ (francesi in testa) ed ‘anti-militaristi’ (inglesi), cioè fra quelli che prospettano un utilizzo anche militare di Galileo (fermo rimanendo il controllo civile) e quelli invece che non ne vogliono sentir parlare.
Tutto ciò ha creato un clima di divergenza che certo non giova a nessuno, né all’industria, né alla politica, con la conseguenza di trasformare quello che doveva essere il fiore all’occhiello dell’industria europea in un nuovo fallimento o tutt’al più in un sistema che arriverà tardi, quando quelli degli altri Paesi saranno già in una fase di sviluppo tale da farci fare la solita figura degli ultimi arrivati.