Stati Uniti
Reuters ha accettato l’Opa della canadese Thomson da 8,7 miliardi di sterline (circa 12,8 miliardi di euro). La conferma arriva da una nota congiunta dei due gruppi. L’operazione, che consentirà risparmi dei costi annuali legati a sinergie per oltre 500 milioni di dollari, darà il via al leader mondiale del settore dell’informazione finanziaria davanti all’americano Bloomberg.
L’operazione, che Thomson finanzierà con i propri mezzi, è resa possibile grazie al sostegno della Reuters Founders Share Company, guardiano dell’indipendenza editoriale del gruppo e in grado di bloccarne l’acquisto grazie a una golden share che gli garantisce il 30% dei diritti di voto in assemblea. La nuova unità sarà quotata alle Borse di Toronto e Londra, guidata dal CEO di Reuters, Tom Glocer, mentre il presidente di Thomson, Richard Harrington, andrà in pensione. Il neonato gruppo avrà in mano il 34% dell’informazione finanziaria mondiale contro il 33% in mano a Bloomberg.
La formalizzazione è naturalmente legata agli attesi pareri delle competenti Autorità antitrust europee e americane. La transazione prevede che Thomson paghi 352,5 pence per ogni azione Reuters, più 0,16 pence di una nuova azione del nuovo gruppo per ogni azione Reuters attualmente detenuta, il che valorizza il gruppo britannico a 8,7 miliardi di sterline sulla base dei prezzi delle azioni Thomson della vigilia e del tasso di cambio tra il dollaro canadese e la sterlina. Le due società hanno anche sottolineato che l’integrazione è legata a “…un’iniziativa e a una logica naturali che creeranno un leader mondiale dei servizi dell’informazione elettronica, dei sistemi di trading e delle notizie”. Woodbridge, la holding della famiglia Thomson che attualmente ha in mano il 70% di Thomson, deterrà il 53% del nuovo gruppo e Reuters circa il 24%. Thomson conta circa 32mila addetti al mondo e un fatturato che nel 2006 era pari a 6,6 miliardi di dollari Usa. Alla Borsa di Londra i titoli Reuters, in avvio, segnano un rialzo del 2,52% a 620,78 pence.
Proseguono intanto anche le trattative per un’altra operazione di eccellenza, quella che riguarda la scalata di Rupert Murdoch a Dow Jones, società proprietaria del Wall Street Journal.
Secondo le ultime informazioni, riportare dal Financial Times, alcuni membri della famiglia Bancroft intendono incontrare il magnate australiano dei media per discutere della sua offerta da 5 miliardi di dollari.
Per il quotidiano inglese, mentre alcuni membri della famiglia Bancroft, che controlla il 64% dei diritti di voto del Dow Jones, hanno rigettato l’offerta di Murdoch, altri avrebbero espresso il loro interesse a incontrare il presidente della News Corp.
Alcuni azionisti avrebbero quindi accolto positivamente la richiesta contenuta nella missiva 1.200 parole ai membri della famiglia Bancroft, per convincerli a prendere in considerazione la sua proposta e chiedere un incontro.
L’opposizione al raggiungimento di un accordo si spiega con il timore che Murdoch possa cambiare quella che reputano un’integrità editoriale, specie delle pubblicazioni che fanno capo a Dow Jones. Tuttavia, non tutti i Bancroft sarebbero così contrari. Alcuni vorrebbero almeno incontrare Murdoch e discutere i termini dell’offerta.
“…Non è chiaro se sono fortemente contrari all’offerta (…) o se desiderano semplicemente premere per una proposta più alta“, ha commentato Brian Shipman, analista di UBS.
L’approccio del magnate dei media è ancora soft, ma si susseguono le voci, nonostante le smentite ufficiali, che sarebbe pronto un rilancio del prezzo. Per il Sun di New York, in particolare, ipotizza un rialzo dagli attuali 60 unitari a quota 70 dollari per azione.
Al momento il magnate australiano non si è sbilanciato e nella lettera si è limitato a scrivere: “Accoglierei con favore la possibilità di incontrare i membri della famiglia, il consiglio di amministrazione e la squadra manageriale per analizzare la proposta nei dettagli“.
Come riportato dal Wsj, la missiva è stata inviata sabato e consegnata ieri mattina ai Bancroft. Non si tratta solo di generiche promesse: Murdoch ha promesso di assegnare un posto nel Cda composto da 15 membri di News Corp a un membro della famiglia proprietaria di Dow Jones nel caso in cui l’affare andasse in porto.
Ha inoltre scritto che uno dei suoi obiettivi sarebbe assicurare l’integrità editoriale delle testate del gruppo, anche attraverso la creazione di un comitato indipendente. Descrivendo se stesso come “…un uomo perfetto per i quotidiani“, il magnate australiano ha assicurato che “…l’integrità editoriale sarebbe di estrema importanza per me”.
Lo stesso Wsj definisce il tycoon un uomo “tenace e paziente“, facendo riferimento a mezzo secolo di accordi che Murdoch ha concluso in tutto il mondo, non ultimi i gradi sforzi per entrare nel mercato della televisione italiana, dove controlla Sky.
Prima, ha scritto il quotidiano, “…ha messo gli occhi su Mediaset. Successivamente, ha proceduto all’acquisizione e alla successiva fusione di alcuni piccoli asset, creando Sky Italia, la propria emittente satellitare, superando l’opposizione politica e delle Autorità di regolamentazione per ottenere l’approvazione dell’accordo. Ha successivamente tentato anche di aggiungere una quota di Telecom Italia al suo impero, ma l’accordo è stato rigettato per preoccupazione verso un assetto proprietario straniero”.
Nel frattempo, ha precisato il quotidiano americano, “…Sky Italia è diventata una delle piattaforme televisive a pagamento più importanti dell’Europa”.