Italia
“…Sky non si è mai sottratta dal sostenere il cinema di questo Paese. Ha investito nell’ultimo anno 37 milioni nel cinema italiano e ha destinato 54 milioni di euro a produttori e distributori italiani”. E’ quanto ha dichiarato Tullio Camiglieri, direttore comunicazione e relazioni esterne Sky Italia, in relazione alle proposte per una nuova legge sul cinema.
In occasione dell’audizione in Commissione Cultura al Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul cinema e lo spettacolo dal vivo, Camiglieri ha fatto il punto sull’impegno dell’emittente satellitare nel mercato cinematografico, rispondendo indirettamente al Ministro dei Beni culturali, Francesco Rutelli, che all’assemblea dei cineasti sulla legge per il cinema ha detto che “…Sky dovrà fare molto di più…”.
Camiglieri ha spiegato che: “…Il vecchio modello di finanziamento del cinema italiano ha fallito sotto tutti gli aspetti”.
Il manager della Pay TV ha anche criticato l’idea del “prelievo di scopo” di cui ha parlato il vicepremier. Per Camiglieri una tassa di questo tipo colpirebbe “…duramente chi già investe nel cinema. La cosiddetta tassa di scopo – ha detto – come scopo avrebbe soltanto quello di finanziare film fino ad oggi sonoramente bocciati dal mercato, costringendo gli operatori a riacquistare un prodotto che il pubblico ha già ritenuto non all’altezza”.
Ha inoltre criticato la tendenza a rifarsi, per la nuova legge sul cinema, al modello francese. In una platea fatta di 300 milioni di potenziali spettatori, accanto a un prelievo fisso, il sistema francese prevede “un potente sistema di incentivo fiscale e rigidissime regole sugli orari di trasmissione dei film”.
“…I ‘tetti’ massimi previsti in Francia per la trasmissione di film in Tv, costringerebbero più di un network italiano a stravolgere i propri palinsesti, se non a chiudere i battenti. Se si continua a far riferimento al sistema francese solo guardando al indubbio fascino esercitato dall’ampiezza del Fus di quel Paese si stravolge non solo il modello economico proposto, ma anche e soprattutto la verità dei fatti”.
Per il direttore, necessario allora che “…lo Stato favorisca l’accesso al credito a tassi agevolati, promuova il cinema italiano all’estero, si adoperi perché‚ operatori stranieri vengano a investire nel nostro Paese, si impegni per la detassazione del lavoro delle maestranze del cinema, investa nelle scuole di formazione (l’unica esistente risale ai tempi del cinema in bianco e nero), e lasci soprattutto il mercato ad una libera contrattazione tra produttori, distributori e operatori televisivi che premi finalmente chi merita”.
“…Il cinema italiano – ha osservato polemicamente – è sovvenzionato da soldi pubblici da oltre 40 anni. Il quadro normativo è stato modificato quattro volte ma i risultati ottenuti al botteghino dai film finanziati dallo Stato sono semplicemente disastrosi. Centinaia e centinaia di film sono risultati autentici flop: non di rado queste pellicole non sono state neppure distribuite nelle sale. Lo Stato, dall’85 ad oggi, ha perso qualcosa come 2 miliardi e 170 milioni di euro nel settore”.
Per la sola produzione, ha aggiunto, ha stanziato, a fondo perduto, circa 870 milioni. “…Staremmo parlando di prestiti, cioè soldi da restituire, quando l’incasso pareggia l’investimento, per poi essere rimessi in circolo. Ma nei fatti, un film su cento ha saldato il debito”.
Sky, ha assicurato il manager, “…è da sempre favorevole a un mercato regolato da reali logiche di libera concorrenza tra gli operatori. Suona quantomeno paradossale la richiesta di ‘spoliticizzare’ il cinema, se, contestualmente, si pensa di affidare questa ‘rivoluzione’ a una Commissione di nomina governativa che riproporrà sempre ed esclusivamente logiche politiche”. L’intervento pubblico “viene buttato fuori dalla porta quando si tratta di reclamare autonomia e piena indipendenza, ma rientra dalla finestra quando è il momento di fare cassa”.
Si sostiene che “…la richiesta di trasmettere film al di sotto di 20 mila presenze in sala suona come un insulto non tanto a chi ha il compito di scegliere il meglio per il pubblico, quanto al pubblico stesso”.
“…Non si capisce secondo quali logiche si possa infatti imporre a una Tv, a pagamento, o meno, di trasmettere film brutti, già bocciati dal pubblico. A meno di non voler introdurre l’obbligo di assistere a uno spettacolo ‘per legge’, sarebbe forse il caso di iniziare ad accettare davvero le regole del mercato”.
Sull’argomento è intervenuto anche il sindaco di Roma, Walter Veltroni, durante la presentazione in Campidoglio delle candidature dei premi David di Donatello 2007.
“…La condizione industriale del cinema – ha detto Veltroni – è un problema ancora aperto: le televisioni dovrebbero avere la responsabilità di partecipare allo sviluppo dell’industria culturale e cinematografica”.
“…Il fatto che si investa su film e fiction – ha sottolineato il primo cittadino – e si smetta di acquistare format dall’estero dovrebbe far parte della storia della Tv italiana. Quando la Rai produceva film, come quelli di Fellini e Rossellini, ha pesato nella storia dell’industria cinematografica”.
Così fu quando, ha ricordato Veltroni concludendo, “…introducemmo l’obbligo per le Tv pubbliche e private di produrre fiction, che presero il posto di molte soap opera e format stranieri, riabituando il nostro pubblico ai film italiani”.