Italia
“…Se non è vero, come mi fa notare l’amico Morri, che il Ddl Gentiloni è morto, è sicuramente vero che dopo i rilievi della Commissione europea si trova in coma profondo”. E’ con queste parole che il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Mario Landolfi, ha risposto ai commenti rilasciati dal capogruppo dell’Ulivo in Vigilanza.
Landolfi ha sottolineato che “…bisogna rendersi conto che non spetta ai Governi imporre limiti allo sviluppo delle Imprese soprattutto quando, come nel caso del provvedimento in questione, si isola un’unica voce del mercato che si intende regolare”.
“…Queste elementari verità – ha aggiunto Landolfi – sono state autorevolmente ricordate dal presidente dell’Autorità Antitrust, Antonio Catricalà, dal senatore Debenedetti e, molto più modestamente, dal sottoscritto. In realtà, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.
Fabrizio Morri ha risposto alle dichiarazioni di Landolfi che, dopo le precisazioni della Commissione europea, ha parlato di decreto ormai morto.
“L’onorevole Landolfi – ha detto ieri Morri – è padronissimo di considerare defunto il Ddl Gentiloni di riforma radiotelevisiva, ma non può dire menzogne. L’Europa non ha affatto ‘bocciato’ la riforma, ma ha fatto delle osservazioni che, certamente, Governo e parlamento esamineranno con la dovuta attenzione”.
“Quello che è certo – ha aggiunto – è che l’Europa ci ha messo in mora ed ha avviato una procedura d’infrazione contro il nostro Paese, per via della Gasparri, e questo Landolfi lo sa. Così come sa che la riforma radiotelevisiva è necessaria per aprire il mercato a più soggetti, per ampliare il pluralismo, ma anche per fermare una procedura di infrazione assai onerosa per l’Italia, della quale è responsabile il centrodestra”.
Giorgio Merlo, vicepresidente della Commissione di Vigilanza, considera il Ddl Gentiloni “…uno dei pilastri riformatori del Governo di centrosinistra. Senza una forte inversione di tendenza nel settore delle telecomunicazioni, il nostro Paese è destinato a convivere con un’insopportabile anomalia che pesa come un macigno nel cammino della nostra democrazia. Capisco l’indignazione della destra e la voglia di non modificare nulla per consolidare lo status quo ma le ragioni del cambiamento, del pluralismo, di una maggior libertà dell’informazione, di un più forte e qualificato accesso al settore e di attenuare l’attuale monopolio, non possono attendere solo per non disturbare gli attuali detentori del comparto delle tlc”.
Nel ribadire che non c’è finalità persecutoria, Merlo ha detto anche che l’iter della riforma delle tlc “…non può subire un ulteriore stop nel rispetto, naturalmente, di tutte le indicazioni e dei suggerimenti che provengono dall’Unione europea. Sarebbe curioso che proprio il centrosinistra dovesse prendere atto che nel nostro Paese tutto è riformabile, tutto è modificabile in chiave liberale e progressista, tranne il comparto delle comunicazioni che devono essere saldamente in mano a un duopolio intoccabile”.
Merlo ha, quindi, sottolineato che “… la Legge Gasparri , con buona pace di chi vuole lasciare le cose come stanno, sarà modificata profondamente a vantaggio del settore, della concorrenza e dei sacrosanti principi liberali che nel comparto delle tlc hanno, tutt’oggi, poca cittadinanza”.
Diversa l’opinione di Paolo Romani, vicepresidente del gruppo di Forza Italia alla Camera, dell’avviso che “…Il fatto che sia stato il Ministro dei Rapporti con il Parlamento a rispondere oggi (ieri per chi legge, ndr) in Aula e non il responsabile delle Comunicazioni la dice lunga sull’evidente imbarazzo del governo per le pesanti contestazioni dell’Unione Europea al disegno di legge Gentiloni sul riordino del sistema radiotelevisivo”.
In una nota, Romani ha anche evidenziato: “…visto che il Governo fa orecchie da mercante e nega anche l’evidenza è opportuno che la missiva di Bruxelles venga immediatamente messa a disposizione del Parlamento in modo che siano chiare la qualità e l’importanza dei rilievi. Le contestazioni dell’Europa riguardano, infatti, il cuore del disegno di legge Gentiloni, quel tetto del 45% alla raccolta pubblicitaria già criticato dal Presidente dell’Autorità alla Concorrenza nelle settimane scorse”.
L’esponente di Forza Italia ha aggiunto anche che “…non è assolutamente credibile la difesa del Governo che si aggrappa alla transitorietà della norma. Un blocco di cinque anni alla possibilità di crescita di aziende che garantiscono elevati livelli occupazionali significa demolire le aziende stesse, renderle deboli e non in grado di affrontare la sfida internazionale”.
“…A questo punto, se il Governo non vorrà tenere conto delle contestazioni italiane ed europee e proseguirà imperterrito con il testo del provvedimento senza alcuna modifica sarà ancora più chiaro – ha concluso Romani – che il disegno di legge non ha nulla a che vedere con una razionale riforma del sistema radiotelevisivo ma molto a che fare con una operazione di killeraggio politico”.
Dopo le notizie apparse sulla stampa nazionale, la Ue è intervenuta per spiegare meglio la propria posizione.
“…Non è vero che abbiamo dato una forma qualunque di approvazione” alla legge Gentiloni sul riordino del sistema televisivo. Così Jonathan Todd, portavoce dell’Antitrust europeo, ha ridimensionato le voci circolare in Italia secondo cui il testo avrebbe ottenuto il via libera da Bruxelles.
“…Non è vero – ha spiegato Todd – che abbiamo approvato il disegno di legge. Lo faremo solo quando sarà finalizzato e ci verrà spedito”.
Il portavoce del Commissario Ue per la Concorrenza, Neelie Kroes, ha sottolineato come sia “…positivo che le Autorità italiane prendano sul serio le preoccupazioni espresse nella lettera di messa in mora” del 19 luglio 2006, quando è stata avviata la procedura d’infrazione nei confronti della Legge Gasparri.
“…Il 12 aprile – ha proseguito Jonathan Todd – abbiamo inviato una lettera (firmata dal direttore generale della direzione Concorrenza Philip Lowe, ndr ) in cui abbiamo spiegato che le valutazioni sarebbero state fatte sulla versione finale. L’impressione che abbiamo dato la nostra benedizione è sbagliata”.
La Commissione Ue ha, quindi, preso tempo sulla valutazione del Ddl Gentiloni, espresso soddisfazione sul modo in cui il Governo ha finora gestito i rilievi dell’Antitrust Ue, ma sottolineato che la disposizione del tetto massimo del 45% dei ricavi pubblicitari “…non è destinata a eliminare le riserve espresse” nella lettera di messa in mora del luglio 2006.
Il Ministero delle Comunicazioni ha, intanto, risposto alle osservazioni espresse dalla Ue nella lettera del 6 aprile di Philip Lowe.
Dopo aver preso atto con soddisfazione della “valutazione complessivamente positiva formulata sui contenuti” del Ddl Gentiloni, il Ministero ha annunciato anche alcune modifiche che potrebbe apportare, eventualmente anche con emendamenti, alla legge in discussione ora alla Camera.