Brevetti e software: la Corte Suprema dà ragione a Microsoft. Nessuna violazione dei brevetti di AT&T

di Raffaella Natale |

Stati Uniti


Microsoft

Con una schiacciante maggioranza, sette voti a favore contro uno,  la Corte Suprema ha dato ragione a Microsoft contro AT&T che rivendicava la violazione di un brevetto tutelato negli Usa e anche all’estero, attraverso il quale si ha la conversione digitale delle parole in codici di computer.

 

Microsoft, che nella linea difensiva ignorava di violare la tecnologia della compagnia, eccepiva il fatto che la tutela della normativa Usa potesse essere estesa all’estero, mentre il colosso americano delle tlc chiedeva il risarcimento danni per ogni software spedito all’estero dal gruppo di Redmond con la tecnologia incriminata.

L’Alta Corte ha dato ragione a Microsoft, aprendo un precedente positivo a favore della società fondata da Bill Gates, alle prese con altri problemi legali in materia di brevetti utilizzati all’estero.

 

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal online, il verdetto sancisce che le leggi sui brevetti valgono solo all’interno dei confini degli Stati Uniti.

“…Se AT&T vuole tutelare i propri brevetti all’estero allo stato attuale delle cose deve lavorare sul rafforzamento del valore di questi fuori dal Paese“, ha dichiarato il giudice Ruth Bader Ginsburg.

 

Come accade qualche volta, la Corte Suprema ha ribaltato la sentenza emessa nel 2005 da una Corte d’appello federale di Washington, specializzata in cause sui brevetti, che aveva stabilito che Microsoft era tenuta a risarcire AT&T per aver integrato a Windows uno dei suoi brevetti per il riconoscimento vocale. AT&T reclamava quindi una percentuale sulle vendite di Windows sul mercato americano ed estero.

 

La società di Bill Gates, appoggiata dal Governo americano, ha fatto valere che una decisione contro il gruppo avrebbe spinto le aziende impegnate nell’innovazione a spostare i centri di ricerca fuori dagli Stati Uniti.

 

Nel 2004, Microsoft aveva concluso un accordo con AT&T sulle vendite negli Usa, ma aveva fatto appello alla Corte Suprema per quanto riguardava le vendite internazionali.

Una condanna gli sarebbe costata, secondo l’avvocato di settore George Best di Foley & Lardner, “forse più di 1 miliardo di dollari“.

 

La legge americana sui brevetti normalmente si applica solo alle vendite americane, ma riguarda le vendite all’estero se le aziende esportano dagli Stati Uniti una “componente” illegale e la integrano a un prodotto finito. AT&T sosteneva che questo era il caso delle vendite del sistema operativo Windows, installato sul 95% dei computer venduti nel mondo.

 

Ma la Corte ha ritenuto che un software è un prodotto immateriale e non una “componente” integrabile a un prodotto finito. In più, il software Windows all’estero è installato su delle copie del disco originale di Microsoft e secondo la Corte non si tratta di “esportazioni provenienti dagli Usa“.

 

Se AT&T vuole proteggere i propri software all’estero, deve depositare i brevetti e farli rispettare in quei Paesi, ha concluso la Corte, ammettendo “…un vuoto giuridico favorevole ai produttori di applicazioni (…) che spetterà al Congresso colmare se lo reputerà necessario”.  

 

 La Business Software Alliance (BSA) si è detta soddisfatta di questa decisione che “ristabilisce l’equilibrio nel sistema di protezione dei brevetti” e “la motivazione delle aziende di software per condurre le loro ricerche negli Stati Uniti”.

Microsoft ha considerato la sentenza “…importante per tutto il settore delle tecnologie dell’informazione” che “…sostiene un sistema di brevetti che funzioni”.

Il gruppo è anche convinto che questa decisione rafforzerà la propria posizione nelle altre cause in corso che, reputa, saranno riviste in funzione di questa sentenza della Corte Suprema.

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