Italia
Ha colto l’occasione dell’Assemblea degli azionisti Pirelli Marco Tronchetti Provera per togliersi qualche sassolino dalla scarpa in merito alla vicenda Telecom Italia – e a tutte le sue sfaccettature – mentre per il futuro assetto azionario della società questa potrebbe essere una settimana cruciale.
Innanzitutto, il patron di Pirelli ha ribadito il suo no all’ipotesi di una scissione della società nell’ambito del riassetto azionario di Telecom Italia. Sarebbe questa una soluzione inaccettabile poiché creerebbe disomogeneità tra gli azionisti, mentre – ha sottolineato – “qualsiasi operazione deve essere fatta a tutela degli interessi della totalità degli azionisti, non ci devono essere privilegi per nessuno”.
Tronchetti Provera si è quindi lamentato della superficialità dei commenti resi in merito ad argomenti molto delicati come la separazione della rete – non solo quella Telecom – le scatole cinesi, le regole dell’economia, sui quali molti rappresentanti delle istituzioni e del mondo imprenditoriale hanno usato “luoghi comuni, demagogia e toni da campagna elettorale”.
“Le aziende – ha aggiunto – non sono luoghi per l’aggregazione del consenso politico. Richiedono competenze e tavoli su cui si discuta su temi seri”.
Al contrario, politica e imprese hanno dimostrato uno scarso livello di maturità, non rispettando una il ruolo dell’altra, proprio in un momento in cui servirebbe “collaborazione per modernizzare il Paese, rafforzando il sistema delle regole e la trasparenza”.
In merito all’eventualità – circolata sulla stampa – di una cordata italiana prossima all’acquisizione della quota di maggioranza di Olimpia, Tronchetti Provera dice di “aver appreso la notizia sui giornali” e si augura che arrivino presto “offerte interessanti da parte di investitori in grado di dare un contributo allo sviluppo di Telecom”.
Il patto Pirelli ha assicurato poi, “è solido” e ogni scelta di è stata presa senza contrasto, tranne che per qualche “divergenza di opinione”.
A questo proposito, Tronchetti torna sul caso Guido Rossi, sottolineando che il manager non è stato certo cacciato via, ma sostituito da una persona – Pasquale Pistorio – con competenze industriali più adeguate alla fase delicata vissuta dall’azienda, che al momento ha bisogno soprattutto di stringere alleanze internazionali. Proprio quelle che Rossi avrebbe, secondo i suoi detrattori, ostacolato.
Ma su questo argomento, Tronchetti glissa, parlando piuttosto di “pressioni mediatiche” che hanno compromesso le trattative con diversi attori – da Rupert Murdoch a Telefonica, fino ad AT&T – interessati ad avviare collaborazioni.
“I contatti con Murdoch – ha detto – sono andati bene per un certo periodo poi l’azienda si è trovata sotto una forte pressione mediatica e tutto è finito”.
Anche nel caso di Telefonica, aggiunge, “elementi esterni hanno fatto si che le trattative cadessero nel nulla” ed è stato a quel punto, resosi conto di non essere nelle condizioni di garantire il giusto sviluppo all’azienda, che Tronchetti lascia la presidenza a Rossi – “per permettere che non vi fosse uno scontro tra i vertici dell’azienda e i vertici istituzionali” – e decide di mettere in vendita la partecipazione di Olimpia, “ma non a qualsiasi prezzo, bensì a un prezzo che riflettesse almeno la valorizzazione che i nostri concorrenti facevano della partecipata Telecom Italia”.
Ma lo stesso scenario si è ripresentato nel corso delle trattative con America Movil e AT&T, “due interlocutori molto seri”, allontanati da “interferenze” che hanno condizionato l’esito dei colloqui e che sono state stigmatizzate anche dal colosso texano per il quale “certe dinamiche non sono comprensibili”.
Al momento, comunque, non c’è nessuna fretta di vendere “il negoziato rimane aperto e sul tavolo ci sono altre opzioni”.
E a proposito di scatole cinesi, Pirelli – ribadisce Tronchetti – non ne ha utilizzato, anzi le ha eliminate: “noi – ha spiegato – abbiamo il record nell’accorciamento delle catene di controllo, avendo fatto tre fusioni in Pirelli e avendo eliminato due livelli, Olivetti e Tim, in Telecom”.
L’azienda, ha quindi sottolineato, è “sana, ottima, con una rete molto avanzata grazie a investimenti pari in media al 13% del fatturato, un valore superiore agli altri operatori europei”.
Nonostante tutto, però, “il mercato non ha riconosciuto il valore della società. C’è stata molta ignoranza e si è parlato di un debito di Telecom non sostenibile, paragonando la società a Cirio e Parmalat”.
Rivolgendosi poi a dirigenti e amministratori di Pirelli Tronchetti Provera ha quindi voluto pubblicamente portare le sue “personali scuse e dell’azienda” per la vicenda delle intercettazioni illegali che ha portato “un grave danno anche e soprattutto di immagine”.
Tornando a un’eventuale cordata italiana nel futuro di Telecom, Francesco Gaetano Caltagirone, presidente di Caltagirone Editore, ha ribadito il suo interessamento, pur riconoscendo che al momento appare tutto “troppo confuso”, mentre Silvio Berlusconi ha sottolineato come sulla vicenda “si sia alzato un vespaio inutile. Si continua ad andare avanti con pregiudiziali e menzogne”.
“Fininvest – ha precisato il leader di Forza Italia – non ha alcuna volontà di intervenire in Telecom. Ci è stato richiesto da importanti istituzioni bancarie e forze imprenditoriali se fossimo stati disposti, ove si fosse formata una cordata italiana, a partecipare per consentire di mantenere l’italianità di Telecom”.
Sulla vicenda è poi intervenuta anche Marina Berlusconi, presidente Fininvest, a margine dell’assemblea Mondatori, spiegando che l’interesse di Mediaset a partecipare a una cordata “non è legato alle tv ma alle sinergie industriali tra Mediaset e Telecom”. Anche Marina Berlusconi ha precisato che Mediaset non ha alcun interesse a “ruoli di comando” in Telecom, ma sarebbe disponibile “ad assumere una partecipazione piccola”, sottolineando che l’operazione passerebbe attraverso Mediaset, che “dispone delle risorse per un investimento di questo tipo”.