Adsl: troppo alte le spese per il recesso anticipato. L’Aduc chiede l’intervento dell’Agcom

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Telecom Italia ha adeguato al decreto Bersani-bis le condizioni di recesso per i contratti di fornitura di Adsl all’ingrosso. Riguarda quasi tutte le linee Adsl fornite dai gestori alternativi, che non avendo una propria rete si appoggiano alla infrastruttura dell’ex monopolista.

Le nuove regole, dal 1 maggio prevedono, in caso di recesso anticipato, un costo di disattivazione una tantum di 35,40 euro (Iva esclusa).

Questo provvedimento toglie un alibi a quei gestori come, per esempio, Tele2 che – con la motivazione di dover pagare l’ex monopolista per tutta la durata del contratto – pretendono dagli utenti finali penali salatissime.

 

Telecom inoltre, ai suoi utenti diretti, per il recesso entro i primi 12 mesi di contratto, pretende il pagamento di 48 euro.

 

Il decreto Bersani-bis, però, prevede la facoltà per i contraenti (quindi chiunque, consumatore senza partita Iva o impresa) di recedere dal contratto con un preavviso non superiore a trenta giorni e senza spese non giustificate da costi dell’operatore. I 48 euro di Telecom – che non sono spiccioli – sono costi o penale per mancato guadagno?

 

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) sta già valutando le modalità di applicazione del decreto. Purtroppo i tempi sono lunghi e concorrono a generare sfiducia negli utenti che  continuano ad avere a che fare con il muro di gomma degli operatori. Invece è essenziale che i consumatori abbiano sin da subito la percezione che le cose stanno cambiando, altrimenti la novità del decreto Bersani finirà nel dimenticatoio. La confusione è enorme e tutti gli operatori se ne stanno approfittando, interpretando il decreto solo nel modo a loro più conveniente.

 

Il problema, inoltre, non è solo per l’Adsl, ma, per esempio, la rimodulazione della tariffa Wind 10 in Wind 12, e tutti i vari aumenti che violano il codice del consumo.

 

Per questo, spiega Aduc, “Abbiamo già invitato l’Agcom a intervenire, ma lo rifacciamo invocando l’urgenza, anche perchè dopo che migliaia di contraenti si sono opposti agli aumenti tariffari e alle nuove penali tramite messa in mora, il passo successivo sarà quello conciliativo e giudiziario, con un intasamento terrificante”.

 

Gli uffici di conciliazione dei Corecom saranno invasi inutilmente, perchè è prevedibile che – vigente la libera interpretazione delle norme – nessun gestore concilierà. Il passo successivo, per chi non si sarà perso per strada causa sfinimento e/o sconvenienza economica rispetto al valore della contesa, sarà il giudice di pace: altro e peggiore intasamento, con tempi giurassici dove, però, almeno ci sarà un giudice che deciderà se le norme sono state rispettate o violate.

 

L’Agcom vuole bloccare questa ennesima follia della liberalizzazione italiana?

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