Italia
L’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha avviato una nuova analisi del ‘mercato 15’ per valutare l’introduzione di obblighi regolamentari volti a favorire l’ingresso di operatori mobili virtuali.
La nuova analisi durerà tre mesi e segue quella conclusa a gennaio del 2006, chiusa sostanzialmente con un ‘nulla di fatto’, dato che nel mercato in questione non vennero riscontrate posizioni dominanti tali da creare “alterazioni sostanziali della concorrenza” e non venne dunque imposto agli operatori mobili nessun obbligo di accesso e di controllo dei prezzi.
Anche se in Italia, spiegava allora l’Agcom, “non sussiste per gli operatori mobili un obbligo a contrarre con eventuali operatori non dotati di risorse radio”, ciò “non esclude la possibilità di negoziazione volontaria su base commerciale”, nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione.
Contestualmente, avendo riconosciuto il contributo positivo degli operatori virtuali sulla concorrenza nel mercato dei servizi mobili, l’Agcom ha comunque avviato un’attività di monitoraggio sull’evoluzione del mercato dei servizi all’ingrosso di accesso e raccolta, sperando nella moral suasion.
La persuasione morale, però, non ha funzionato, tanto che sull’argomento è intervenuta l’Antitrust che ha avviato una istruttoria nei confronti di Tim, Wind e Vodafone per accertare se i tre operatori abbiano o meno rifiutato di negoziare accordi di accesso al fin di impedire l’ingresso nel mercato al dettaglio dei servizi d comunicazione mobile da parte di operatori alternativi.
Tim e Vodafone, nel frattempo, hanno stretto accordi per l’ingresso di nuovi attori nel mercato: la prima con Coop, la seconda con Carrefour, Poste Italiane e BT Italia.
Gli accordi stretti dall’operatore britannico potrebbero valere alla società la chiusura dell’istruttoria: in un primo tempo, infatti, l’Agcm aveva rigettato i primi due accordi – con Carrefour e Poste Italiane – perchè non si trattava di aziende operanti nel settore delle telecomunicazioni ma ora, secondo quanto riferito dall’amministratore delegato della società, Pietro Guindani, l’Authority “ha riesaminato la pratica e ritenuto ammissibili questi contratti nell’ambito della procedura in atto nei nostri confronti”.
Quello dei mobile virtual network operator (mvno) è un tema molto dibattuto, non solo perché il loro ingresso nel mercato potrebbe portare a un congruo abbattimento dei costi, ma anche perché permetterebbe agli operatori proprietari di generare profitti aggiuntivi derivanti dall’utilizzo di capacità di banda altrimenti inutilizzata, giovando dunque all’intera catena di valore.
L’Italia è l’unico Paese europeo in cui agli operatori virtuali è vietato operare, almeno fino al 2011, in base a una delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (544/00).
In tutti gli altri Paesi, l’Autorità favorisce e protegge gli accordi tra operatori dominanti e MVNO o comunque non li esclude: accordi in questo senso sono stati conclusi, ad esempio, in Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Olanda e Svezia dove, sulla base di contratti commerciali, sono attivi operatori alternativi con background industriali diversificati, dai supermercati a catene di distribuzione all’ingrosso agli operatori telecom veri e propri.
Alla fine dei tre mesi di consultazione, comunque, si potrebbe giungere all’imposizione di specifici obblighi per gli operatori che potrebbero permettere all’Italia, in fortissimo ritardo rispetto al resto d’Europa, di migliorare la competitività del settore mobile.
Il Consiglio dell’Agcom, intanto, ha stabilito che il documento da sottoporre alla consultazione pubblica sulla revisione della regolamentazione della rete di accesso fissa verrà deliberato nella sua prossima riunione convocata per il 2 maggio.