In & Out: la pubblicità mobile comincia a far gola, futuro incerto per le tecnologie NFC

di Alessandra Talarico |

Mondo


NFC

Il 2007 sarà un anno molto importante per l’affermazione sul mercato mobile mondiale di due trend che promettono di generare nuove entrate in grado di controbilanciare il declino dei profitti legati alle applicazioni voce.

 

Si tratta della pubblicità e delle tecnologie NFC (Near Field Communications) che, pur a fatica, cominciano a farsi largo nella telefonia mobile: se però, i profitti legati al marketing e all’advertising quest’anno dovrebbero raggiungere quota 3 miliardi di dollari, la strada è un po’ più irta per le tecnologie NFC, per le quali comunque il 2007 rappresenterà un importante banco di prova in vista dell’affermazione sul mercato che avverrà presumibilmente in maniera piuttosto lenta.

 

Entro il 2011, prevede la società di ricerca ABI, il valore del mercato del marketing e dell’advertising via telefonino varrà all’incirca 19 miliardi di dollari, cifra che include anche le applicazioni di ricerca e di video advertising.

Trainato dall’ingresso nel settore mobile di attori provenienti da mercati diversi e più avvezzi con la pubblicità, le video pubblicità dovrebbero perfino superare – sempre nelle previsioni di ABI – gli sms come fonte di reddito, per rappresentare da qui ai prossimi 4 anni un mercato da 9 miliardi di dollari.

 

Si tratta, ovviamente, di cifre che resteranno su un pezzo di carta se gli operatori, gli advertiser e i merketer non si siederanno a tavolino per studiare i giusti modelli di business. La pubblicità sul telefonino – strumento tra i più personali – potrebbe infatti rivelarsi un boomerang se non venisse utilizzata nel modo giusto.

Gli operatori hanno dalla loro il fatto di possedere un sacco di informazioni sui loro clienti: nome, sesso, età, provenienza e – in base al modello di cellulare e piano tariffario – sono in grado anche di farsi un’idea sul loro status economico.

I carrier, però, sono molto reticenti a fornire questi dati a terzi, non tanto per un fatto di protezione quanto di controllo e così le potenzialità del mercato sono di fatto bloccate.

 

Molto dipende anche dalla maturità dei diversi mercati: secondo ABI, Europa e Asia sono abbastanza avanti rispetto agli Stati Uniti dove – anche se la cosa sorprende un po’ – i grandi marchi sono ancora molto cauti e non hanno ancora deciso di riservare parte del loro budget alla pubblicità mobile.

Lo stesso vale per le agenzie specializzate, che ancora non sentono di avere la giusta esperienza per lanciarsi in un mercato tanto delicato e sono riluttanti a utilizzare i servizi location-based e tecnologie come gli mms e la ricerca sponsorizzata che sono ancora nelle prime fasi di sviluppo.

 

Questa lentezza a sfruttare le opportunità del mobile marketing, tuttavia, ha aperto la strada a diverse società specializzate, aggregatori e altri attori pronti a lanciarsi a capofitto in un mercato del tutto inesplorato.

 

Per quanto riguarda invece NFC, si tratta di una tecnologia intuitiva sviluppata da Philips e Sony che abilita l’interazione tra apparecchi elettronici in maniera touch-based (ovvero non appena li si sfiora) utilizzata soprattutto sui mercati asiatici per effettuare piccoli pagamenti col telefonino, aprire la porta di casa, scaricare contenuti.

 

Nella sua ultima analisi, ABI ha stimato che entro il 2012 la tecnologia sarà presente in circa 292 milioni di apparecchi, pari al 20% del totale. Cifre ridimensionate rispetto all’analisi effettuata poco più di sei mesi fa, quando la società parlava del 30% dei telefonini abilitati alla tecnologia entro il 2011.

 

L’iniziale entusiasmo scatenato dalle potenzialità della tecnologia ha dovuto scontrarsi con diversi ostacoli relativi alla complessità dell’ecosistema richiesto per supportare le diverse applicazioni.

La tecnologia, secondo ABI, non conoscerà una diffusione su larga scala fino a quando gli operatori non saranno sicuri del chiaro ritorno economico della sua implementazione nei cellulari e non verranno superati i problemi di interoperabilità.

 

Le aziende, ha spiegato l’analista Stuart Carlaw, sono in qualche modo “paralizzate dall’idea che devono recuperare il costo dei componenti NFC aggiuntivi soltanto attraverso l’offerta di servizi di pagamento contactless”.

 

Questa visione, tuttavia, è troppo ristretta, poiché i servizi NFC sono tanti e variegati e, anche se la parte più significativa dei ricavi sarà generata da servizi quali il pagamento dei biglietti del treno o del cinema, il transito attraverso sbarre e check-in, online banking, download e pagamento di giochi, MP3 video, ecc., non bisogna dimenticare i guadagni legati all’hosting, al traffico generato dal download delle applicazioni e ai servizi di banking associati.

 

Tutti questi servizi sono costruiti attorno alle caratteristiche core della tecnologia, ma l’industria, ha continuato Carlaw, “ha anche bisogno di uno standard che garantisca un approccio operator-friendly per quanto riguarda la sicurezza, nonché di identificare una connessione standard tra NFC, IC e Sim e una terza parte comune per la gestione delle applicazioni”.

 

 

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