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Telecom Italia: non si placa la bagarre politica, mentre rispunta l’ipotesi Mediaset

Italia


“La proposta di AT&T e America Movil per Olimpia sarà di beneficio alle due società, un vantaggio per gli azionisti e anche per entrambi i Paesi”. Così il portavoce di AT&T, Michael Coe, cerca di stemperare la tensione esplosa ieri, sulla possibilità che il 66% di Olimpia passi in mani straniere.

Coe, che preferisce non esprimersi sulla bagarre politica, ha spiegato in un’intervista alla stampa che AT&T vuole sì comprare un terzo della holding che controlla il maggiore gruppo telefonico italiano, ma “non per controllarla”.

Quello che più interessa AT&T  – che, ricordiamolo, con una capitalizzazione di 184 miliardi di euro è il maggiore operatore tlc del mondo – è instaurare “una forte relazione con Telecom per estendere i servizi di telefonia a livello internazionale”.

 

Per quanto riguarda invece le sinergie con America Movil – terzo maggiore operatore mondiale con una capitalizzazione di 64 miliardi di euro – Coe chiarisce che pur essendo entrambe interessate ad acquisire un terzo di Olimpia, le due società sono “distinte”.

“Posso solo dire – ha aggiunto – che AT&T ha in portafoglio l’8 per cento di Movil e questo può lasciar intendere che le nostre relazioni sono buone”.

 

A sorpresa, intanto, il ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni rilancia l’ipotesi di una cordata italiana con una presenza fin qui scartata a priori: quella di Mediaset.

Fa un passo indietro Gentiloni e pur dicendosi ancora preoccupato, dichiara che dal governo non verrà alzata nessuna barricata, ma auspica che gli investitori italiani sollevino la testa e non esclude l’ipotesi di una newco in cui potrebbe entrare anche Mediaset.

“La legge attualmente in vigore, che io non ho votato, oggi vieta l’incrocio tra Mediaset e Telecom. Per quanto riguarda il gruppo televisivo – ha spiegato Gentiloni – sono favorevole ad una qualunque forma di diversificazione, perché lo sviluppo di Mediaset non può dipendere solo dall’advertising”.

 

Un’ipotesi che l’onorevole Giuseppe Giulietti (Ulivo) stigmatizza con ironia: “sento strane voci, non vorrei adesso ritrovarmi con un corteo sotto i cancelli di Arcore, per invocare Berlusconi a salvare l’italianità di Telecom”, ha dichiarato Giulietti, sottolineando che “esiste, e non è ancora stato risolto, il conflitto d’interessi”.

 

Non si placa, insomma, la disputa politica, mentre si perde di vista il nocciolo della questione che riguarda l’offerta dei servizi e gli investimenti sulla rete, quella che viene definita il “sistema nervoso centrale” del Paese e che rischia di finire in mani americane.

Sarà forse, il mio, un punto di vista un po’ ingenuo: ma conta davvero la nazionalità di chi gestisce la rete, o conta di più la volontà del maggiore gruppo mondiale del settore di investire in Italia, quando tutti si lamentano che il nostro è un Paese che non attrae investimenti stranieri?

A proposito, chi li fa – come Naguib Sawiris, patron di Wind e del gruppo tlc Orascom – finisce spesso per pentirsene. Il tycoon egiziano, che lo scorso anno ha acquisito il terzo operatore mobile nostrano per 12,2 miliardi di euro, ha sottolineato che il clima di incertezza che incombe sul mondo degli affari non è certo un buon segnale per chi vuole investire in Italia. Sawiris critica in particolare il decreto Bersani, che ha imposto agli operatori di abolire i costi di ricarica, togliendo al gruppo un’importante fonte di guadagno – anche se del tutto abusiva –  e annuncia che il gruppo farà valere le sue ragioni davanti all’Autorità per le comunicazioni ed è pronto a difendersi “in ogni sede, legale o istituzionale”, per tutelare i suoi diritti.

 

Tornando a Telecom, certo, bisognerà fare attenzione ai progetti di AT&T e America Movil che avranno il non facile compito – oltre che di superare la bufera politica – anche di ammodernare una rete obsoleta e di trasportare l’Italia nella società dell’informazione, ma è davvero necessario fasciarsi la testa prima di essersela rotta?

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