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Galileo, eppur non si muove! In stallo il sistema di radionavigazione europeo

Europa


Che fine ha fatto quello che doveva essere il più grande progetto industriale mai organizzato su scala europea, il primo esempio europeo di partnership pubblico-privato, la prima infrastruttura pubblica europea?

 

Il destino di Galileo sembra essersi arenato nelle solite beghe di potere, tanto da spingere il Commissario europeo ai trasporti, Jacques Barrot a inviare una lettera alla presidenza tedesca della Ue e agli 8 contractor privati per lanciare l’allarme sul fatto che i ritardi accumulati mettono in serio rischio l’evolversi del progetto.

 

Responsabili di questi ritardi, le otto società concessionarie del sistema – AENA, Alcatel, EADS, Finmeccanica, Hispasat, Immarsat, TeleOp and Thales – che non riescono ad accordarsi sulla condivisione dei rischi e allo stato attuale non hanno ancora creato una singola compagnia che raggruppi gli 8 partner né eletto un negoziatore che rappresenti i consorzi nelle negoziazioni con il Galileo Joint Undertaking o il Galileo Supervisory Authority.

 

Barrot ha dunque deciso di fissare per il 10 maggio il termine ultimo per la creazione della Galileo Operating Company e per la designazione del Ceo della compagnia, in grado di parlare e impegnarsi in suo nome senza il veto degli azionisti e ha anche avvisato che inizierà a valutare eventuali alternative per lo sviluppo del progetto, basate su una revisione tecnico-finanziaria del programma di gestione.

 

Allo stato attuale appare molto difficile credere che il programma Galileo riuscirà a essere completamente operativo entro il 2011 e, mentre crescono i dubbi sul budget (il costo di sviluppo del sistema è lievitato a 2 miliardi di euro) c’è anche chi parla di dubbi emersi riguardo i profitti legati ai servizi. Secondo il Financial Times, “chi acquisterebbe Pepsi se potesse avere Coca Cola gratis?”. I servizi offerti tramite il sistema americano – che è stato però progettato per scopi militari e non civili come Galileo – sono gratuiti, come si prevede saranno quelli del sistema cinese.

 

Mentre infatti gli Usa se la ridono sotto i baffi e lavorano al GPS III, la Cina è impegnatissima nello sviluppo di un sistema alternativo – battezzato ‘Beidou‘ – composto da 35 satelliti e che dovrebbe essere operativo già dal 2008, come doveva esserlo Galileo secondo i progetti iniziali e la Russia sta lavorando con l’India per rimettere in sesto i 21 satelliti del sistema Glonass.

Eppure, non è neanche sicuro che l’Europa riuscirà a sbloccare il tutto per il 2012.

 

La maggiore imputata di questo ritardo è la Spagna: sono in molti, in questi i giorni, a puntare il dito contro la Hispasat, che chiede che almeno due dei centri di controllo del sistema siano piazzati  in Spagna e si scaglia contro il ruolo di maggior peso assegnato a Francia, Gran Bretagna e Italia.

 

Una bella grana, insomma, per un sistema che avrebbe dovuto sancire la fine della dipendenza dal sistema americano GPS, oltre che creare almeno 150 mila posti dio lavoro, per un mercato di servizi e infrastrutture stimato in circa 275 miliardi di euro nel 2020.

 

La Ue, insomma, non sta dando prova di spirito unitario e rischia di mandare all’aria un progetto che avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello dell’Europa e avrebbe dovuto contribuire – come preconizzava Barrot appena due anni fa – “a cambiare la posizione del Vecchio Continente sulla scena internazionale”.

 

“Oso qualificare Galileo come il primo vero servizio pubblico mondiale in cui l’Europa non esita a mostrare la via”, spiegava allora Barrot che ora forse comprende quanto stava sbagliando a dare tanta fiducia al sogno di collaborazione pubblico-privato che sembra ormai solo una chimera.

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