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Spot e qualità televisiva: Gentiloni auspica ‘Una Rai meno dipendente dalla pubblicità. Necessario un giusto equilibrio’

Italia


La qualità della nostra televisione fa discutere. Tanto il malcontento e diverse le proposte di intervento, ma finora niente di concretamente realizzato.

Questi gli argomenti al centro del Convegno “Tele Visioni – Pubblicità e qualità nella Tv che cambia“, che si è tenuto nella sede della Margherita.

Parla di “bulimia” della pubblicità il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che ha osservato: “…La televisione pubblica dovrebbe dedicare un’attenzione tutta particolare alla preoccupazione” per questa situazione.  

  

“…Rai e Mediaset – ha dichiarato Gentiloni – non possono immaginare di puntare nei prossimi anni solo sugli introiti da spot. Così non si andrebbe molto lontano”. E, in particolare, il Ministro ha auspicato “…una Rai meno dipendente dalla pubblicità, anche se ne apprezza gli effetti positivi per i bilanci: c’è da trovare un giusto equilibrio”. “…Il fatto è che la nostra televisione pubblica è, assieme a quella polacca, l’unica televisione pubblica europea in cui il finanziamento che viene dalla pubblicità è così determinante”.

   

Penso – ha proseguito il Ministro – che uno degli obiettivi che ci si deve porre è quello, non certo di seguire un modello senza pubblicità come la Tv del Regno Unito, ma un modello in cui la pubblicità non sia così determinante tanto da decidere le scelte fondamentali di programmazione, rendendo alla fine la Tv pubblica troppo simile alla Tv commerciale, che poi è il rischio che per il pubblico della Rai oggi si manifesti”.

 

“C’è una relazione diretta, meccanica, automatica tra la presenza della pubblicità nella televisione pubblica e la qualità? Ossia, con l’aumentare della pubblicità decrescerebbe la qualità nella Tv pubblica? E quindi la Tv italiana essendo quella che ha più pubblicità, sarebbe di per sé più scarsa di altre Tv pubbliche“.

Sono le domande che si è posto il Ministro, sottolineando che “…il problema non è stabilire un nesso automatico e un po’ insensato, sul fatto che chi fa meno pubblicità fa una Tv di qualità migliore, ma ragionare sul fatto che renderla meno dipendente dal contributo della pubblicità è uno dei fattori che la può rendere qualitativamente più convincente”. In fondo, ha ricordato Gentiloni bisogna “…giustificare un impegno pubblico dello Stato e un impegno dei cittadini attraverso il pagamento del canone a una televisione differente”.

 

Dalla Ricerca Ipsos, effettuata su un campione di 1.400 intervistati e presentata ieri a Roma nel corso del Convegno, è emerso che gli aggettivi comparativi usati da più del 50% degli italiani per contrapporre la pubblicità di oggi al carosello di ieri sono quelli di “più curata, più convincente e più originale”. Teleutenti in mutamento“, ha commentato Renzo Lusetti, responsabile informazione DL.

 

 

La media sull’apprezzamento degli spot sale al 64% da parte del pubblico multimediale; scende al 44% tra gli amanti della lettura; rispecchia in pieno il giudizio dei radiotelevisivi (48%); è un poco sotto alla media (41%) tra i cosiddetti telesclusivi.

 

L’appeal della pubblicità è dato dalla capacità di fare tendenza (56%), mentre la critica più frequente che si rivolge al messaggio pubblicitario in televisione è la sovraesposizione, cioè la quantità degli spot (74%).

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