Mondo
Sembrano ormai lontani i tempi in cui ci si preoccupava che a spiarci fossero le autorità, il governo, le forze dell’ordine. Oggi non si parla più tanto di Grande Fratello, bensì di un fratellino più piccolo ma molto più pericoloso, armato di videofonino e pronto a coglierci in castagna e a diffondere la nostra vita privata sul web.
Un interessante articolo di USA Today fa il punto su come ormai la privacy – non più solo quella dei personaggi famosi, ma anche la nostra di privati cittadini – possa considerarsi un bene in via di estinzione, grazie alle tecnologie che ognuno si porta in tasca.
Il vaso di pandora è stato scoperchiato: fino a quando erano le autorità a insinuarsi nelle nostre conversazioni telefoniche infatti nessuno ne sentiva le ripercussioni (tranne, ovviamente, i delinquenti).
Ora bisogna guardarsi dal proprio vicino di casa, di posto sul bus, dal passante col telefonino in mano apparentemente affaccendato a inviare un sms ma in realtà pronto a scattare una foto o a filmare qualunque cosa di ‘interessante’ gli capiti a tiro. E pronto a caricare tutto sul web.
Tutti, insomma, dobbiamo vivere con la consapevolezza che una nostra parola o un gesto poco appropriato possano fare il giro del mondo in men che non si dica, trasformandoci in celebrità o mostri. Sì, perché come si ripete spesso ultimamente, anche i deprecabili episodi di bullismo che imperversano su YouTube come se fossero l’ultima bravata di Britney Spears, si sono sempre consumati, ma lontano dalle casse di risonanza dei nuovi media.
Potrebbe essere questo nuovo stato delle cose un incentivo a comportarci tutti meglio: dalle star di Hollywood ai bulli nostrani, alle forze dell’ordine di paesi ‘civili’ che utilizzano metodi tutt’altro che democratici, ma secondo gli addetti ai lavori siamo ancora in un periodo di transizione.
Come dire: stiamo cominciando ad abituarci all’idea di poter essere spiati 24 ore su 24, ma è ancora troppo presto perché questo ci renda un po’ più ‘educati’.
In alcuni casi, la berlina mediatica è in effetti servita a rafforzare le convenzioni sociali, come nel caso della donna coreana non ha provveduto a rimuovere i ‘bisogni’ del suo cagnolino dalla banchina della metropolitana ed è stata subito ripresa e svergognata via internet, con tanto di strascico di pubblica umiliazione.
O ancora è servita a rendere pubblici momenti di ordinaria follia VIP: da Mel Gibson beccato ubriaco a esternare la sua foga antisemita a Kate Moss intenta a sniffare cocaina (per citarne qualcuno).
Scene che da un lato non possono che farci stare un po’ meglio con noi stessi: come dire, per fortuna dopo essermi ubriacata mi sono almeno tenuta i vestiti addosso, ma che dall’altro non fanno che rafforzare la convinzione che nessuno è esente dall’occhio attento dei sempre più diffusi – e indiscreti – videofonini.
Esempi eclatanti di comportamenti poco ortodossi ripresi da una telecamera amatoriale – USA Today cita ad esempio il caso Rodney King – ce ne sono stati in passato parecchi: quello che cambia è ora l’ubiquità del mezzo. Non esistono infatti zone ‘camera-free’ e questa è una realtà che potrà solo amplificarsi: lo dimostrano ancora i video sulla morte di Saddam Hussein, le riprese girate col cellulare subito dopo gli attentati terroristici di Londra, la ‘scivolata’ dell’ex senatore americano George Allen ripreso durante un comizio per ‘pochi intimi’ a dare del macaco a un ragazzo di colore.
Certo, questi sono esempi di ‘citizen journalism‘ che esulano dalla violazione della privacy per sconfinare nel terreno della denuncia e ben vengano, ma cosa succederà quando il numero dei videofonino crescerà ancora e ci saranno sempre più persone incollate a scrutare ogni singolo scatto, senza alcun controllo di sorta?