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Censura: condannato a 4 anni di prigione il blogger egiziano Kareem Amer

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E’ stato condannato a 4 anni di prigione il blogger egiziano Abdel Kareem Nabil Suleiman (“Kareem Amer“), 22 anni, accusato di aver postato commenti incitanti all’odio contro l’Islam e di aver insultato il presidente Hosni Moubarak sul suo blog.

 

Una sentenza che Reporters sans frontières considera “scandalosa” a maggior ragione per il fatto che negli ultimi tre anni il presidente Moubarak ha promesso “ogni giorno di eliminare dal codice penale i reati a mezzo stampa”.

L’associazione definisce la condanna di Kareem “un messaggio d’intimidazione indirizzato al resto della blogosfera egiziana che ha dato prova negli ultimi anni di rappresentare un contro-potere efficace alle derive autoritarie del governo”.

 

L’Egitto è entrato quest’anno nella lista dei paesi ‘nemici di internet’, da cui sono invece usciti la Libia, le Maldive e il Nepal.

 

Secondo RSF, il presidente, Hosni Mubarak, ha infatti intrapreso una politica autoritaria particolarmente preoccupante per quanto riguarda il web e tre blogger sono stati arrestati e incarcerati “per aver essersi espressi a favore di riforme democratiche nel Paese”.

 

Sempre più spesso, vengono postati su internet video realizzati con mezzi di fortuna – quasi sempre telefonini – che mostrano i metodi poco ortodossi usati dalla polizia egiziana verso i presunti criminali.

Schiaffi, calci, sputi e abusi di varia natura nei confronti di prigionieri indifesi che se provano a difendersi, coprendosi il volto con le mani, vengono colpiti ancora più brutalmente. E dire che l’Egitto è considerato un Paese moderato.

Il governo egiziano continua a negare l’uso della tortura da parte delle forze dell’ordine, dei militari e delle forze di sicurezza, ma il video – sempre più numerosi – che compaiono su YouTube raccontano una storia completamente diversa.

 

“Questa condanna – ha spiegato RsF – conferma che l’Egitto è entrato a ragione nella lista dei Paesi ‘nemici di internet’ e chiediamo alle Nazioni Unite di respingere la richiesta dell’Egitto di ospitare il prossimo Forum sulla governance di internet(IGF)nel 2009 “.

 

RsF si era opposta anche all’organizzazione del Summit mondiale sulla società dell’informazione in Tunisia, un altro Paese che tenta con ogni mezzo di reprimere la libertà di espressione sul web: tenere il prossimo IGF in Egitto, spiega dunque l’associazione, “rischierebbe di screditare il processo di discussione sull’avvenire di internet”.

 

Lo scorso anno, denuncia Reporters sans Frontierès, sono state arrestate 60 persone per aver fatto circolare in rete idee ritenute sovversive. Alla Cina, ancora una volta, il triste primato, con 50 arresti, altre 4 persone finite in manette in Vietnam, 3 in Siria e 1 in Tunisia, Libia e Iran.

 

Amnesty International ha definito Amer un ‘prigioniero di coscienza’. Come lui, purtroppo, sono tante le persone processate solo per aver espresso pacificamente le proprie opinioni – per quanto invise al governo – sul web.

Amer era già stato arrestato nel 2005, per 12 giorni, per aver postato sul suo blog, karam903.blogpot.com, commenti sull’Islam e sulla violenza religiosa esplosa nel quartiere di Maharram Bek, ad Alessandria, dopo che in una chiesa copta era stato proiettato un video ritenuto anti-islamico.

 

Uscito di prigione, Amer venne espulso dall’università per aver usato ‘espressioni blasfeme‘ nei confronti dell’Islam e a novembre, sempre su iniziativa delle autorità religiose dell’università, il pubblico ministero di Maharram Bek aveva ordinato il suo arresto, fino all’apertura del processo. Durante il periodo di detenzione, Amer è rimasto per lungo tempo in isolamento.

 

Il processo era iniziato il 18 gennaio di fronte al tribunale di Maharram Bek, ad Alessandria. Amer è stato condannato per aver violato gli articoli 102, 176 e 179 del codice penale, norme che Amnesty International chiede da tempo al governo del Cairo di abolire in quanto, in violazione degli standard internazionali, prevedono pene detentive “per il mero esercizio dei diritti alla libertà d’espressione, pensiero, coscienza e religione”.

 

RsF ritiene che le persone che scrivono sul web debbano essere considerati come giornalisti professionisti e come tali beneficiare del diritto fondamentale alla libertà di espressione.

Nonostante le promesse sventolate dal 2004, conclude RsF, il presidente Moubarak non ha mai avviato la riforma delle leggi che regolano i reati a mezzo stampa e sono sempre più numerosi i giornalisti e i comuni cittadini che rischiano la prigione per aver manifestato idee contrarie al governo del paese.

 

Gli Stati Uniti, intanto, hanno comunicato la loro riprovazione della condanna ad Amer.

“Siamo molto preoccupati per la sentenza su Abdel Karim Suleiman, condannato per avere espresso le sue opinioni”, ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Tom Kasey.

“Abbiamo un grande rispetto per tutte le religioni, tra cui ovviamente anche l’Islam – ha spiegato – ma la libertà di espressione è essenziale per lo sviluppo di una società democratica e prosperosa”.

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