Ddl Gentiloni: al via la settimana di audizioni. Confalonieri, ‘Sospetta incostituzionalità delle norme’

di Raffaella Natale |

Fedele Confalonieri (Mediaset): ‘Provvedimento palesemente puntato a indebolire Mediaset, imponendo a esempio la migrazione di una rete sul digitale, senza ancoraggio con la diffusione dei decoder’.  

Italia


Fedele Confalonieri - presidente Mediaset

Con l’audizione oggi alla Camera del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, prende il via una settimana decisiva sia per il Ddl Gentiloni di riforma del mercato radioTv, oggetto di un’indagine conoscitiva da parte delle Commissioni Cultura e Telecomunicazioni di Montecitorio, sia per la Rai, che sarà al centro di nuove audizioni in Vigilanza, con i direttori di rete e testata.

Ha parlato senza mezzi termini Fedele Confalonieri che ha definito il Ddl Gentiloni un “…modello arretrato incapace di comprendere la reale portata degli effetti tecnologici dei cambiamenti in atto”.

“…Il provvedimento – ha spiegato – ignora le forme di evoluzione della Tv terrestre su cui vuole intervenire ignorando che si immette in un più ampio modello Tv multicanale e multipiattaforma”, il tutto in un contesto di “…forte incremento della concorrenza”.

Confalonieri ha osservato che tra l’altro il Ddl di riforma del sistema “ignora” una sua “magna pars” e cioè la Rai, rimandando su tale terreno a un “fantomatico Ddl” successivo.

 

Confalonieri ha messo in luce un aspetto ancora più importante, parlando di “…sospetta incostituzionalità” del Ddl Gentiloni. E ha spiegato: “…a nostro vedere è un provvedimento palesemente puntato a indebolire Mediaset, imponendo a esempio la migrazione di una rete sul digitale, senza ancoraggio con la diffusione dei decoder”.

Quindi in sostanza “…restringe l’uguaglianza e la libertà d’imprese difese da art. 3 e 41 costituzionali”.

Sospetto d’incostituzionalità è poi l’art. 2, che stabilisce la soglia del 45% nei ricavi pubblicitari. Secondo Confalonieri “…l’indicazione per via legislativa di un tetto alla pubblicità è estranea a ogni disciplina antitrust. Le motivazioni devono essere tecniche, non politiche, e per questo ci sono Autorità preposte“.

 

Confalonieri ha evidenziato che il provvedimento è “caratterizzato dall’inflizione di un danno non fondato su concreti interessi pubblici”.

Sotto accusa, tra l’altro, la partenza della legge da un presupposto “apodittico” della mancanza di pluralismo (non dimostrato a giudizio di Confalonieri), il fatto di “imporre” la migrazione al digitale di una rete senza ancoraggio alla diffusione dei decoder, la ridefinizione del mercato alla sola pubblicità Tv “…indicando per via legislativa un tetto al fatturato estraneo a ogni logica antitrust”.

“…Punitivo per la nostra azienda e incapace di aprire il settore, ma capace di mortificare l’unica piattaforma televisiva terrestre completamente gratuita”, ha detto il presidente di Mediaset, mettendone a rischio fino a un terzo del fatturato di Mediaset.

I danni per Mediaset derivanti dall’applicazione del Ddl Gentiloni toccherebbero i 7-800 milioni. Cifra che non tiene conto comunque “…dell’impatto negativo delle frequenze espropriate”.

“…E non è un’iperbole come dice il ministro Gentiloni“, Confalonieri fa così i conti: “…L’obbligo del tetto del 45% del fatturato, una norma scritta con ambiguità ma invalicabile, significa meno 600 milioni di euro di fatturato”.

A cui va aggiunto per le norme sulle telepromozioni, “…il rischio su altri 200 milioni di euro”.

Poi anche per il “decalage di due punti dell’affollamento orario, sono 300 milioni di euro in meno“. Infine la rete sul digitale terrestre in anticipo: “300 o 350 milioni di euro”. E da tutto questo “sarebbero esclusi altri 80 milioni di euro, per l’impossibilità di fare offerta pay”.

 

Ha quindi sottolineato il “…vantaggio per Telecom Italia a cui i limiti vengono tolti”, anche se a suo avviso il soggetto “maggior beneficato della proposta governativa è Sky Italia, che potrà permettersi di raccogliere pubblicità senza limiti”.

 

Confalonieri ha precisato anche come l’imposizione di un tetto alla pubblicità televisiva non comporterà un passaggio di risorse alla stampa: “…Sono trent’anni che la Fieg sostiene questo principio senza poterlo dimostrare, mentre è certa la non sostituibilità dei mezzi Tv e stampa nella pubblicità: in altre parole effetti depressivi sul versante della raccolta Tv non comportano l’innalzamento di quelle della stampa”.

Viceversa “…potranno esserci effetti negativi sull’industria dell’audiovisivo italiana: il gruppo – ha ricordato il presidente Mediaset – ha investito 220 milioni in fiction nel 2006″ .

 

Per il presidente di Mediaset, i limiti anticoncentrativi nel digitale della legge “sono più onerosi e sono misure non necessarie“. In più se “questa norma fosse legge Mediaset non potrebbe offrire offerta a pagamento sul digitale”.

Confalonieri ha, quindi, commentato che l’indicazione di “posizione dominante è affidata alle Autorità” in tutti i Paesi e ha criticato il limite ex ante alla pubblicità posto dal Ddl Gentiloni.

A tale proposito il presidente ha fatto l’esempio positivo della legge Maccanico la quale fissava un tetto del 30% al mercato: quest’ultimo, proprio come nella normativa del ’97 …è – ha ricordato Confalonieri – pubblicità, più canone di abbonamento, più abbonamenti pay”.

Noi – ha ricordato Confalonieri – abbiamo superato due volte il tetto del 30% e sono state aperte delle istruttorie; la prima volta era per sviluppo interno e quindi non sei passibile di sanzione” secondo la legge Maccanico. Del resto anche da un punto di vista pratico “…come si fa a stabilire prima del 31 dicembre se uno è al 40 o al 45% di pubblicità? Il mercato non dipende da te, basti vedere che Sky ha triplicato la propria pubblicità nell’ultimo anno“, ha detto il presidente di Mediaset.

 

Per quanto riguarda l’Auditel, il Ddl per Confalonieri crea “…un’Auditel di Stato, di cui mi sfuggono completamente le motivazioni. Il nostro sistema ha gli standard più elevati d’Europa”. Ma ha spiegato che “…c’è totale disponibilità a Mediaset a rimanere a disposizione dell’Agcom per eventuali suggerimenti”. Ha precisato che “…il Sic rimane ma cambia nome. Se ne è parlato tanto ma invece rimane. Si chiama sistema delle comunicazioni, insomma bene il Sic purché piccolo e passa da 22 miliardi a 18 con quota sul 15% del totale che guarda caso è vicinissima a quella Mediaset”.

 

Altro interessante aspetto per il presidente, a dimostrazione della “…parzialità si evita di occuparsi della Rai”, ha aggiunto Confalonieri che sostiene come “l’attività legislativa in questo caso” sia “influenzata da componenti ideologiche”.

Oltretutto c’è “l’incapacità di comprendere il settore e l’insieme degli elementi che compongono il sistema“. Il provvedimento “…parla della retroguardia della Tv analogica come era negli anni ’80. Un Ddl dovrebbe essere più prudente mentre è punitivo su Mediaset nel difficile passaggio verso la Tv digitale e in un momento in cui è esposta alla concorrenza. In conclusione, come ho cercato di argomentare dal punto di vista giuridico ed economico – ha sostenuto il presidente – le nostre osservazioni sono critiche”.

E si augura che “…alla fine si legiferi tenendo conto delle logiche industriale, dell’interesse dei telespettatori“, e che la discussione “sia serena“.

 

Confalonieri si è, quindi, soffermato sulla “…necessità del tetto al fatturato a fini di salvaguardia del pluralismo“, sostenendo che risulta assolutamente indimostrato l’automatismo “parcellizzazione maggiore dei fatturati uguale a aumento del pluralismo”.

“..Di per sé – ha aggiunto Confalonieri – limitare i fatturati di Mediaset non crea necessariamente le condizioni per l’entrata sul mercato di altri soggetti in grado di proporre reti e programmi al livello di quelli offerti attualmente dalla stessa Mediaset”.

A suo avviso “…a proposito di pluralismo, esiste un ulteriore grado di collisione del disegno di legge con la normativa comunitaria”.

Si parla di “…consolidare la tutela del pluralismo senza dare elementi utili per definire e misurare il pluralismo stesso. Un recente documento della Commissione Europea arriva alla conclusione dell’assenza di nozioni comuni di pluralismo nei diversi Paesi dell’Unione e fa scaturire da questo un piano d’azione volto ad accertare entro l’anno gli indicatori concreti per misurarlo“.

 

Secondo il parere del presidente di Mediaset, è “…totalmente incondivisibile che la restituzione delle frequenze possa favorire altri soggetti. Gli entranti dovrebbero prima trasmettere in analogico, poi dopo tre anni l’analogico spira con delle spese insostenibili. Si tratta di una norma punitiva per operatori esistenti e inefficace per la richiesta europea della redistribuzione delle frequenze. In più l’esclusione di Rai, Mediaset e Telecom Italia Media è ingiusta”.

 

Il Ddl Gentiloni dà “…una risposta fiacca e inefficiente” alla questione posta dall’Europa sul possesso delle frequenze da parte di operatori televisivi.

“…La farraginosità dei meccanismi che presiedono alla ‘confisca’ e poi redistribuzione delle frequenze, l’assenza di norme che governino la pianificazione delle frequenze stesse – ha spiegato Confalonieri -, fanno sì che il Ddl fornisca all’Europa, pur condividendone i rilievi, una risposta fiacca e inefficiente, oltre che punitiva degli interessi degli operatori attuali”.

 

E’ per “scelta politica” che il Governo non ha difeso la nostra legislazione sulle frequenze nei confronti di Bruxelles: ha detto il presidente di Mediaset che ha ricordato come “…l’Europa ha contestato il trading, temendo che si riproducesse la posizione dell’analogico ma questo – ha detto – doveva essere contestato“, poiché la legge sul trading delle frequenze “…è stato un modo intelligente per partire” sul digitale terrestre.

“…Noi le frequenze che abbiamo comprato le abbiamo digitalizzate, abbiamo messo le torri degli impianti e fatto tutto il necessario: non è casuale che altri operatori abbiano detto no grazie non ci interessa”.

Inoltre, per Confalonieri, il passaggio alla tecnologia digitale “…è possibile nel 2010, data indicata anche dalla Francia e da altri Paesi europei. Il termine era il 2008, penso che si possa fare nel 2010″ , in anticipo quindi rispetto al 2012 fissato dal Ddl Gentiloni.

 

Si aspetta desso di conoscere la posizione della Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome, dell’Upi e dell’Anci, che saranno auditi dalle Commissioni Cultura e Telecomunicazioni alle ore 20.00.

Successivamente sarà la volta degli esponenti di Confindustria servizi innovativi e tecnologici, Conna (sindacato radio e Tv locali), Rea (Radiotelevisioni europee associate) e Rna (Radio nazionali associate).

 

Per domani è in calendario il seguito dell’audizione del presidente dell’Autorità garante delle Comunicazioni, Corrado Calabrò, che replicherà ai rilievi all’intervento sul Ddl, in cui aveva sostanzialmente detto “sì ai limiti previsti dalla legge, purché temporanei”.

Quanto alla Rai, per stasera alle 20.00 è prevista l’audizione di Franco Scaglia e Giancarlo Leone, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Rai Cinema, davanti alla Commissione di Vigilanza. A seguire, verrà sentito il direttore di Rai Fiction, Agostino Saccà.

Domani la Vigilanza ascolterà il direttore di Radiouno e giornali radio, Antonio Caprarica e quello di Rai International, Piero Badaloni.

Giovedì si chiude con i massimi vertici aziendali: il presidente, Claudio Petruccioli e il direttore generale, Claudio Cappon.

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