Decreto contro la pedo-pornografia: Isoc Italia concorda, ma obietta l’introduzione di sistemi di filtro interni alla rete

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Riportiamo di seguito la posizione della sezione italiana di Internet Society (Isoc Italia) in merito al Decreto interministeriale contro la pedo-pornografia del 29 gennaio 2007.

Italia


Pedofilia

ISOC ITALIA con questo documento esprime la sua posizione a proposito del recente decreto contro la pedo-pornografia via internet; tale posizione rappresenta la sintesi delle opinioni fornite da alcuni dei maggiori esperti internet italiani.

ISOC ITALIA concorda sulla necessità di perseguire chi commette reati di pedo-pornografia, tuttavia intende esprimere una forte obiezione di fondo all’idea che la pubblicazione di contenuti illegittimi o illegali, di qualsiasi genere, possa essere prevenuta o repressa mediante l’introduzione di sistemi di filtro interni alla rete. Pratiche di filtraggio sistematico dei contenuti e delle comunicazioni dei cittadini a monte (lato server e non lato client) e non rimessi quindi al libero controllo di questi ultimi, mal si conciliano con la legislazione di un Paese che si considera libero e democratico.

ISOC ITALIA ritiene che la soluzione di determinati problemi che creano preoccupazione sociale possa consistere, invece, nello sviluppo di pratiche di cooperazione internazionale più efficaci per la repressione dei crimini online alla sorgente, associate a campagne di educazione degli utenti della rete e allo sviluppo di sistemi di classificazione e blocco dei contenuti, che i cittadini possano adottare, se lo desiderano, su base volontaria.

 

ISOC ITALIA denuncia che la metodologia descritta nel decreto è incompatibile con la natura neutra della rete internet, per la quale gli operatori di connettività non dovrebbero differenziare il traffico a seconda del tipo o della destinazione del contenuto.

Il filtraggio, peraltro, potrebbe essere efficace soltanto se effettuato granularmente, anziché a livello di nomi a dominio o indirizzi IP, e se adottato uniformemente da qualsiasi gestore di servizi di rete, includendo quindi non soltanto gli operatori internet veri e propri, ma qualsiasi azienda, entità o individuo che gestisca un nodo di rete in qualsiasi parte del mondo. Anche dal punto di vista tecnologico, la realizzabilità di un sistema di filtro veramente efficace a costi compatibili con una adozione generalizzata è estremamente dubbia, come questa associazione ha già rimarcato in merito alla questione del “Gambling online“.

 

Un filtro effettuato a livello di nome a dominio o di indirizzo IP, come previsto dal decreto, è intrinsecamente inefficace. Se il provider introduce un filtro a livello di dominio, questo può essere subito aggirato dall’utente mediante l’utilizzo di un proprio server DNS di risoluzione dei nomi a dominio, funzione già estremamente utilizzata per lecitissime finalità dalle aziende, le università, gli enti di medie e grandi dimensioni, e gli utenti più esperti. Anche nel caso del filtro a livello di indirizzo IP, è possibile aggirare il blocco utilizzando uno dei numerosi servizi di proxy pubblico o di navigazione anonimizzata disponibili al di fuori del territorio italiano, e quindi non soggetti alla legge. Va aggiunto inoltre che il responsabile dei contenuti criminosi può facilmente e velocemente cambiare il proprio nome a dominio o il proprio indirizzo IP, rendendo vano il filtro. Di converso, per l’utente meno esperto e quindi incapace di aggirare il divieto, il filtro così come impostato dal divieto può facilmente portare al blocco di contenuti perfettamente legittimi.

 

Sono pratiche comuni in internet sia quella di avere pagine e servizi di molti utenti pubblicate sotto lo stesso nome a dominio – in casi come Myspace o Geocities, di milioni di utenti -, sia quella di ospitare decine o centinaia di siti sullo stesso server e quindi presso lo stesso indirizzo IP. In questi casi, l’introduzione nel filtro del nome a dominio o dell’indirizzo IP renderebbe inaccessibili non solo i contenuti e i servizi pedo-pornografici, ma anche una quantità molto maggiore di contenuti e servizi legittimi e privi di qualsiasi connessione con quelli incriminati. In questo modo si danneggia la possibilità di espressione dei produttori di informazione e si rischia di causare indebitamente danni economici molto ingenti agli stessi produttori, danni di cui vorremmo capire a chi si deve associare  la responsabilità. Di conseguenza, il rischio è che l’introduzione del filtro apporti scarsi benefici a fronte di gravi danni, rivelandosi da una parte inefficace per colpire gli utenti effettivamente intenti ad attività criminose e dall’altra danneggiando significativamente le attività legittime di tutti gli altri utenti della rete.

 

Nel decreto è totalmente assente qualsiasi tipo di garanzia contro l’abuso o l’errore nell’uso del filtro da parte delle autorità preposte. Inoltre non è prevista alcuna cautela contro l’uso deliberatamente dannoso di contenuti pedo-pornografici a svantaggio di terze parti, ad esempio inserendo questo materiale sui siti terzi a loro insaputa per provocarne l’oscuramento; non è nemmeno considerata l’abitudine, molto diffusa da parte di chi diffonde contenuti illegali, di utilizzare siti di terzi a loro insaputa dopo averne violato la sicurezza, in modo da far ricadere eventualmente su tali terzi le responsabilità.

Infine facciamo notare che, a fronte di un’efficacia del filtro che sarebbe solo parziale, sono previste pesanti sanzioni per il provider, per di più non rapportate alla sua dimensione e/o alla popolazione potenzialmente colpita (in questo modo un piccolo ISP potrebbe arrivare a fallire pur avendo esposto al rischio di accedere immagini pedo-pornografiche pochi utenti, mentre per un grande ISP che non filtri siti per milioni di utenti la sanzione sarebbe trascurabile).

ISOC ITALIA nel continuare a segnalare una persistente attitudine del legislatore a trattare i temi che riguardano l’internet in modo non appropriato, è interessata ad approfondire le indicazioni qui esposte e dichiara la propria disponibilità a collaborare per la stesura di disegni di legge, decreti, ed altre iniziative governative che riguardano l’internet.

 

Decreto interministeriale del 29 gennaio 2007: Requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio che i fornitori di connettività alla rete Internet devono utilizzare al fine di impedire l’accesso ai siti segnalati dal centro nazionale per il contrasto della pedo-pornografia.

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