Riforma radioTv. Gentiloni risponde a Catricalà: ‘I tetti tutelano il pluralismo’. Intanto l’opposizione chiede il ritiro del Ddl

di Raffaella Natale |

Italia


Paolo Gentiloni

Le dichiarazioni del presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, che ieri ha criticato la previsione dei limiti alla raccolta pubblicitaria contenuti nel Ddl Gentiloni di riforma del settore radioTv, hanno aperto un interessante dibattito.

Per il Garante della Concorrenza “…non si possono porre tetti al fatturato di un’azienda, perché se ne deprime la crescita, e per Mediaset la raccolta pubblicitaria e gran parte del fatturato…”.

Diverse e anche opposte le opinioni a riguardo, prima fra tutte quella del Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che ha dichiarato di volersi “astenere dalla polemica o discussioni che sarebbero fuori luogo“, ma non ha tralasciato di sottolineare: “…Il Governo fa la sua parte, le Autorità devono fare la loro”.

 

In occasione del convegno “La riforma del sistema della comunicazione. Libertà e pluralismo”, promosso da Mediacoop (Lega coop), Associazione Articolo21 e dalla Provincia di Roma – assessorato alle Politiche Culturali, Gentiloni ha difeso la scelta del suo Ddl di porre un limite del 45% agli introiti da spot per ciascun operatore: “…anche le precedenti leggi di sistema, la Maccanico e la Gasparri, contenevano limiti, in alcuni casi ancor più restrittivi. Se vogliamo dare al sistema più concorrenza, sia dal punto di vista economico che di pluralismo, questa è la strada da percorrere”.

 

Il Ministro ha rimarcato anche che “…in tutti i Paesi liberi ci sono limiti antitrust nel settore Tv: perfino negli Stati Uniti, così come in tutti i Paesi europei. Anche nella legislazione italiana c’erano limiti al numero delle reti e limiti al fatturato, quindi alla pubblicità: purtroppo hanno avuto negli ultimi anni alterne vicende, poi la Gasparri li ha cancellati. Penso che il Parlamento in questa legislatura li reintrodurrà”.

“…I limiti antitrust  – ha continuato – sono necessari a tutelare non solo la concorrenza, ma anche il pluralismo, che nel settore Tv sono un po’ come fratelli siamesi”, in particolare, in un Paese come l’Italia, dove esistono posizioni dominanti, e il Ministro ha ricordato quando detto a riguardo dalla Corte costituzionale, dall’Antitrust e l’Autorità per le comunicazioni.

 

Gentiloni ha, quindi, evidenziato che “…Anche il Sic, il sistema integrato di comunicazione introdotto dalla legge Gasparri, è un tetto al fatturato, un tetto di 400 piani, strepitoso, però è comunque un limite al fatturato”.

Secondo il Ministro, nel sistema televisivo italiano “…sono saltati due tetti: uno riguardava il numero di reti, tetto previsto anche da una sentenza della Corte costituzionale e posto nel limite di tre, fatto saltare con l’idea che alla fine del 2006 la Tv analogica sarebbe finita. A 29 giorni di distanza però – ha precisato – dobbiamo confermare quello che avevamo detto per tutta la legislatura e cioè che quell’idea non era vera. Oggi sappiamo che sarà un percorso difficile, lo so in particolare io che ci ho messo la faccia, e che durerà spero sei anni…”, fino al 2012 con la transizione al digitale terrestre.

Il secondo tetto saltato, per il Ministro, è quello della legge Maccanico, che introduceva “…un limite al fatturato, fissato nel 30% delle risorse. Ma i limiti – ha sottolineato Gentiloni – nel nostro sistema hanno vita difficile. Con la legge Gasparri e l’introduzione del Sic fu fatto saltare il limite della Maccanico e fu introdotto un altro tetto che consente solo al ‘club analogico’ di fare sperimentazione sulla Tv digitale”.

 

Gentiloni ha poi indicato i tre obiettivi principali verso cui occorre puntare in fatto di televisione: aprire il sistema Tv a una maggiore concorrenza, e quindi pluralismo; più servizio pubblico che faccia da pietra di paragone nel sistema e che conquisti più autonomia da politica e pubblicità; rafforzare la produzione di contenuti audiovisivi nell’era digitale (cinema, fiction, produzione indipendente).

Il tutto “…si realizza in strumenti legislativi diversi“, tra cui il disegno di legge sul riordino del sistema televisivo, la discussione sulle linee guida Rai, “…di cui il contratto di servizio è una parte significativa”.

A proposito del rapporto tra pluralismo e concorrenza, Gentiloni ha sostenuto che “…dalla minore o maggiore apertura alla concorrenza dipende la minore o maggiore libertà” di un sistema.

Per il Ministro l’obiettivo è disegnare “…un quadro di sistema in un intreccio di mercato. In particolare il disegno di legge che riguarda l’introduzione di meccanismi che vanno nella direzione della concorrenza”, replicando all’obiezione che è in realtà l’Innovazione tecnologica a introdurre più concorrenza.

 

Gentiloni si è augurato che “…l’opposizione si confronti con la maggioranza in Parlamento: di fronte abbiamo varie settimane per l’esame” del disegno di legge che è all’attenzione delle commissioni Trasporti e Cultura della Camera.

 

Da Como, Silvio Berlusconi, durante i festeggiamenti per i 96 anni della madre Rosa, è intervenuto anche a lui a commentare le dichiarazioni del presidente dell’Antitrust, non tralasciando di definire ancora una volta il Ddl Gentiloni come provvedimento frutto di “odio politico“.

Il Ddl Gentiloni si arenerà in Parlamento perché il Governo non riuscirà a trovare tanti complici che mettano in atto “un disegno di legge così delittuoso”.

Per questo non ci sarà bisogno di portare in piazza nessuno. Ne è convinto il leader di Forza Italia che ha dichiarato: “…Non ho mai detto che voglio portare la gente in piazza, penso che la cosa si arenerà in Parlamento perché 157 complici di questo disegno di legge veramente delittuoso non si possono trovare”.

 

Berlusconi ha, quindi, accolto positivamente le parole del presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, ma si è detto non sorpreso: “…Non si può prendere un’azienda quotata in Borsa, tagliare un terzo della sua posizione e dire che per fare questo c’è un altro motivo oltre l’odio politico verso il suo principale azionista. Così facendo però si fa male agli altri azionisti e nessun fondo di investimento verrebbe più in un Paese dove succedono simili cose”.

Berlusconi ha quindi sottolineato che sulla questione del sistema televisivo italiano c’è “…già stato un referendum, ma il problema è che chi ha il monopolio sta sul satellite. Le povere reti Rai e Mediaset – ha detto – si confrontano con 138 canali sul satellite”.

 

Di diverso avviso il responsabile Informazione della Margherita, Renzo Lusetti, che ha commentato: “…E’ singolare che il presidente dell’Antitrust si dichiari favorevole a situazioni di concentrazione e monopolio che tanti danni hanno arrecato al nostro sistema radiotelevisivo”.

“…Una legge sul sistema radiotelevisivo compiuta ed efficace è l’obiettivo al quale sta lavorando il Governo e ogni contributo utile in questo senso è ben accetto. Suscitano perplessità, invece, dichiarazioni come quelle di Catricalà che non solo allontanano dal risultato, ma che lascerebbero inalterate situazioni di monopolio che non sono più tollerabili”.

“…Il Governo  – ha concluso Lusetti – continuerà il suo lavoro e mi auguro si arrivi al più presto a un testo di riforma equilibrato che tuteli gli interessi di tutti, utenti e operatori e non solo quelli di Mediaset, come vorrebbero alcuni”.

 

Dopo il monito di Catricalà, il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Mario Landolfi, ha consigliato il “ritiro del testo Gentiloni“, aggiungendo che bisogna “…attendere l’esito della consultazione pubblica sulle linee guida per la riforma della Rai per presentare un unico disegno di legge sulla materia radiotelevisiva”.

“…E’ questa l’unica strada per avviare un confronto serio e sereno con l’opposizione”.

“…Al contrario, intestardirsi nel percorrere la strada intrapresa – ha detto ancora l’esponente di An – equivarrebbe a chiudere qualsiasi canale di dialogo non solo con la metà del Parlamento e a disattendere platealmente l’indicazione di un’Autorità indipendente, quale l’Antitrust, l’unica a poter decidere l’introduzione di limiti all’espansione delle Imprese”.

 

Ha consigliato il ritiro del provvedimento anche Paolo Romani, vicepresidente del gruppo di Forza Italia della Camera e componente della Vigilanza Rai.

“…I forti dubbi sulla percorribilità del Ddl Gentiloni li avevamo già espressi tutti in modo chiaro. Ora, dopo il monito del presidente dell’Authority Catricalà, al Governo e al Ministro non resta altro che ritirare il provvedimento, concludere velocemente le consultazioni sulla nuova Rai e, dopo, presentare una proposta di riforma complessiva dell’emittenza radiotelevisiva, della quale, in tutti i casi, non sentiamo il bisogno“, ha commentato Romani.  

E’ questa, secondo il deputato forzista, “…la sola strada che può favorire il dialogo tra maggioranza e opposizione che è condizione base, come ricordato da alte cariche istituzionali, per affrontare le riforme nel Paese. In caso contrario – ha concluso il deputato azzurro – il Governo si assumerà la responsabilità politica di imporre al Parlamento un provvedimento che, giorno dopo giorno, diventa sempre più illegittimo”.

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