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Continua a far discutere la sentenza della Terza sezione penale della Cassazione, secondo cui non è reato scaricare file musicali, film e programmi da internet se non c’è lucro, che ha diviso in due fronti il mondo politico, ma anche l’opinione pubblica.
La Cassazione ha annullato la condanna a tre mesi e 10 giorni di reclusione inflitta a due giovani, Eugenio Rizzi e un altro studente, che avevano scaricato e condiviso in rete tramite un computer di una associazione studentesca del Politecnico di Torino file musicali, film e software protetti da copyright.
Sentenza “sbagliata“, per l’ex Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca (Forza Italia), che nella scorsa Legislatura aveva promosso iniziative specifiche per superare il contrasto esistente in questo settore.
Il senatore azzurro ha aggiunto che “…internet non è e non deve essere assolutamente una zona franca, dove si può fare tutto. Quindi, come avviene nella società, bisogna proteggere le opere dell’ingegno. La legislazione vigente, del resto, afferma in modo chiaro che quando si scarica un’opera da internet a scopo di lucro, ossia di vendita, c’è un risvolto penale; se, invece, il download avviene per uso personale, si determina un provvedimento amministrativo”.
“…Ancora una volta – ha aggiunto l’ex Ministro – siamo di fronte al cosiddetto ‘dilemma digitale’: da un lato, si deve favorire attraverso internet la massima diffusione della conoscenza, che comprende le opere intellettuali, come libri, musica, film, ecc. e, dall’altro, è necessario proteggere la stessa proprietà intellettuale, perché se ciascuno di noi scaricasse tali opere senza pagare i relativi diritti, come avviene quando si acquista un libro, un disco o si va al cinema, i produttori non avrebbero più interesse a creare e diffonderne di nuove. Pertanto – ha aggiunto Stanca – dobbiamo evitare che non ci sia un ritorno del valore economico dell’attività di scrittori, produttori musicali, televisivi e cinematografici”.
Stanca ha concluso ricordando che “…proprio per dirimere la questione del ‘dilemma digitale‘ nella scorsa legislatura il Governo aveva promosso il “Patto di Sanremo“, il Tavolo di confronto e di lavoro (il primo in Europa) tra i diversi soggetti, cioè produttori musicali, televisivi, editoriali e cinematografici, con i provider internet per trovare punti di convergenza tra gli interessi contrapposti esistenti in materia”.
L’obiettivo era quello di trovare soluzioni positive al fenomeno della diffusione abusiva di contenuti digitali attraverso le reti telematiche, per consentire di promuovere lo sviluppo virtuoso del mercato di tali contenuti, delle reti e delle nuove tecnologie a supporto della diffusione della creazione artistica del nostro Paese.
Intervenendo a commento della sentenza, ha parlato di “una vera svolta“, Vincenzo Vita, Assessore alla Cultura della Provincia di Roma, “…Siamo di fronte a una vera svolta, a un punto di non ritorno”.
“…Questa sentenza – ha spiegato Vita – significa che si è finalmente aperta una nuova stagione del diritto d’autore. E’ stato obiettato che la sentenza si riferisce a una vicenda avvenuta prima dell’ultima legge in materia tuttavia, com’è noto, proprio su quella legge vi è stata una polemica amplissima tanto di parte politica quanto degli operatori e degli internauti; e quindi la sentenza della Corte di Cassazione viene a conferma di tanti dubbi espressi”.
“…Non si tratta ovviamente – ha sottolineato l’Assessore – di negare il diritto d’autore, bensì di ricollocarlo nella nuova stagione delle reti immaginando soluzioni diverse e in qualche caso alternative alla vecchia tipologia delle royalty. Si possono studiare seriamente delle ipotesi di lavoro che tengano conto per esempio della differenza tra il prodotto cartaceo tradizionale e il download. Ma una cosa è certa: dopo la sentenza non si può andare avanti come prima. Tra le priorità della riforma del sistema della comunicazione – ha concluso il già Sottosegretario alle Comunicazioni – il tema della riforma del diritto d’autore viene forse perfino prima di altri argomenti che affannano quotidianamente il dibattito politico”.
Una nota di Enzo Mazza , presidente di Fimi (Federazione dell’Industria Musicale Italiana), ha chiarito, infatti, che la sentenza in questione, “…si riferisce in realtà a un caso antecedente l’attuale normativa, in vigore dal 2004, che invece stabilisce la punibilità penale per lo scambio di file illegali e che punisce con una sanzione amministrativa di 154 euro chi invece si limita a scaricare una canzone abusivamente. Non si tratta pertanto di una decisione che modifica l’attuale legislazione in vigore”.
Secondo il parere di Giorgio Assumma, presidente della Siae, costituita parte civile nel processo ai due ragazzi, “…Il disposto della Corte di Cassazione lascia molto perplessi, perché si pone in contrasto con principi di diritto ormai acclarati dalla costante giurisprudenza, alla quale correttamente si era conformata la Corte di Appello di Torino”.
E ha spiegato: “…La Cassazione ritiene, in primo luogo, che uno scambio di opere dell’ingegno tra un numero di fruitori, attuato con un mezzo di facile diffusione qual è internet, configuri di per sé un uso personale”.
“…L’uso personale – ha aggiunto – è l’unica utilizzazione consentita dalla vigente legge, senza bisogno della preventiva autorizzazione del titolare dei diritti. Sennonché, contrariamente a quanto la Cassazione ritiene, è proprio la ampiezza della cerchia a cui, nel caso esaminato, è stata data la possibilità di accedere alle opere scaricate che fa venir meno l’ambito personale, trasformandolo in un ambito pubblico”.
Per il presidente della Siae, “…in secondo luogo la Cassazione afferma che non c’è scopo di lucro quando si verifica tra più persone un reciproco scambio di opere, senza che si richieda a loro carico una retribuzione pecuniaria. Al contrario, in base al nostro sistema giuridico, ogni scambio di per sé procura un vantaggio economicamente apprezzabile a favore di quanti lo compiano. Quindi – ha proseguito Assumma – lo scambio, anche se privo di un passaggio di moneta, deve considerarsi lucrativo. E quindi preclusivo della libertà di uso”.
Soddisfazione, invece, da parte del presidente dei deputati della Lega, Roberto Maroni, che si è sempre battuto a favore della libertà di poter scaricare di file musicali dal web. Maroni ha dichiarato che si tratta di “…una sentenza positiva che pone fine a un atteggiamento inutilmente repressivo nei confronti di tanti ragazzi che utilizzano internet per ascoltare musica e che costringerà le case discografiche a trovare mezzi più moderni o efficaci in alternativa per tutelare il diritto d’autore”.
Ma vediamo in dettaglio cosa ha stabilito la sentenza della Terza sezione penale della Corte di Cassazione: scaricare programmi tutelati dal diritto d’autore non è reato, a patto che l’autore del download non ne ricavino alcun guadagno economico.
Con questa motivazione è stata, quindi, annullata la condanna a tre mesi e 10 giorni di reclusione inflitta dalla Corte d’Appello di Torino a questi due giovani, Eugenio Rizzi e un collega, che avevano scaricato e condiviso in rete tramite un computer di un’associazione studentesca del Politecnico di Torino file protetti da copyright.
Il giovane, 32 anni, residente a Torino, impiegato come esperto di software in una multinazionale dell’informatica azienda, nel 1999 aveva elaborato, mentre era studente al Politecnico, ‘Demone‘, un programma che permetteva di scaricare musica nella stessa quantità in cui uno ne immetteva, utilizzando il pc di un’associazione studentesca del Politecnico di Torino. Per poter ottenere l’accesso bastava condividere il proprio archivio di musica, film, videogiochi o software, secondo il popolare sistema di file-sharing. Tutto spesso protetto dalla legge sul diritto d’autore.
‘Demone’ era stato poi individuato dai sistemisti del Politecnico e per Rizzi è cominciato un processo durato sette anni, fino all assoluzione della Cassazione. Dal canto suo Rizzi ha sempre sostenuto di aver ideato ‘Demone’ non per guadagnarci su, ma come sfida e con lo scopo di creare una comunità di scambio.
Secondo i magistrati piemontesi i due giovani erano colpevoli di aver violato la Legge sul diritto d’autore che, tra l’altro, punisce chi, “a scopo di lucro“, diffonde contenuti multimediali protetti da copyright.
Ma l’attività dei due imputati, ha spiegato la Suprema Corte , non aveva alcun “fine di lucro“, e quindi non si configurava l’effettiva violazione della legge.
“…I giudici di merito – si legge nelle motivazioni – hanno erroneamente attribuito all’imputato una attività di duplicazione dei programmi e di opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore, poiché la duplicazione in effetti avveniva a opera dei soggetti che si collegavano con il sito e da esso, in piena autonomia, prelevavano i file e nello stesso ne scaricavano altri. Doveva essere poi esclusa l’esistenza del fine di lucro da parte degli imputati, non potendosi ravvisare una mera attività di scambio”.
Per questo motivo la Cassazione, rilevando che “…le operazioni di ‘download’ di materiale informatico non coincide con le ipotesi criminose fatte dai giudici torinesi”, e che per “scopo di lucro” deve intendersi “un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto, e che non può identificarsi con un vantaggio di altro genere”, ha annullato senza rinvio la condanna per i due ragazzi che sono stati prosciolti definitivamente perché “il fatto non costituisce reato“.
Dopo la sentenza della Cassazione, Francesco Profumo, rettore del Politecnico, ha invitato Eugenio Rizzi a tornare per finire gli studi e laurearsi.
“…Sono incuriosito dall’attività di questo giovane – ha detto Profumo – e gli dico che se ha intenzione di finire gli studi, lo può fare. Se mi viene a trovare lo accolgo volentieri”.
Intanto Marco Mezzalama, vicerettore per l’informatica dell’ateneo torinese, ha precisato che “…il Politecnico monitorizza costantemente la propria rete e quando ci sono anomalie gravi le verifica e le segnala all’Autorità giudiziaria”.
“…Il nostro monitoraggio – ha precisato – non va a guardare la tipologia. Il nostro obiettivo è tutelarci dall’uso illecito dei computer. Quando emergono criticità – ha aggiunto – le denunciamo agli organi competenti”.
Mezzalama ha poi precisato “…che anomalie ce ne sono molte durante l’anno (…) ovviamente – ha concluso – l’importanza è molto diversa fra loro e quindi si risolvono in modi differenti”.