Italia
Si apre un nuovo capitalo nella vicenda che vede contrapposti i due maggiori operatori del mercato tlc italiano – Vodafone Italia e Telecom Italia – con, al centro del contendere, l’offerta Vodafone Casa numero fisso, che avrebbe dovuto traghettare il colosso della telefonia mobile nell’arena della banda larga fissa.
Telecom Italia ha infatti presentato un nuovo ricorso al Tar del Lazio, chiedendo l’annullamento del decreto col quale, lo scorso 7 dicembre, il ministero delle Comunicazioni ha autorizzato Vodafone a sperimentare per due mesi il nuovo servizio presso 15 mila utenze domestiche.
Lo stesso destino era toccato, prima che a Vodafone, anche all’offerta ‘Unico‘ della stessa Telecom Italia, per la quale l’Authority ad agosto
Il decreto impugnato da Telecom Italia prevede, tra le altre cose, l’avvio di una consultazione pubblica di 30 giorni che interesserà diversi aspetti della questione quali la disciplina regolamentare applicabile a questa tipologia di servizi; l’eventuale necessità di riesame delle analisi di mercato e la possibilità di prevedere obblighi relativi all’accesso alle reti degli operatori mobili da parte di operatori mobili virtuali.
Sempre l’offerta Vodafone Casa numero fisso era già stata al centro di un ricorso da parte di Telecom al Tribunale di Roma, il quale – lo scorso 30 novembre – aveva deciso di bloccare la commercializzazione e la pubblicizzazione del servizio, in particolare per quanto riguarda la parte che richiama alla possibilità di portare il numero fisso dalla rete di Telecom Italia sul telefonino.
Secondo quanto stabilito dal giudice, il servizio pubblicizzato da Totti e Gattuso costituisce infatti un ‘illecito concorrenziale’. Secondo Vodafone Italia, tuttavia, la decisione ha di fatto “confermato la legittimità del servizio”, mentre resta aperta “la questione sollevata dal Giudice del Tribunale di Roma sulla possibilità di portare il numero dalla rete Telecom alla rete Vodafone”.
La vicenda ha comunque radici ancora più antiche: a luglio dell’anno scorso, Vodafone aveva reclamato alla Corte d’Appello di Milano di imporre tempestivamente misure in grado di garantire il “ripristino di condizioni di effettiva concorrenza” sul mercato italiano, chiedendo a Telecom un risarcimento danni di 525,2 milioni di euro e una serie di misure volte a inibire il prosieguo di attività illecite e lesive della concorrenza. A novembre, poi, Vodafone ha citato in giudizio l’ex monopolista italiano presso il Tribunale Civile di Milano per concorrenza sleale dopo che la società guidata da Guido Rossi aveva sospeso la negoziazione con Vodafone riguardo l’apertura dell’interconnessione tra la propria rete e quella della società d’oltremanica.
Tutta la vicenda ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 80 comma 2 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche che – pur assicurando “che tutti gli abbonati ai servizi telefonici accessibili al pubblico, compresi i servizi di telefonia mobile, che ne facciano richiesta conservino il proprio o i propri numeri, indipendentemente dall’impresa fornitrice del servizio” – non si applica “alla portabilità del numero tra reti che forniscono servizi in postazione fissa e reti mobili”.
Telecom Italia non ha quindi l’obbligo di assicurare la portabilità dei propri numeri a beneficio di Vodafone “in quanto è regolamentata esclusivamente la service provider portability e non anche la service portability, quale quella del numero tra servizi di rete fissa e di rete mobile”.
Vedremo ora quale altra sorpresa ci riserverà la vicenda, ormai giocata più nelle aule giudiziarie che sul mercato, in attesa che la situazione si sblocchi e le Autorità facciano il loro dovere per assicurare agli utenti un servizio che non sia viziato da privilegi di sorta ma garantisca la massima trasparenza e convenienza agli italiani, un popolo che per il telefonino è disposto a tutto, anche evidentemente a pagare tasse ingiuste e a sottostare a una situazione concorrenziale – Telecom di fatto controlla ancora l’80% del mercato – che non trova eguali nel resto d’Europa.