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Pedopornografia: la Germania al centro di un nuovo scandalo, mentre l’Italia è già in prima linea con il nuovo decreto Gentiloni

Europa


A pochi giorni dalla firma del Decreto Gentiloni contro la pedopornografia online definito dopo un’istruttoria  durata alcuni mesi, si torna a parlare di Web e minori. Ma questa volta, purtroppo, a scuotere tutta l’Europa è una torbida vicenda che vede al centro dei riflettori un’inchiesta giudiziaria che sta portando a centinaia di incriminazioni. 

L’indagine, che parte dalla Germania ma si estende in tutto il mondo, ha messo allo scoperto un traffico di materiale pedopornografico diffuso su Internet e che, in maniera tentacolare, sembra estendersi fino alle Filippine. Effettuando un’analisi su oltre 22 milioni di carte di credito tedesche – in collaborazione con le società emittenti –  l’inchiesta ‘Mikado’ ha portato all’incriminazione di 322 individui, al sequestro di migliaia di file e a perquisizioni a tappeto in ambienti non soltanto domestici ma persino lavorativi. 

A dare risalto alla vicenda, il portale Der Spiegel, che ha illustrato in dettaglio le modalità operative tramite cui l’inchiesta è stata portata avanti dagli investigatori in sinergia con le società di credito – risorse impiegate, tempistica, tecniche di controllo dati – ponendo l’accento sulle implicazioni di natura legale legate proprio al controllo approfondito delle transazioni con carta di credito da parte dei sospetti, mettendo in atto quel che è stato definito dall’ordine degli avvocati tedeschi (Dav) come una sorta di ‘outsourcing’ delle indagini pubbliche nazionali a imprese private. 

Non è sempre facile definire nettamente i confini fra privacy e sicurezza. Certo, quel che non può passare in secondo piano, neanche dinanzi a cavilli legali, è la tutela dei minori in un universo dalle mille potenzialità e dai mille pericoli come quello virtuale. E la legislazione ha purtroppo imparato a fare i conti con una realtà tanto aberrante quanto, purtroppo, più che reale. Ed in forte aumento.  

Per meglio contrastare le nuove forme di pedofilia telematica, la legge n. 38/ 2006 (che modifica la legge 269/98 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”) ha introdotto in Italia il reato di ‘pedopornografia virtuale‘, che identifica e punisce la distribuzione di materiale pedopornografico anche se realizzato con programmi e tecniche di grafica virtuali, in cui le immagini di minori riprodotte sono quindi frutto di elaborazioni virtuali piuttosto che di situazioni reali. Una legge importante che, tra l’altro, ha previsto l’istituzione di un ‘Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet’, con il compito di raccogliere tutte le segnalazioni pubbliche e private, anche provenienti da organi di polizia stranieri.

Sulla scia di questi provvedimenti normativi, si colloca anche il Decreto firmato lo scorso 3 gennaio dal ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, che si pone quindi lungo la stessa direttrice: muoversi senza mezze misure contro ogni forma di utilizzo aberrante del mezzo telematico. Il decreto, realizzato di concerto col Ministero per le Riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione, entrerà in vigore tra poco meno di 60 giorni, periodo di tempo in cui gli Internet Provider dovranno dotarsi di sistemi di oscuramento capaci di bloccare entro 6 ore dalla comunicazione ricevuta, i siti incriminati.

“Il decreto rafforza la lotta contro i contenuti pedopornografici e lo sfruttamento dei minori attraverso Internet, che è una straordinaria fonte di informazione ed un motore dell’innovazione”, ha dichiarato il Ministro Gentiloni in occasione della presentazione del decreto.
“Per difendere la libertà contro ogni tentazione di censura preventiva e generalizzata, peraltro impraticabile”, ho sottolineato il Ministro, “occorre colpire in modo certo ed efficace chi ne fa un uso criminoso contro i bambini. Sono soddisfatto perché saranno proprio gli Internet Provider a collaborare con la Polizia Postale e delle Comunicazioni per oscurare i siti illegali”.

Nel decreto si dispone infatti che gli Internet Provider si dotino di sistemi di oscuramento dei siti denunciati, secondo i requisiti stabiliti nel provvedimento stesso, entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale al livello minimo di ‘nome del dominio’ ed entro 120 giorni dalla stessa data a livello di ‘indirizzo IP’. Il monitoraggio sui risultati ottenuti sarà poi effettuato ogni sei mesi, comprendendo nelle procedure di controllo anche l’efficacia delle tecnologie adottate in relazione alle finalità stabilite della legge.

All’istruttoria che ha preceduto la stesura e la firma del decreto, hanno preso parte  anche la Polizia Postale e delle Comunicazioni ma anche le stesse  associazioni degli Internet Provider, ai quali spetterà l’onere di intervenire direttamente, oscurando i siti incriminati dopo aver ricevuto, secondo modalità concordate.

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