Italia
Nella II Tavola Rotonda del IV Summit sull’Industria della Comunicazione in Italia organizzato dall’Istituto di Economia dei Media (IEM) della Fondazione Rosselli, “Il nuovo mercato audiovisivo digitale: nuovi operatori e modelli di business” moderata da Andrea Granelli, Direttore IEM -Fondazione Rosselli, si è discusso di regolamentazione del settore dell’audiovisivo, delle nuove opportunità di business offerte dall’ingresso sul mercato di nuovi mezzi di distribuzione.
Luca Balestrieri, Vicepresidente RaiNet, condivide gli scenari che l’analisi condotta dalla Fondazione Rosselli nel IX Rapporto IEM individua, cioè il cambiamento della struttura dei mercati che l’innovazione tecnologica sta producendo, l’ingresso sulla scena di nuovi mezzi di distribuzione, la necessità quindi di un approccio innovativo, senza tuttavia perdere di vista il fatto che in questo momento di transizione la televisione in chiaro continua ad essere un pilastro del sistema.
In questo nuovo scenario si registra una evoluzione degli operatori: società di TLC che aspirano a diventare Media Company, tendenza alla specializzazione e distinzione tra i gestori delle diverse reti digitali e i produttori e fornitori di contenuti. “..Questo processo è destinato a diventare uno degli elementi caratterizzanti del futuro universo digitale.”
Il contenuto deve essere a disposizione dell’utente sempre e ovunque. Da qui la logica dello sfruttamento del prodotto su differenti piattaforme, unica logica in grado di garantire la redditività dell’investimento nel complesso.
“Il produttore di contenuti deve costruire la sua forza sul content. In una situazione caratterizzata da una forte competizione tra le diverse piattaforme che si contendono sia il tempo che l’utente dedica alla fruizione dei contenuti, sia le risorse che tale utente è disposto ad investire per acquistare il prodotto, è evidente che la tipologia di content farà la differenza: content commodity, facilmente reperibile, e content premium.”
Multipiattaforma: questa la sfida dei prossimi anni per
Importante anche il riconoscimento del ruolo dei diversi attori nella catena del valore. “Abbiamo diversi tipi di contenuto che veicolano sulla rete, i grandi brand tradizionali ma sempre di più lo user generated content, perché il consumatore è interessato a diversi tipi di contenuto e ad avere in prima persona una certa visibilità.”
Per Casalini, al momento sono le reti mobili quelle che consentono con più facilità e redditività di monetizzare il valore dei contenuti; tuttavia il modello di business sviluppato, che insiste su un segmento ristretto di utenza, circa il 15% dei possessori di un telefono cellulare, va ripensato, individuandone di nuovi, in grado di attrarre un numero maggiore di utenti.
La televisione in chiaro del futuro sarà il digitale terrestre, secondo Piero De Chiara, Presidente DGTVi.
La strada del digitale terrestre è la via obbligatoria per chi oggi vuole iniziare a fare televisione: non esiste quindi ingresso di nuovi operatori nel panorama televisivo per via analogica. La televisione in chiaro, che ha bisogno del terrestre, ha però anche il diritto e l’esigenza di andare su altre piattaforme, come il satellitare e l’IPTV, con un suo marchio e una sua riconoscibilità. Altra strada per il futuro è quindi
Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione Mediaset, ha parlato del futuro modello di business della televisione generalista, che non subirà significativi cambiamenti: il core business sarà sempre l’offerta di una televisione free, non analogica ma digitale, finanziata dalla pubblicità.
Un sfida che la tv generalista deve comunque raccogliere, se vuole rimanere all’interno del processo di sviluppo e modernizzazione dei media, riguarda l’offerta pay (VoD, Pay-per-view, IP-Television) e in questa direzione dovrebbe andare Mediaset, per differenziare la sua offerta.
Gina Nieri, è critica verso lo sfruttamento intensivo dei contenuti, perché questo nasconde un modello di business a corto raggio. Un esempio è quello del prodotto cinematografico che arriva sulla TV generalista usurato, dopo esser passato attraverso l’offerta pay, l’home-video. Le possibilità offerte dalle nuove piattaforme distributive devono servire da incentivo a produrre contenuti specifici per le singole piattaforme.
A livello normativo, la convergenza cuore dello sviluppo dei contenuti, è caratterizzata da uno squilibrio, derivante dal fatto che a fronte di un settore come quello audiovisivo rigidamente regolamentato, le telecomunicazioni godono invece di una regolamentazione meno soffocante, come dimostrato dai contenuti che la Rete veicola senza controlli.
La convergenza non è solo un dato tecnologico, ma tra non molto sarà anche un dato di mercato. Per Antonio Perrucci, Direttore Servizio Analisi Economiche e di Mercato – Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il mercato della convergenza, in cui confluiscono diversi operatori, esperti di comunicazioni e di media, fornitori di IT, Major, non produce tuttavia una maggiore concorrenza. Il processo della specializzazione, infatti porterà ad avere operatori fortemente specializzati, per territorio o per categoria merceologica; il rischio è che quindi le aziende detengano un piccolo monopolio su determinati prodotti.
Le Autorità preposte alla regolamentazione si devono chiedere quindi cosa fare, che strada intraprendere. Oggi siamo davanti ad una nuova stagione regolamentare. La stella polare dell’attività del regolatore sarà quella di conciliare uno sviluppo del mercato e della tecnologia in senso concorrenziale senza penalizzare gli operatori che investono in tale campo. Temi importanti sono il monopolio sulla rete di accesso, le reti di nuova generazione, reti agnostiche rispetto al contenuto che veicolano, in quanto consentono di veicolare contemporaneamente telefonia vocale, dati, contenuti televisivi.
Il monopolio sulla rete di acceso è un tema importante, e sarà un tema chiave della prossima stagione regolamentare, rispetto al quale a livello comunitario non c’è una posizione univoca.
La light regulation nel settore dell’audiovisivo viene invocata anche da Fabrizio Grassi, Chief Executive Officer FBC Group. Il modello di business non è certo, perché la regolamentazione ha preceduto la nascita di alcuni mercati, come quello dei video sulla telefonia mobile, ponendo pertanto degli ostacoli. Il mercato di Internet invece registra una crescita esponenziale 10 volte superiore a quella che caratterizza il settore delle comunicazioni. Ciò avviene perchè è un settore non regolamentato, caratterizzato da una continua sperimentazione nei confronti dell’utente. E’ necessario quindi riflettere e chiedere nel nostro paese un alleggerimento della normativa vigente e della regolamentazione, anche attraverso il recepimento della normativa a livello europeo su temi quali il product placement. Oggi è la pubblicità che sostiene tutti gli operatori. Diamo la possibilità al contenuto editoriale di potersi esprimere avendo il supporto anche della pubblicità. E’ questa che deve spingere e supportare i contenuti, e non viceversa.
“…Oggi si parla di convergenza ma non è detto che si tratti di un fenomeno che si debba realizzare a tutti i costi.” Nicola Grauso, Editore E Polis, vede invece tra le certezze del futuro due forti trend: la diffusione del digitale e la diffusione della connessione alla rete a banda larga attraverso la fibra ottica. Per Grauso ciò che si realizzerà probabilmente sarà solo la possibilità di alcune convergenze, ma non l’assoluta possibilità di convergenza perché problemi di tipo culturale, giuridico, condizioni di varia natura, di fatto non favoriranno la convergenza in maniera esclusiva.
Che cosa ha portato l’innovazione tecnologica all’editoria tradizionale? Sicuramente un abbattimento dei costi di produzione.
“…Noi non siamo un’azienda che lavora sulla rete, ma che lavora grazie alle rete e riesce a realizzare 15 testate con dei costi di produzione che solo l’innovazione tecnologica ci consente di avere.”
Ha completamente ribaltato la logica dell’editore tradizionale che seleziona i contenuti da distribuire l’avvento di Google. Massimiliano Magrini, Country Manager Google Italia, ha spiegato che cos’è Google?
“…Google è principalmente un’azienda di tipo tecnologico che non si occupa della produzione di contenuti. Il suo valore aggiunto è una capacità tecnologica estremamente elevata messa al servizio degli utenti finali che cercano informazioni sul web.”
La mission dell’azienda è quindi quella di utilizzare la tecnologia per rendere fruibile l’informazione all’utente finale. Questo pone Google in una logica differente da quella dei content provider. Noi ci proponiamo di creare delle piattaforme tecnologiche che consentano agli editori o a chiunque abbia dei contenuti, di distribuirli ad utenti che ricercano informazioni.
Il cambiamento del paradigma è molto forte: non è l’editore che determina la selezione degli argomenti o il piano editoriale, ma è l’utente stesso che attiva questo percorso in maniera completamente autonoma. Questo cambia in maniera radicale la fruizione tra il mezzo e l’utente finale. Noi stiamo dando delle risposte diverse a bisogni nuovi: dal nostro punto di vista la tecnologia crea delle opportunità enormi, ma anche delle inefficienze enormi.
Noi vogliamo creare delle piattaforme che permettano la fruizione di contenuti creati dagli utenti stessi, ma anche quelli premium, realizzati dai broadcaster. Questo avviene tramite due logiche di business: la prima è la sperimentazione di pay-per-view, oppure una fruizione gratuita, finanziata tramite la pubblicità.
Tale pubblicità non può essere la semplice traslazione della pubblicità tradizionale su piattaforma nuove, ma deve essere coerente con i nuovi bisogni espressi dagli utenti.
Il convitato di pietra oggi è l’integrazione verticale rappresentata dal mondo analogico: l’operatore televisivo dispone delle frequenze, prepara i contenuti, distribuisce e raccoglie
Secondo Antonio Pilati, Componente Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l’innovazione tecnologica amplia le possibilità di essere sul mercato e di costruire nuovi modelli di attività.
La regolamentazione ha accelerato i tempi; si è passati dal monopolio ad un mercato pienamente concorrenziale in tempi stretti. In Europa l’apertura del mercato delle comunicazioni è avvenuta dal 1 gennaio 1998. Lo stesso processo sta avvenendo pur con un decalage temporale diverso, nel settore televisivo. La convergenza, che ha fatto il suo ingresso prima sul piano tecnologico, poi sui mercati alla fine, arriverà anche sul piano giuridico. Di quale tipo di regolamentazione c’è bisogno? Meno regolamentazione, più possibilità di business e competizione è la soluzione individuata da Pilati. Bisogna stare attenti, soprattutto in una fase come questa, a non cadere nella tentazione dell’eccessivo costruttivismo, della eccessiva designazione delle regole perché non è detto che il mercato che i regolatori hanno in testa sia quello che richiedono i consumatori o le aziende.
La convergenza sta moltiplicando le opportunità di consumare i contenuti. Ma il rischio per l’Italia è di rimanere fuori dalla partita che si sta giocando sul piano internazionale; mentre in paesi come Spagna, Bretagna, India, l’industria dei contenuti ha avuto un impulso straordinario in questi ultimi anni, l’Italia, un po’ per una struttura fiscale arretrata, e per la conformazione particolare del suo sistema televisivo e telefonico, rischia di rimanere indietro.
“…Chi ha il disegno legislativo in mano, è importante che faciliti l’accesso di nuovi operatori in questo mercato. Rischiamo altrimenti di essere tagliati fuori da un mercato sempre più importante.”