Italia
I recenti fatti di cronaca che hanno posto internet al centro dell’attenzione dei media e delle istituzioni per la presenza di video girati da utenti che volevano pubblicizzare le loro bravate di varia e grave natura, hanno scatenato una serie di proposte riguardo l’opportunità di introdurre leggi repressive nei confronti dei gestori dei siti web che ospitano questo tipo di materiale.
La repressione o anche la censura preventiva non sono però strade percorribili secondo il Sottosegretario Beatrice Magnolfi, che ha sottolineato come queste misure, oltre a essere lesive delle libertà fondamentali sono anche del tutto inefficaci “perchè troppo numerosi sono i contenuti immessi giornalmente in rete”.
I gestori dei siti, su cui si vorrebbe far ricadere la responsabilità di quanto accaduto, non sono gli autori dei materiali contestati – caricati in rete direttamente dagli utenti che li hanno prodotti – e secondo la direttiva europea del 2000 hanno soltanto il dovere di rimuovere i contenuti illegali non appena ne siano a conoscenza.
“La sfida che abbiamo di fronte è difficile – ha aggiunto la Magnolfi – quel che è certo è che le nuove regole non potranno prescindere da una più forte assunzione di responsabilità sociale”.
Le affermazioni della Magnolfi, tuttavia, contrastano con la decisione della procura di Milano di iscrivere i due legali rappresentanti di Google Italy nel registro degli indagati per la pubblicazione del video choc girato ai danni di un giovane artistico a Torino per i reati di concorso omissivo nel reato di diffamazione a mezzo internet.
In sostanza, partendo dal presupposto che internet, essendo un “sistema internazionale di interrelazione piccole e grandi reti telematiche, è equiparabile ad un organo di stampa”, il tribunale ha stabilito che il titolare di un nome di dominio Internet “ha i medesimi obblighi del proprietario di un organo di comunicazione” e deve quindi vigilare sulla liceità del materiale pubblicato, anche quello inviato da terze persone.
Google potrebbe evitare problemi per il fatto che nel caso in questione il sito offre semplicemente ‘ospitalità’ al filmato incriminato e, in base all’art. 17 del dlgs 70/2003, “il prestatore del servizio non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite”.
In questi casi, comunque, chi gestisce un sito che ospita materiali video, è tenuto a informare senza l’autorità giudiziaria o amministrativa qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un destinatario del servizio, nonché a fornire, su richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l’identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite.
Il prestatore del servizio, inoltre, è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui non ha agito prontamente per impedire l’accesso al contenuto, ovvero se, “avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l’accesso, non ha provveduto ad informarne l’autorità competente”.
Google insomma, dovrebbero al sicuro sia dal punto di vista civile che da quello penale.
Anche secondo Garante Privacy, tuttavia, il caso del video del ragazzo picchiato in classe “pone il problema del controllo sui siti Internet e sui nuovi media per i quali è più difficile intervenire con provvedimenti interdettivi. Il web è molto ampio e la quantità dei siti si moltiplica quotidianamente. Spesso, perciò, sono difficili il monitoraggio e l’intervento tempestivo”.
Il Governo, ha concluso la Magnolfi, “guarda con attenzione al tema delle regole della rete”, tanto che nel corso del Governance Forum di Atene l’Italia ha promosso la redazione di una Carta dei diritti e dei doveri di Internet.
“Nella rete di seconda generazione – ha aggiunto il Sottosegretario – in cui i contenuti sono prodotti dagli utenti, con livelli bassi o inesistenti di intermediazione, insieme alla libertà di esprimere il proprio pensiero, deve crescere anche la responsabilità personale delle azioni che si compiono”.
Internet, insomma, non deve essere solo terreno di diritti, ma anche di doveri “e la consapevolezza dei rischi non deve mai soverchiare quella delle opportunità”, ha concluso la Magnolfi, sottolineando che, alla luce dell’inadeguatezza delle attuali norme, “è necessaria una nuova regolamentazione a livello internazionale che tuteli da una parte la libertà di espressione e dall’altra la dignità personale”.
Sulla questione dei materiali illeciti in rete è intervenuto anche il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni che ha reso noto che nei prossimi giorni verrà emanato il decreto attuativo della legge che si occupa della repressione della pedopornografia online.
Il provvedimento – redatto di concerto col ministero dell’Innovazione – ha richiesto un lavoro molto lungo poiché, ha spiegato Gentiloni, “non basta cancellare tutto con un tratto di penna o erigendo ‘muraglie cinesi’, in quanto la Rete è sì una minaccia che si manifesta con la diffusione di contenuti violenti, ma è anche uno strumento che offre grandi possibilità per i giovani”.
È necessario, dunque – ha concluso il ministro – “stabilire regole concordandole con gli stakeholder, perchè non è certo nostra intenzione bloccare l’accesso a Internet come avviene in Cina, e perchè credo che neanche in quel Paese un tale blocco reggerà ancora a lungo”.
27 novembre 2002 – 27 novembre 2006
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