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Finché i dati di ascolto non saranno chiari e trasparenti, Sky Italia non entrerà nella proprietà di Auditel e avanza anche dubbi sulla governance, “la cui struttura appare in contrasto con le linee guida internazionali per una corretta gestione delle analisi d’ascolto“. La Pay TV, in una nota invita per l’apertura dei lavori del Simposio internazionale “Tv on the Move“ (Roma, 16-17 novembre 2006), smentisce così alcuni recenti annunci fatti dal management della società di rilevazione degli ascolti in merito all’ingresso di Sky nella proprietà della società.
“Tale ingresso potrà avvenire – ha spiegato Sky – solo quando Auditel garantirà quegli elementi di trasparenza del processo e di accuratezza nella rilevazione dei dati che abbiamo chiesto ormai da tempo: solo nel momento in cui si saranno verificate tali condizioni saremo disponibili a discutere un eventuale ingresso nel capitale sociale di Auditel”.
In particolare il Simposio affronterà “come gli editori televisivi si stanno adeguando alle opportunità che derivano dalle nuove tecnologie e come queste tecnologie impatteranno con le abitudini dei consumatori“.
L’evento, dedicato al mercato televisivo e alle sue costanti evoluzioni, affronterà tra l’altro il tema delle rilevazioni degli ascolti, in una sessione intitolata ‘Television Research: time shifting viewing and other challenges‘.
Sky ha sottolineato “come appaia particolarmente ironico affrontare questo tema in Italia, dove il sistema di rilevazione degli ascolti è talmente arretrato da non consentire, ad oggi, la produzione di dati affidabili sull’audience della televisione digitale”.
Secondo Sky Italia, la struttura della governance di Auditel “…appare in contrasto con le linee guida internazionali per una corretta gestione delle analisi d’ascolto: chiediamo al mercato soprattutto se sia corretto che i controllati siano anche i controllori”.
“La quota di maggioranza della proprietà di Auditel è da sempre nelle mani delle aziende televisive, le stesse aziende la cui performance è misurata proprio dalla ricerca di Auditel. Questa impostazione porta naturalmente con se il sospetto di un costante conflitto di interesse – sottolinea ancora Sky – che sarebbe bene superare, a tutto vantaggio della trasparenza e a tutela degli investimenti pubblicitari delle aziende”.
La società di Rupert Murdoch rileva a tale proposito che “basta pensare che il panel utilizzato da Auditel per la rilevazione degli ascolti televisivi è costruito fondamentalmente in funzione della televisione analogica tradizionale, e che qualsiasi dato relativo a trasmissioni digitali (satellitari, terrestri o attraverso altre piattaforme) è soltanto un derivato di questo panel e non un obiettivo specifico della ricerca”.
“Questa scelta appare decisamente in contrasto sia con lo sviluppo della televisione digitale in Italia che con le principali best practices internazionali nel settore”.
“Nonostante una presenza ormai consolidata della Pay TV in Italia – aggiunge la Tv satellitare – non è possibile, a tutt’oggi, avere dati certi relativi agli ascolti di centinaia di canali digitali ricevuti attraverso le varie piattaforme e seguiti ogni giorno da milioni di famiglie, contrariamente a quanto avviene in tutti i principali mercati televisivi europei”.
Spiega Sky che questo si evince anche da quanto affermato dalla stessa Auditel, che nelle “note informative metodologiche relative al 2006″ trasmesse all’Agcom e disponibili sul sito della stessa Autorità per le Garanzie sulle Comunicazioni, ha scritto di non essere neanche in grado di indicare “l’entità del margine d’errore delle stime d’ascolto ottenuto con il panel Auditel“, specificando che “essendo estremamente ampia la gamma di combinazioni di canali, fasce temporali e target di analisi che possono essere prodotte con i dati Auditel, è corrispondentemente elevato il margine di errore delle stime che possono essere prodotte” e sottolineando che “l’errore cresce al diminuire della percentuale di famiglie che possono ricevere il segnale dell’emittente“.
“Tale condizione, propria degli operatori che utilizzano tecnologie di trasmissione diverse dalla Tv analogica – aggiunge Sky – impedisce di ottenere dati certi, chiari e trasparenti sull’ascolto delle emittenti televisive digitali. In seguito ad alcuni recenti annunci fatti dal management di Auditel in merito all’ingresso di Sky nella proprietà della società, si precisa che tale ingresso potrà avvenire solo quando Auditel garantirà quegli elementi di trasparenza del processo e di accuratezza nella rilevazione dei dati che abbiamo chiesto ormai da tempo: solo nel momento in cui si saranno verificate tali condizioni saremo disponibili a discutere un eventuale ingresso nel capitale sociale di Auditel”.
Sull’argomento Auditel è intervenuto oggi anche il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che nel programma di RadioRai di Piero Dorfles, ha dichiarato: “…L’Auditel deve cominciare a misurare sul serio l’ascolto del satellite e delle piattaforme digitali“, ma “se quella dell’ascolto deve restare l’unica ragione editoriale per aprire e chiudere un programma, nel servizio pubblico, questa cosa deve essere corretta”.
Da anni al centro di aspre polemiche, in particolare sulla mancanza di trasparenza riguardo ai metodi utilizzati e sull’inaffidabilità dei dati rilevati, Auditel resta in Italia la fonte primaria per l’analisi degli ascolti televisivi.
Un sistema che fa acqua da tutte le parti e che ha portato alla costituzione di un ‘Tavolo permanente sulla questione Auditel‘, che è nato con l’obiettivo di raccogliere tutte le istanze della società civile, che già da molti anni si sono espresse criticamente nei confronti dell’Auditel, chiedendone l’abolizione a frutto di un sistema di rilevamento degli ascolti televisivi veritiero e trasparente.
Roberta Gisotti , portavoce del Tavolo permanente e autrice del libro ‘La favola dell’Auditel’, è da anni a capo di questo movimento che cerca di ottenere un intervento da parte delle Autorità per risolvere una spinosa questione che vede impegnati da anni operatori, consumatori, società di rilevazione.
Da sottolineare che nel 2005 la Corte d’Appello di Milano, chiamata in causa da una denuncia mossa da Sitcom, ha bloccato la diffusione dei dati d’ascolto dei canali satellitari, rilevati in forma sperimentale, definendoli “scarsamente attendibili, parziali ed erronei“. Il blocco è stato recentemente confermato dalla stessa corte, che ritiene tutt’ora i dati auditel “inadeguati” alle esigenze del mercato.
Ma ad indagare su Auditel, c’è anche l’Autorità per le Garanzie sulle Comunicazioni.
Nel maggio scorso, la Commissione servizi e prodotti dell’Agcom, presieduta da Corrado Calabrò, ha approvato l’atto di indirizzo sulle rilevazioni degli indici di ascolto e diffusione dei mezzi di comunicazione (televisione, radio e stampa). Con questa decisione, l’Autorità, giudicando il sistema dell’Auditel inadeguato alle esigenze attuali del mercato, ha dettato principi generali che riguardano in particolare la governance delle società di rilevazione e i criteri metodologici d’indagine basati sui ‘campioni statistici’ e sulla ‘rappresentatività dei risultati’.
Apertura della compagine societaria a tutte le realtà presenti sul mercato, indipendenza effettiva dei comitati tecnici, comunicazione degli assetti societari entro sei mesi all’Autorità, sistemi di rilevazione per tutte le piattaforme e un campione di riferimento più rappresentativo: sono i punti essenziali dell’atto.
Attualmente la proprietà di Auditel è così divisa: il 33% ai rappresentanti delle Imprese di comunicazione (20% Upa, 11,5% Assap e 1,5% Unicom), il 33% alla Rai, il 33% alle emittenti private (20.22% Rti, 6.45% Mediaset, 3,33% La7 e 3% Frt), infine l’1% spetta alla Fieg.
Il Cda – che definisce le linee strategiche e approva il bilancio – è presieduto da Giulio Malgara e composto da 6 rappresentanti della Rai, 4 di Mediaset, 3 di Upa, 2 di Assap, 1 di La7 e 1 della Frt.