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IBM ancora re dei supercomputer. Sono 237 i sistemi targati Big Blue nella top 500 mondiale

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IBM resta il leader indiscusso dei supercomputer.

Stando alla classifica dei TOP500 supercomputer più potenti del mondo, sono 237 i sistemi di Big Blue presenti nella lista.

 

In cima alla classifica, con 280,6 Teraflop di  prestazioni sostenute,  il supercomputer Blue Gene/L IBM, sviluppato e installato presso il Lawrence Livermore National Laboratory, utilizzato per condurre simulazioni relative alla scienza dei materiali per il programma Advanced Simulation and Computing (ASC) della NNSA.

 

La versione commerciale di Blue Gene – System Blue Gene Solution – è stata lanciata soltanto nel novembre 2004: nel giro di due anni, il numero di sistemi Blue Gene presenti nell’elenco dei primi 500 supercomputer del mondo è salito a 28, quello dei cluster AMD Opteron a 55.

 

Basata sull’architettura IBM POWER, la soluzione è ottimizzata per garantire la larghezza di banda, la scalabilità e la capacità necessarie a gestire enormi quantità di dati richiedendo soltanto una frazione della corrente e dello spazio necessari ai sistemi più veloci esistenti.

Con i suoi partner, il gruppo sta inoltre valutando una gamma sempre più ampia di applicazioni High Performance Computing (HPC) nell’area delle scienze farmabiologiche, modellazione finanziaria, idrodinamica, chimica quantistica, dinamica molecolare, ricerca astronomica e spaziale e modellazione climatica.

 

I sistemi IBM rappresentano il 49,6  per cento della potenza di elaborazione totale: basti pensare che 4 dei primi 5 supercomputer della top 500 sono stati prodotti da Big Blue, e che nelle prime 100 posizioni figurano 44 sistemi.

 

L’ecosistema di istituti che sfruttano la potenza di calcolo dei sistemi IBM per fare ricerca avanzata comprende, tra gli altri, la Boston University, l’Università di Edimburgo, il San Diego Supercomputing Center, l’Argonne National Lab, l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) e l’IBM Deep Computing Capacity on Demand Center.

 

La Boston University, ad esempio, utilizza Blue Gene per affrontare una serie di difficili problemi scientifici che vanno dalla fisica subnucleare alla genetica, alla biologia cellulare per arrivare fino allo studio degli oceani e alla meteorologia spaziale.

Altri ricercatori utilizzano il sistema per effettuare  previsioni del tempo spaziali studiando come le attività della superficie del sole influiscano sulla cintura che protegge la Terra dalle radiazioni, sulla sua atmosfera superiore e sulla sua ionosfera.

 

La maggior parte di questi supercomputer (306) si trovano negli Usa, seguiti dall’Europa (95) e dall’Asia (79).

 

Oltre al Blue Gene/L, nella top 5 figurano il Red Storm della Cray, ospitato ai Sandia National Laboratories, il Blue Gene/L Watson a 91,29 Teraflop del Thomas J. Watson Research Center, il supercomputer ASC Purple, con 75,76 Teraflop e il MareNostrum, l’unico in Europa, ospitato dal Barcelona Computer Center.

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