Rai: il Cda nomina i vicedirettori. Slitta l’esame dei conti e la definizione delle guidelines per la TDT

di Raffaella Natale |

Italia


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Via libera dal Cda Rai alle nomine dei vicedirettori per le direzioni Risorse umane, Risorse Tv e Acquisti e servizi. Dopo che la scorsa settimana le proposte del Direttore generale Claudio Cappon erano state bocciate, oggi si è raggiunta un’intesa che ha visto però la nomina di soli due vicedirettori alla direzione Risorse Umane, rispetto ai tre originariamente proposti dal direttore generale.  

A quanto si apprende, Luigi Meloni e Alessandro Zucca sono i nuovi vicedirettori delle risorse umane, dove sarebbe tramontata l’ipotesi di un terzo vicedirettore. Valerio Fiorespino è il nuovo vicedirettore delle risorse televisive e a Giancarlo D’Arma è stata invece stata affidata la vicedirezione del dipartimento acquisti e servizi.

E’ invece slittato alla prossima settimana l’esame dei conti 2006 e la definizione delle guidelines per lo sviluppo della Tv digitale.

Gran parte della riunione odierna, infatti, è stata dedicata a una discussione sulla trasmissione di Michele Santoro, ‘Annozero’.

Sono arrivate le proteste della Cdl di cui si sono fatti portatori i membri del Cda vicini al centrodestra. A Cappon è stato quindi affidato il compito di effettuare una verifica sui programmi di approfondimento che riguarderà anche i contenziosi aperti nei confronti di ‘Report’ di Milena Gabanelli.

   

Il Cda ha inoltre inviato all’azionista Ministero del Tesoro, al Ministero delle Comunicazioni e alla Commissione parlamentare di Vigilanza, un documento articolato che contiene la proposta di inserire il pagamento del canone Rai nelle bollette elettriche che gli italiani pagano ai diversi gestori.

Già da tempo si parlava di un’ipotesi del genere e anche Cappon l’aveva ventilata di recente, ma oggi il consigliere Rai, Angelo Maria Petroni, l’ha resa pubblica, sottolineando che non si tratta più solo di ipotesi ma di una vera e propria proposta della Rai, in vista anche del rinnovo del contratto di servizio con lo Stato. E ieri anche il Ministro della Comunicazioni, Paolo Gentiloni ha sottolineato la necessità di interventi contro l’evasione del canone.

  

Se la Rai recuperasse l’intera evasione al canone, l’incasso annuale dalla tassa aumenterebbe di 600 milioni di euro, visto che la percentuale degli italiani che non pagano è del 27,4% contro una media europea del 3-5%, come ricorda Petroni nel suo intervento. Un incremento di risorse che permetterebbe alla Tv di Stato di far fronte alle necessità di investimento legate al passaggio alla tecnologia digitale.

Secondo la proposta avanzata dalla Rai, il canone dovrebbe essere inserito nella bolletta elettrica di ciascuna famiglia italiana, limitatamente alla prima casa, con la presunzione del possesso di un apparecchio televisivo, che in base a quanto deciso dalla Corte Costituzionale, è titolo sufficiente per la Rai a riscuotere il canone che è una vera e propria tassa statale.

Coloro che non posseggono una Tv dovrebbero dichiararlo con un atto sostitutivo di atto notorio, rischiando però, in caso di falsa dichiarazione, sanzioni penali.

Il pagamento dovrebbe seguire la cadenza bimestrale delle bollette elettriche, ed essere quindi ‘spalmato’ sull’intero anno e non più in un’unica soluzione come avviene attualmente nella maggior parte dei casi.

Intanto in attesa che il Cda si riunisca la prossima settimana, continuano i confronti sul futuro dell’emittenza pubblica.

  

La separazione proprietaria tra operatore di rete e fornitore di contenuti e l’allontanamento dei partiti dalla gestione dell’azienda: sono i punti essenziali per la nuova Rai nell’era digitale secondo il documento, redatto da un gruppo di specialisti, che la rivista ‘Reset’ pubblicherà nel prossimo numero, fra dieci giorni, e che è stato presentato ieri a Roma.

Firmato da Giorgio Bogi, Enzo Cheli, Alessandro Ovi, Augusto Preta, Carlo Rognoni, Antonio Sassano e Gianluca Veronesi, il documento propone “alcune idee al futuro Partito democratico e alla maggioranza di centrosinistra – ha spiegato il direttore di ‘Reset’, Giancarlo Bosetti – affinché vengano tradotte in azione di governo”.

Principi ispiratori essenziali sono la separazione, non solo in termini di società. come prevede il Ddl Gentiloni dopo lo switch-off del 2012, ma anche in termini di proprietà, della società che gestisce torri e impianti di distribuzione da quella che produce e offre i contenuti. Altro punto qualificante, “la madre di tutte le separazioni”, cioè quella dai partiti che governano e si spartiscono la Rai e il suo Cda”, ha detto Bosetti.

   

Questi gli altri temi centrali: la sostituzione del concetto di ‘centralità’ del servizio pubblico con quello di ‘indispensabilità’, intesa come obiettivo politico, che implica la sua autonomia dagli interessi strettamente commerciali e modalità di finanziamento pubbliche; la creazione di una fondazione ad hoc per le funzioni di indirizzo e controllo e per la nomina dei vertici, con organi costituiti da persone selezionate pubblicamente attraverso una Commissione terza nominata dall’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni; la responsabilità editoriale confermata nelle mani dell’azienda, che deve attuare gli indirizzi attribuiti; il canone (o altri strumenti di finanziamento pubblico) inteso come unico fondamento della funzione di servizio pubblico, con un’entità stabilita per un periodo di media-lunga durata; la fruibilità del servizio pubblico attraverso tutte le piattaforme.

   

Per dare un contributo all’avvio di una discussione sul futuro del servizio pubblico, il governo si appresta a emanare un pacchetto di guidelines. Lo ha annunciato Paolo Gentiloni, proprio durante il convegno di Reset “Per un nuovo servizio pubblico radiotelevisivo nell’era digitale”.

Il Ministro ritiene che le linee guida serviranno a “coinvolgere tutti” gli attori del sistema “per cambiare alcuni aspetti di organizzazione della Rai“. Per Gentiloni, quando nel 2012 sarà a regime la riforma, il servizio pubblico, avrà ancora un senso ma “dovrà cambiare, attraverso l’acquisizione della possibilità di continuare a giustificare il mantenimento di missione e finanziamento pubblici”.

“Oltre ai temi classici del servizio pubblico, poi – secondo il Ministro – occorre individuare temi nuovi, partendo dal chiarimento del rapporto tra free e pay, quindi sull’incrocio tra la gratuità e le platee generaliste, e il ruolo del servizio pubblico come uno dei fattori trainanti per orientare l’Innovazione tecnologica”.

Il futuro della Tv pubblica italiana, però, passa anche per il confronto “con tre caratteristiche specifiche del nostro mercato”, ha ricordato Gentiloni, con cui dovrà fare i conti il disegno di legge di riassetto di cui il Ministro si appresta a varare le linee guida, per sottoporle poi ad un ampio confronto pubblico.

“In primo luogo, il duopolio e la concentrazione degli ascolti e delle risorse nelle mani di due soggetti: una situazione che ha anche effetti politici di forte resistenza al cambiamento e all’Innovazione“, ha spiegato Gentiloni.

“In secondo luogo, l’ibrido tra le fonti di finanziamento della Rai, per metà rappresentate dal canone e per metà dalla pubblicità: un meccanismo che spinge all’omologazione con la Tv commerciale. Paletto essenziale, da questo punto di vista, è la separazione tra le attività finanziate dal canone e quelle sostenute dagli introiti pubblicitari“. L’ultima, ma forse più grave anomalia del sistema italiano, è “il rapporto tra Tv pubblica e politica, che esiste ovunque ma in Italia è abnorme e non più sopportabile”.

   

Con queste questioni deve misurarsi la riorganizzazione della Tv pubblica, “il cui assetto – ha sottolineato ancora il Ministro – deriva dalla riforma del 1975, e quindi è vecchio di 31 anni: gli unici aggiustamenti apportati successivamente riguardano i criteri di nomina del cda, che è passato da diciassette a cinque e agli attuali nove membri, eletti in forme diverse e da soggetti diversi”.

  

Gentiloni ha aggiunto: “Rivedremo il meccanismo di misurazione del valore pubblico della Rai attraverso un indice che tenga conto di parametri che riguardano sia la qualità sia gli ascolti”.

  

L’ipotesi allo studio per una nuova configurazione della Rai si baserà sulla separazione societaria tra attività finanziate dal canone e attività finanziate dalla pubblicità, “…confermando però l’unità aziendale. Strategicamente si può prevedere un ingresso dei privati nella rete che è sarà finanziata dalla pubblicità. Si tratta di un’ipotesi ragionevole il cui esito però dipenderà dalla discussione politica“. Così il Ministro è tornato sulla discussa questione dell’ingresso dei privati in una rete Rai che dovrebbe avvenire con la riforma del sistema pubblico televisivo. Il Ministro ha però sottolineato che non si tratta di una strada obbligata “visto che esistono esempi all’estero come Channel 4, che all’interno della BBC opera come una Tv commerciale“.

   

Gentiloni vede con favore l’idea di creare una società delle reti di trasmissione televisiva dove confluiscano le infrastrutture dei vari operatori, ma dice no a qualunque operazione dirigistica e si dice perciò pronto a valutare progetti industriali che vengano dai player televisivi. Il Ministro ha detto che il suo essere aperto e favorevole all’idea “è contenuto nel disegno di legge sulla transizione al digitale, in quell’articolo in cui si dice che vengono favorite le forme di aggregazione consortile per la gestione delle frequenze nella fase di transizione“. Il Ministro si è però detto “contrario a congegnare proposte che vengono dall’alto” e comunque ha sottolineato che per una valutazione dell’ipotesi più compiuta è necessario attendere qualcosa di concreto da parte degli operatori: “Bisogna valutare i progetti industriali – ha concluso – quando verranno avanti”.

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