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R&D: cresce il gap tecnologico tra Europa e Usa, mentre l’Asia avanza a grandi passi

Europa


Le buone intenzioni, quando si tratta di investimenti in Ricerca e Sviluppo non bastano: servono fatti concreti per poter superare il gap che separa l’Europa dagli Stati Uniti.

Le compagnie statunitensi, infatti, continuano a spendere molto di più in questo settore di quanto non facciano le rivali europee, tranne alcuni casi isolati.

 

Secondo lo scoreboard pubblicato dal ministero del Commercio e dell’Industria della Gran Bretagna, le spese in R&D tra il 2005 e il 2006 sono cresciute in Europa del 5,8%, contro l’8,2% negli Usa, il 10,7% in Cina e il 25,1% in India.

 

Dallo scoreboard – la classifica più completa sulle spese R&D del mondo che identifica i 1.250 top spender in base ai rapporti annuali delle compagnie – emerge che il gap è ancora più evidente se si confronta la crescita degli investimenti nel settore negli ultimi 4 anni.

Le compagnie europee, infatti, hanno speso nel 2005 il 5,6% in più rispetto alla media degli ultimi 4 anni, contro un aumento del 15,6% negli Usa, il 10,2% in Cina, il 62% in India.

 

Addirittura, le imprese di alcuni Paesi europei come la Germania, l’Olanda, il Lussemburgo e l’Irlanda, spendono tra lo 0,9% e il 19% in meno rispetto alla media dei 4 anni precedenti.

 

Le 1.250 aziende più attive nella Ricerca e Sviluppo hanno investito nel 2005/06 circa 370 miliardi di euro, segnando una crescita del 7% sull’anno precedente. La cifra si concentra essenzialmente in società di 5 Paesi (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Gran Bretagna che totalizzano l’82% del totale) in 5 settori (tecnologia, hardware, farmaceutica, automobilismo, elettronica e software).

 

Tra le aziende hi-tech, Microsoft è al quinto posto, con investimenti per 5,7 miliardi di euro, seguita dalla tedesca Siemens all’ottavo con 5,2 miliardi e dalla sud coreana Samsung con 4,7 miliardi. Tra le altre europee, Nokia al 17° posto, Ericsson al 31° e Alcatel al 49°.

L’unica italiana nella top 50 è Finmeccanica, con spese dedicate agli investimenti per 1,7 miliardi di euro.

 

La crescita più spettacolare è quella registrata in Asia: le 44 compagnie taiwanesi comprese nello scoreboard – poche effettivamente note in occidente – hanno aumentato gli investimenti in R&D del 30,5%, mentre le 17 sud coreane hanno registrato una crescita di poco inferiore al 12%.

 

Forse a sorpresa, la Cina resta in una posizione relativamente bassa della classifica: come ha spiegato l’autore dello scoreboard Mike Tubbs, il gigante tecnologico Lenovo – che lo scorso anno ha acquistato la divisione Pc di IBM – è un chiaro esempio di come le grandi aziende del Paese debbano ancora realizzare l’importanza dell’R&D.

Lenovo ha investito nel settore soltanto 167 milioni di euro a fronte di un fatturato di 11,64 miliardi di euro.

 

“Sia le compagnie cinesi che quelle indiane – ha aggiunto Tubbs – sono alle prime fasi di sviluppo e preferiscono copiare o acquistare in licenza le tecnologie, proprio come facevano quelle giapponesi negli anni 40 e 50″.

 

Lo scoreboard dimostra anche l’incontrovertibile legame tra gli investimenti in R&D e la crescita dei profitti.

Ne sono l’esempio quelle compagnie che hanno risposto al calo delle vendite con un incremento delle spese nel settore, come Nokia, Juniper Networks e AMD, che hanno ritrovato forza nei rispettivi settori a spese di quelle compagnie che sicure dei propri risultati hanno tagliato le spese.

  

Secondo l’impegno assunto dai Capi di Stato e di Governo a Barcellona nel 2002, l’Europa dovrebbe destinare al settore della Ricerca & Sviluppo, il 3% del PIL entro il 2010.

Questo obiettivo così come quelli fissati nel 2000 a Lisbona, con l’obiettivo di fare dell’Europa l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, appaiono quanto mai una chimera per il Vecchio Continente, che dovrà cambiare totalmente atteggiamento se vorrà agganciare il treno della competitività.

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