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L’ultima sfida del low-cost: telefonini a 15 dollari per i Paesi emergenti

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Entro il 2008 il costo dei telefonini nei Paesi emergenti potrebbe scendere a meno di 15 dollari, almeno secondo quanto prevede il chairman di Motorola David Brown.

 

Se questo obiettivo venisse raggiunto, almeno 100 milioni di persone potrebbero riuscire ad acquistare un cellulare, in quei Paesi dove molto spesso le linee fisse sono carenti o addirittura inesistenti.

 

Brown riprende i dati di uno studio condotto dalla London Business School, secondo cui la telefonia mobile svolge un ruolo molto importante nella riduzione dei costi di business e nella spinta industriale in tutti quei Paesi privi di infrastrutture di telecomunicazione fissa: una penetrazione mobile del 10% è infatti in grado di spingere la crescita annuale di un Paese dello 0,6%.

 

“In termini assoluti, è un numero enorme”, ha spiegato Brown sottolineando come una crescita dello 0,6% rappresenti circa un quinto della crescita media annuale del PIL.

 

Brown ha ribadito che i costruttori sono pronti a fare del loro meglio per abbattere i costi dei telefonini, ma devono essere poi anche i governi di questi Paesi a fare la loro parte, lavorando con l’industria mobile per abbassare al minimo i costi implicati nel possederne uno.

 

D’accordo su questo punto anche la GSM Association, che rappresenta 690 operatori di 240 Paesi e 180 produttori.

La GSMA ha lanciato un programma per abbattere le barriere che impediscono agli abitanti dei paesi in via di sviluppo di accedere alle comunicazioni mobili, come risultato diretto di una ricerca secondo cui il costo del telefonino e le tasse troppo elevate hanno reso le comunicazioni mobili inaccessibili per milioni di persone, provocando un grave ritardo nello sviluppo economico e sociale dei Paesi in via di sviluppo.

 

Secondo il rapporto della GSMA, in 16 Paesi su 50 presi in esame, le tasse rappresentano il 20% del costo totale relativo al possesso e all’uso del telefonino.

In 14 di questi Paesi, l’utente mobile medio paga più di 40 dollari all’anno in tasse sul telefonino e i servizi mobili.

 

Tutte queste imposte, rallentano il rollout e impediscono l’accesso a strumenti potenti nella lotta contro la povertà, proprio in quei Paesi che invece dovrebbero trarre maggior guadagno dalle nuove tecnologie di comunicazione.

 

A ciò si aggiunge il fatto che nei mercati emergenti esiste un fiorente mercato nero dei telefonini, che rappresenta il 39% delle vendite totali, causando perdite ingenti all’industria.

 

I governi dimostrano dunque di affrontare la questione del digital divide in maniera abbastanza incongruente, sostenendo di voler facilitare l’accesso alle comunicazioni, ma allo stesso tempo imponendo alte tasse sui telefonini e sul loro uso.

 

Motorola, tra l’altro è stata scelta dalla GSMA per lo sviluppo e la fornitura di cellulari di largo consumo, nell’ambito del programma EMH (Emerging Market Handset) per i mercati emergenti e nel settembre 2005 ha vinto una seconda gara per la fornitura dei suoi dispositivi a un costo inferiore a 30 dollari.

 

Insieme, le due organizzazioni prevedono di fornire oltre 20 milioni di cellulari nelle nazioni a basso PIL entro la fine del 2006, connettendo oltre 31.000 nuovi utenti al giorno.

 

Se questi apparecchi fossero esenti da tasse varie, secondo le stime della GSMA, tra il 2006 e il 2010, nei 50 mercati esaminati verrebbero venduti 930 milioni di apparecchi in più.

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