IGF: per la Reding prioritaria la lotta alla censura, perché ‘Internet continui a sostenere lo sviluppo economico’

di Alessandra Talarico |

Mondo


Viviane Reding

Ha preso il via ieri ad Atene la prima riunione del Forum sulla governance di internet, convenuto nel novembre 2005 al Vertice mondiale di Tunisi sulla società dell’informazione (WSIS) e fermamente sostenuto dalla Commissione europea in quanto opportunità unica di dialogo politico aperto e multilaterale sulla governance di internet e sullo sviluppo, per dare applicazione concreta all’accordo di Tunisi.

 

La riunione intende porre le basi per l’internazionalizzazione della gestione di internet, anche alla luce delle pesanti polemiche innescate dall’ingerenza degli Usa sull’Icann, l’ente che si occupa della gestione tecnica del web.

 

Ad Atene la Commissione europea è rappresentata dal Commissario ai media e alla società dell’informazione Viviane Reding che, nella giornata inaugurale ha tenuto un lungo e articolato discorso, toccando punti di stretta attualità.

 

“Non è un caso che cittadini e rappresentanti istituzionali di tutto il mondo si incontrino ad Atene – culla della democrazia – per dibattere sul tema della governance e non ho dubbi che questo evento contribuirà alla democrazia di internet”, ha esordito la Reding, da subito forte sostenitrice del Forum e dell’approccio “aperto, globale e multistakeholder” che esso rappresenta.

 

L’IGF, ha spiegato la Reding, “sarà un importante pilastro del nuovo modello di cooperazione promosso a Tunisi lo scorso anno”.

Esso non sostituirà le negoziazioni tra i governi ma sarà ad esse complementare, generando idee e soluzioni funzionali al dialogo.

 

L’obiettivo di questo primo meeting IGF è quello di “tradurre in azioni le parole di Tunisi” riguardo temi come l’apertura, l’accesso, la diversità e l’accesso.

 

“Si tratta di temi veramente globali e le risposte che richiedono saranno cruciali sia per i Paesi in via di sviluppo che per quelli già sviluppati”, ha sottolineato il Commissario Ue, che ha messo il dito nella piaga forse più pericolosa per il futuro del web: la protezione della libertà di espressione e dei diritti umani, principi messi troppo spesso in pericolo da governi totalitari che si mascherano da paladini del progresso e delle libertà.

 

“Nel giro di pochi anni – spiega – internet è diventato uno degli strumenti di comunicazione più dinamici che il mondo abbia mai sperimentato. Facilitando il flusso di informazioni esso rafforza i processi democratici, stimola la crescita economica e permette proficui scambi di conoscenza”.

 

Troppo spesso tuttavia, queste condizioni fondamentali vengono prese di mira da coloro i quali non danno valore alla libertà di espressione o ignorano i benefici sociali ed economici del libero flusso delle informazioni, da coloro, cioè “che considerano la libertà come una minaccia e vogliono imporre la loro visione del mondo o il loro credo religioso”, ha aggiunto la Reding.

 

“La possibilità di comunicare via internet con tutto il mondo è senz’altro uno degli aspetti più positivi della globalizzazione”, ha affermato ancora la Reding, “Ma internet potrà continuare a svolgere un ruolo di democratizzazione e di propulsore dello sviluppo economico solo se sono garantite la libertà di espressione e di accesso all’informazione”.

 

Per questo la Ue si è sempre battuta e continuerà a farlo per “mantenere internet come una zona aperta e libera da censure di ogni sorta, uno spazio in cui i cittadini del mondo possano comunicare liberamente senza dover chiedere il permesso a nessuno, tanto meno al proprio governo”. E per questo la Commissione europea invita i governi e l’industria del mondo intero a “non tollerare restrizioni pubbliche all’accesso a internet, né qualsiasi forma di cyber-repressione”.

 

La Reding è poi passata ad analizzare i benefici apportati da internet alle politiche di sviluppo e coesione sociale.

“Tunisi ci ha insegnato che i vantaggi di internet devono essere condivisi da tutti, non solo dagli abitanti del nord Europa, del nord America o del sud est asiatico”.

La priorità dei governi deve essere quella di colmare il digital divide, “perché internet è di tutti e deve essere di tutti”.

Garantire a tutti l’accesso a internet, però, non è soltanto una questione relativa alla diffusione di schermi e cavi: “E’ ugualmente importante riconoscere la portata e il valore della diversità culturale all’interno del villaggio globale creato dal web”.

 

Per la sua natura, internet promuove la diversificazione culturale e linguistica ed è per questo motivo che si parla tanto di multilinguismo: “prendiamo ad esempio – ha aggiunto la Reding – la questione dell’IDNs, che spesso è considerata soltanto tecnica. Non è così e se si vuole affrontare la questione della stabilità, c’è l’imperativo politico che internet offra diversi linguaggi di scrittura”.

 

Se non si consentirà a un cinese di utilizzare gli ideogrammi o a un arabo di usare il proprio alfabeto c’è insomma “il reale pericolo di una futura frammentazione di internet”.

 

Bisogna allo stesso tempo introdurre il multilinguismo negli stessi meccanismi di governance: certo, l’inglese è stato e continuerà ad essere un’utile ‘lingua franca’ ma ci stiamo muovendo verso il ‘punto zero’ di internet “in cui ogni cittadino sarà creatore di contenuti e avrà quindi un interesse sempre maggiore a partecipare al dibattito sulla gestione della rete, incluse le questioni relative alla sicurezza, alla partecipazione e al business in una più efficiente catena di responsabilità”.

 

“Possa l’eredità democratica di Atene essere fonte di ispirazione per tutti noi e guidare il nostro dibattito anche se controverso”, ha concluso la Reding sottolineando che “il futuro di internet dipenderà dal dialogo e dalla volontà di tutte le parti interessati – società civile, industria e governi – di cooperare nello spirito di comprensione comune”.

 

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