Italia
Signore e signori, buongiorno e grazie per avere voluto onorare con la loro presenza questo convegno su “Tv, Minori e Corecom. Un triangolo virtuoso“, organizzato dal Corecom Lazio.
Ringrazio in particolare le Autorità – il presidente del Consiglio regionale Massimo Pineschi e gli assessori Giulia Rodano e Mario Michelangeli – e i colleghi degli altri Corecom, che hanno affrontato anche molte ore di viaggio e di traffico per raggiungerci qui a Roma.
Questa mattina parleremo di televisione, ma sotto un profilo abbastanza diverso da quello che da diversi giorni tiene banco sui giornali e in televisione. Un profilo che tuttavia riteniamo non meno importante del primo, e che si può sintetizzare con questa frase-obiettivo:
Migliorare la qualità dei programmi televisivi regionali a vantaggio dei telespettatori più giovani
Su questo tema si incentrerà la relazione introduttiva di Domitilla Baldoni, Commissario del Corecom che ne presiede
Come è noto a molti di loro, i Corecom di diverse regioni – e tra essi quello del Lazio – svolgono da tempo azioni capillari volte a migliorare la qualità dei programmi televisivi, per adulti e per minori.
Di queste azioni ci parleranno, credo, Maria Luisa Sangiorgio e Samuele Ciambriello, rispettivamente presidente e vicepresidente della Conferenza dei Corecom/Corerat, l’organismo rappresentativo dei Comitati a livello nazionale.
La Conferenza favorisce una uniformità dei comportamenti dei vari Corecom, e funge da cinghia di trasmissione tra essi e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Ed è proprio l’Autorità nazionale, oggi autorevolmente rappresentata da Maria Pia Caruso e dal Commissario Giancarlo Innocenzi, che ha incaricato i Corecom di verificare la tutela dei diritti dei minori nelle trasmissioni radiotelevisive, fornendo loro preziose indicazioni normative e un supporto operativo continuo.
Per questa ragione sarà particolarmente interessante ascoltare le considerazioni conclusive di Innocenzi, che ringrazio in modo non rituale per la sua presenza hic et nunc, malgrado l’intensa attività che l’Autorità sta svolgendo in questi giorni.
Naturalmente l’obiettivo che ho enunciato all’inizio può essere raggiunto solamente con una riflessione che tragga spunti e suggerimenti da diversi ambiti culturali, e con un’azione pratica che possa contare sui necessari strumenti operativi.
Per il primo aspetto – diciamo così dottrinale – nel corso della mattinata potremo trarre utili spunti di riflessione ascoltando relatori con competenze di tipo giuridico (Zeno Zencovich), sociologico (Mario Morcellini), politico ( la senatrice Maria Burani Procaccini e Vincenzo Vita) e psicologico (Gianni Biondi).
Ascolteremo anche rappresentanti del mondo dei genitori (Luca Borgomeo), della ricerca (Laura Sturlese) e dello spettacolo (Franco Benenato, meglio noto con il nome di Pippo Franco).
Per quanto riguarda gli aspetti operativi, posso annunciare che nel prossimo anno il Corecom intende avviare il monitoraggio dei programmi televisivi, dando la priorità a quelli destinati ai minori nella cosiddetta “fascia protetta”, dalle ore 16 alle 19, per poi estenderlo a tutta la giornata.
Si tratta di un’operazione complessa, che richiede una strumentazione informatica dislocata nelle varie province della regione e collegata in rete, e una task force particolarmente qualificata.
Per il suo svolgimento abbiamo avviato una proficua collaborazione con l’Assessorato alla Tutela dei consumatori e Semplificazione amministrativa della Regione, della quale penso ci parlerà Mario Michelangeli, al quale va quindi un ringraziamento doppio – come relatore e come alleato del Corecom – senza ovviamente nulla togliere agli altri relatori.
E ora una breve riflessione sul “triangolo” citato nel titolo del convegno, partendo dal suo primo lato: la televisione.
Come è noto, il dibattito sul bene e sul male che la televisione può fare – agli adulti e ai ragazzi – è in corso da circa mezzo secolo, grazie soprattutto alle innovative e dirompenti tesi e proposte formulate negli anni ’60 dal sociologo canadese Marshall McLuhan.
In questo periodo sono stati realizzati talmente tanti studi di segno opposto – a opera dei vari “apocalittici” o “integrati” di turno, per dirla con Umberto Eco – che non è possibile – e forse nemmeno utile – ricordare le diverse lodi e critiche di volta in volta formulate al piccolo schermo.
Sicuramente si può trovare del vero nelle une e nelle altre, anzi praticamente su tutte le caratteristiche della comunicazione televisiva si possono sostenere tesi e antitesi ugualmente valide.
Mi limito a considerare la critica che Derrick de Kerckhove, allievo ed erede intellettuale di McLuhan, formula alla televisione nel volume “Brainframes. Mente, tecnologia e mercato”.
La televisione, egli sostiene, “parla in primo luogo al corpo e non alla mente“, e possiede un nascosto potere di fascinazione ipnotica, in quanto riesce a trascinare lo spettatore da un’immagine a un’altra costringendolo a rinunciare a una decodifica interiore. In altre parole, essa lascerebbe troppo poco tempo ai suoi fruitori per riflettere su ciò che stanno guardando.
Tesi ripresa pochi giorni fa da Mario Gabriele Giordano, che su l’Osservatore Romano denuncia come la televisione, “trovando il suo punto di forza nell’immagine più che nella parola, già di per sé determina un affievolimento della capacità astraente, che è condizione e alimento non solo del senso critico, ma anche delle più elementari manifestazioni di un essere pensante degno di questo nome”.
A suffragio di questa tesi vengono subito alla mente tanti esempi, a partire dal condizionamento che la pubblicità esercita su stili di vita e propensioni agli acquisti di milioni di persone, adulti e ragazzi.
Ma c’è un contro-esempio altrettanto calzante che smentisce il cliché del telespettatore recettore passivo: la tesi, largamente condivisa, che la televisione abbia giocato un ruolo determinante nella caduta dell’ex impero sovietico, avendo svolto una funzione informativa essenziale per fare crescere la consapevolezza dei propri diritti presso decine di milioni di persone abitanti oltre cortina.
E, venendo a tempi più recenti, posiamo citare i tanti episodi di denunce di violenze gratuite perpetrate su civili e su cittadini inermi, che proprio dalla forza suggestiva posseduta dalle immagini traggono la loro incisività e permanenza nella memoria.
Di fronte a simili dicotomie, la strada più pragmatica per il telespettatore sembra essere quella di prendere il grano – che indubbiamente la Tv gli offre – e rifiutare il loglio, usando con accortezza il telecomando per scovare i programmi di qualità nel mare magnum di oroscopi, televendite, pseudo informazione scientifica che incita alla chirurgia estetica, e liti di condominio che assurgono al rango di programmi televisivi.
Ma – e qui veniamo al secondo “lato” del triangolo – se la mano che tiene il telecomando è quella di un ragazzo, non possiamo sempre stare tranquilli che egli sappia e voglia compiere questa operazione.
Soprattutto nel caso di programmi in apparenza innocui, ma che di fatto esaltano in modo indiretto disvalori quali la violenza, il razzismo e l’intolleranza, oppure propugnano stili di vita caratterizzati da bullismo, edonismo, abitudini alimentari sbagliate.
Se l’Italia è ai primi posti in Europa per il numero di bambini in sovrappeso – e i dati sono destinati a peggiorare, in quanto in Europa il sovrappeso in età scolare cresce al ritmo di circa 400mila casi l’anno – la responsabilità è in buona parte della pubblicità televisiva.
Forse i pericoli maggiori per i ragazzi si annidano proprio là dove il livello di autodifesa raggiunge il suo minimo a causa della natura subliminale del messaggio trasmesso: per esempio nel caso della pubblicità del telefonino, che accenna con bonaria ironia alle vicende di corruzione in cui la protagonista è stata coinvolta.
Ecco allora – e qui il triangolo si chiude – che le Autorità di regolamentazione della televisione di quasi tutti i Paesi europei svolgono, tra i loro compiti, anche la verifica che il settore radiotelevisivo rispetti le norme in materia di tutela dei minori.
Ovvero, per dirla con le parole della Convenzione dei diritti del fanciullo, che la programmazione sia finalizzata “a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale, nonché la sua salute fisica e mentale“.
La normativa in materia è particolarmente ricca e dettagliata, anche se forse non nota al grande pubblico. Per esempio, dice che:
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la pubblicità televisiva non può essere inserita nei programmi di cartoni animati, e non può esortare direttamente i minorenni ad acquistare un prodotto o a persuadere i genitori ad acquistarlo;
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i minori non possono essere impiegati in messaggi pubblicitari e spot;
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i film vietati ai minori di 18 anni non possono essere trasmessi, e quelli vietati ai minori di 14 solo tra le ore 20.30 e le 7.
In Italia l’azione di verifica si svolge in maniera ancora più incisiva che all’estero, in quanto siamo l’unico paese in cui il controllo viene eseguito – dai Corecom – a livello regionale, il solo che consenta di esaminare effettivamente i programmi di tutte le centinaia di televisioni locali operanti nel nostro paese.
Finora il Corecom del Lazio ha svolto un’attenta azione di verifica sulla qualità dei programmi televisivi, basandosi soprattutto sulle segnalazioni che gli provengono da istituzioni, associazioni o semplici cittadini. Il Corecom visiona ogni programma segnalato ed eventualmente svolge le azioni opportune, fino alla trasmissione degli atti all’Autorità.
È un’azione efficace? Può migliorare? Io sono convinto che essa migliorerà notevolmente la sua efficacia se potrà contare su una collaborazione più attiva da parte dei cittadini, se essi invieranno al Corecom le segnalazioni sui programmi a loro parere irrispettosi di un pubblico minorenne.
Proprio per incrementare questa collaborazione, abbiamo avviato nello scorso mese di settembre una campagna di stampa, sui quotidiani più diffusi in ambito regionale, della quale abbiamo riprodotto il bozzetto nella copertina del programma del nostro convegno.
Il messaggio che abbiamo voluto lanciare – e che qui ripeto – è che è sufficiente telefonare, inviare un fax o una mail al Corecom per segnalare che un programma ha superato il livello di guardia, e così dare il proprio contributo al miglioramento da tutti auspicato.
Ma, come ho accennato, ridurre gli effetti negativi di certi programmi televisivi con un’azione di vigilanza costituisce solo una delle due facce della medaglia.
Se è utile criticare la pubblicità diseducativa delle merendine, o quella inopportuna della valletta, è altrettanto necessario sostituirla con la proposta di modelli di comportamento alternativi più validi, che possano arrecare vantaggi effettivi ai giovani telespettatori.
Questa seconda attività è più complessa e impegnativa del semplice controllo, perché non richiede l’applicazione di norme già esistenti, ma l’ideazione creativa di nuovi contenuti e palinsesti, che sappiano coniugare l’utilità e il divertimento.
Probabilmente sarebbe difficile sostituire il quiz che premia con 500mila euro chi sa tutto su gossip, reality e telenovele con uno che proponesse una diversa scala di valori (e non fosse un flop di ascolti!). Difficile ma forse non impossibile.
È una sfida che si pone a tutti noi, come genitori o come cittadini, e per vincere la quale sono certo che contributi importanti saranno arrecati dalle relazioni che ascolteremo questa mattina.
Consulta il profilo Who’s Who di Angelo Gallippi