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Il Ddl Gentiloni approda alla Camera: l’opposizione non demorde, si preannuncia un confronto infuocato

Italia


Il disegno di legge Gentiloni, sul riordino del sistema televisivo nella transizione al digitale terrestre, varato lo scorso giovedì all’unanimità dal Consiglio dei ministri, è stato trasmesso alla Camera. Il provvedimento, quindi, contrariamente a quanto annunciato nei giorni scorsi, inizierà il suo iter parlamentare da Montecitorio e non dal Senato, mentre tutto intorno è polemica e si susseguono i commenti a questo decreto che lascia alcuni insoddisfatti.

 

Dall’assemblea generale dell’Upi, il segretario Ds Piero Fassino, ha dichiarato: “Le norme previste dal Ddl Gentiloni impongono l’avvio di una discussione sul futuro della Tv di Stato“.

“E’ evidente – ha detto Fassino a margine dei lavori – che la linea data al Ddl Gentiloni complessivamente sul sistema radiotelevisivo sollecita anche una discussione su come debba essere la Rai sulla sua missione“. Per Fassino, si tratta di una discussione necessaria perché “utile a tutti”, e che “si dovrà fare in modo pacato”.

 

Apprezzamento per il decreto anche da parte di Pierluigi Castagnetti (Margherita) che ha parlato di provvedimento “assolutamente mite ed equilibrato, perché riportare il tetto della pubblicità dal 60 al 45%”.

“Comunque un intervento molto più generoso rispetto a quello appena approvato in Germania dove il tetto è al 30, come nella maggior parte delle democrazie europee”.

 

Chiede invece “meno interventismo da parte delle cariche dello StatoFabrizio Cicchitto (Forza Italia), riferendosi alle dichiarazioni di approvazione del Presidente Giorgio Napolitano e spiegando che “non ci può essere una sacralità di queste istituzioni per cui non si può rispondere ai loro interventi”. Sul tema del conflitto d’interessi, Cicchitto ha poi sottolineato che “se si parla di conflitto d’interessi, allora si deve prendere in considerazione anche il rapporto tra i DS e Lega delle Cooperative, e in questa finanziaria ci sono almeno due o tre provvedimenti ad hoc. Quindi – ha concluso Cicchitto – non scherziamo sulla faccenda del conflitto d’interessi, perché quello dei DS è gigantesco”.

 

Proprio ieri il presidente della Commissione di vigilanza Rai, Mario Landolfi, ha parlato del Ddl Gentiloni come di “un’arma di distrazione di massa“, ritenendo che “…serve a distrarre l’opinione pubblica da una finanziaria contestata da tutti, punta sul fatto che il tema della Tv possa unire una maggioranza in fibrillazione”.

Landolfi, intervenuto ieri sera a ‘Porta a Porta’, ha puntato anche il dito contro l’assenza nel provvedimento delle norme relative alla Rai, “spostate in un secondo tempo: la Gasparri, invece, è una vera legge di riordino del sistema perché parla anche del Servizio Pubblico”.

 

A riguardo, ai componenti Udc in Vigilanza, Rocco Buttiglione e Rodolfo De Laurentiis, Paolo Gentiloni ha risposto che è “prematuro” discutere dell’ipotesi di unificare l’esame in Parlamento del Ddl di riforma del sistema radioTv e del provvedimento che riguarderà la governance della Rai del quale lo stesso Ministro si prepara a presentare le linee guida.

“Abbiamo di fronte un Ddl di riforma – ha detto Gentiloni – che farà la sua strada in Parlamento. Nelle prossime settimane presenteremo come ministero un altro provvedimento, con le linee guida di riforma della Rai: a quel punto si aprirà una fase importante di consultazione, poi tireremo le fila in consiglio dei Ministri. Fare una discussione adesso sul successivo iter parlamentare del progetto relativo alla Rai, mi sembra prematuro. Ma continuo a cogliere l’atteggiamento più aperto al confronto sul merito del provvedimento da parte dei colleghi dell’Udc”.

 

“La riforma del settore Tv – ha spiegato Gentiloni – è un provvedimento che ha avuto una gestazione riservata, visto che coinvolgeva società quotate in Borsa e ha obiettivi precisi all’interno dell’intero sistema. Con la Rai, invece, vogliamo seguire un criterio diverso che passerà per una proposta del ministero a cui seguirà un’ampia consultazione per poi arrivare al Consiglio dei ministri”.

 

Per il resto però il ministro non si attende larghe intese tra maggioranza e opposizione in materia televisiva: “Io non ho mai visto mutamenti degli assetti televisivi tramite accordi e questo è avvenuto per tutte le riforme che si sono succedute negli ultimi 20 anni. Si litiga regolarmente perché il rapporto tra politica e televisione è un rapporto particolare, e in più c’è la posizione di un esponente politico che ha forti interessi nella televisione. Per questo credo che sarà molto difficile trovare accordi sulla riforma in discussione”.

 

L’aspetto più contestato del Ddl Gentiloni è quello che riguarda il polo televisivo della famiglia Berlusconi. 

“Credo che il cambiamento degli assetti del settore televisivo farà bene a Mediaset, perché finora la legge ha permesso al gruppo di crescere troppo. Credo che anche la Tv generalista di Mediaset debba cambiare e diversificarsi con una presenza in diversi Paesi e in diversi settori come è avvenuto per altri grandi gruppi europei”, ha detto senza mezzi termini il Ministro.

Secondo Gentiloni il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, “ha le sue idee ed esagera le conseguenze della legge di riforma per la sua azienda sapendo di farlo. Credo che invece Mediaset sia di fronte a un bivio e debba decidere il suo assetto futuro”, ha concluso il Ministro.

 

Il Ministro commenta poi il calcolo del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che ha stimato una perdita per il gruppo di circa 450 milioni di euro come risultato della riforma del settore radioTv.

Gentiloni ha spiegato: “Se il mercato regge, con un aumento dei prezzi attorno al 10%, la perdita sarà zero“.

“In un mercato dove non è possibile aumentare i prezzi – ha detto il Ministro – la perdita massima teorica è quella indicata da Confalonieri. Alla fine – ha concluso il Ministro – sarà una via di mezzo”.

Gentiloni ha anche ricordato che il gruppo Mediaset ha i due terzi della pubblicità televisiva, qualcosa intorno al 65%, “e da nessuna parte c’è tanta pubblicità in Tv come in Italia“. Il Ministro ha ricordato inoltre che il disegno di legge prevede che chi supera i limiti fissati per legge si vedrà ridurre l’affollamento orario di due punti percentuali, dal 18 al 16, e in questo saranno ricomprese anche le telepromozioni. Gentiloni ha detto anche che al momento in Italia la concorrenza tra operatori televisivi è praticamente inesistente a causa delle frequenze indisponibili e anche per una posizione dominante, “certamente conquistata sul campo“, di un editore, riferendosi a Mediaset.

 

“In questo momento è pressoché impossibile entrare nel mercato. Quando ci sarà questa possibilità, la barriera di ingresso si abbasserà“, e questo avverrà appunto intanto con il passaggio al digitale di una rete Mediaset e anche di una rete Rai. A giudizio di Gentiloni, occorrono “molte centinaia di milioni di euro” perché si possa fare “un ingresso serio nella televisione del futuro“. Il passaggio al digitale libererebbe circa un quarto delle frequenze attualmente disponibili, più o meno dovrebbero essere 12mila quelle in più secondo una stima di Enzo Cheli, ex presidente Agcom, e questo può costituire un’opportunità per operatori – ha detto il ministro – che magari hanno concessioni ma non frequenze, oppure hanno entrambe ma solo poche frequenze.

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